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Il diavolo nella Sagrada Familia

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Dolors Massot - pubblicato il 15/06/19
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Rannicchiato, mostruoso e tentatore, il demonio appare in due occasioni nel tempio. È stato lo stesso Gaudí a decidere come e dove dovesse mostrarsiNella parte del tempio della Sagrada Familia di Barcellona costruita dall’architetto Antoni Gaudí c’è il Portale del Rosario. Da lì parte un chiostro singolare, ancora oggi in fase di costruzione e chiamato anche “cappella delle tentazioni”. Questo soprannome ha una spiegazione.

Il visitatore si situa di fronte a una porta presieduta da un’immagine della Madonna del Rosario, con San Domenico di Guzmán da un lato e Santa Caterina da Siena dall’altro. I due santi sono noti per la loro devozione nei confronti della recita del santo Rosario.

Le tentazioni scolpite nella pietra

È indubbio che nella tradizione cattolica il santo Rosario sia una delle preghiere più apprezzate, visto che è stata la Vergine stessa, nelle sue apparizioni (Fatima, Lourdes…), ad aver chiesto ai fedeli di recitarlo. Anche i teologi hanno visto in Maria l’ausilio che non delude mai contro le tentazioni di ogni tipo.

Ideando questo portale, Gaudí voleva mostrare sia l’immagine della Vergine che la pietà delle persone che di fronte alle tentazioni del diavolo ricorrono con fiducia alla Madre di Dio.

Dove si collocano le figure di chi prega la Vergine? Se ampliamo lo sguardo al Portale del Rosario, a destra e a sinistra dell’arco troveremo due piccole sculture (di poco più di 50 centimetri) come sospese in aria. Sono due oranti, un’adolescente e un ragazzo giovane. Entrambi hanno lo sguardo fisso sulla Vergine, come a provare che è il rifugio dei peccatori.

La figura del diavolo

Gaudí ha voluto scolpire le tentazioni in un modo decisamente grafico sulla pietra, non parlando in astratto, ma mostrandone l’origine: il diavolo.

Per la scultura del giovane ha scelto le sembianze di un operaio della fine del XIX secolo, con espadrillas, camicia ampia e cintura. Era così che vestivano i lavoratori dell’epoca, in una Barcellona convulsa e piena di ingiustizie sociali, che soffriva per le agitazioni anarchiche e i movimenti sindacali violenti.

Accanto a lui c’è una lucertola che rappresenta il male, il demonio. È a bocca aperta, comunicando al giovane ciò che gli consiglia di fare: lanciare una bomba che distrugga tutto perché cambino le condizioni sociali. È la tentazione del potere (“Così cambierà la società”), della violenza. È la “soluzione facile e rapida”.

Lo scultore Etsuro Sotoo, che si è incaricato del restauro di questa parte della Sagrada Familia, molto danneggiata dalla guerra civile, ha voluto essere fedele all’originale di Gaudí e ha cercato di interpretarne il pensiero. “La mia idea è che Gaudí inviti a porsi domande sul bene sul male”, ha affermato.

La stessa bomba del Liceo

Gaudí era stato toccato da vicino dalla violenza. Il 7 novembre 1893 un anarchico lanciò due bombe Orsini nel Gran Teatro del Liceo, gremito durante una rappresentazione. Nell’attentato morirono venti persone, molte delle quali della famiglia Moreu. Joan Moreu, un importante imprenditore, aveva invitato i suoi parenti al Liceo pochi giorni prima delle nozze della figlia. La notizia commosse tutta la città, ma soprattutto Gaudí, che era stato (e forse era ancora) innamorato di Pepita Moreu, cugina della sposa.

Nella scultura, il diavolo offre al giovane una bomba Orsini, ma questi non la prende. La tocca solo col mignolo e rimane a guardare la Vergine, come per chiederle – secondo l’interpretazione di Sotoo – cosa debba fare.

All’altro lato del portale, l’altra scultura presenta una ragazza inginocchiata con un vestito povero dell’epoca (fine del XIX secolo). La tentazione, in questo caso, è il denaro, e appare plasmata in una borsa di Giuda piena. A offrirgliela è nuovamente il demonio, che stavolta assume la forma di un pesce.

La lucertola e il pesce ci ricordano che il demonio prende molteplici “volti” in base alla tentazione di ogni momento. È sempre orribile (il pesce è mostruoso), ma offre qualcosa che risulta prezioso alla ragazzina, e ancora una volta viene suggerito come qualcosa di necessario, che rimedierà ai mali del momento. Forse quel denaro guadagnato in modo economico era dovuto alla prostituzione o al furto. Risulta evidente che la ragazzina ha bisogno di risorse economiche, ma non smette di ricorrere alla Vergine per non cadere in quella tentazione.

Cosa ci insegna Gaudí

La lezione di Gaudí è chiara:

1. Il demonio esiste ed è intelligente al momento di tenderci delle trappole che ci allontanino da Dio.
2. Le tentazioni esistono e non mancheranno mai; quelle tentazioni si presentano come rimedio e soluzione imminente.
3. La Vergine è un cammino sicuro, una difesa e una protezione contro le tentazioni del diavolo.
4. Il santo Rosario è l’“arma potente” che ci unisce alla Vergine.

Sotoo spiega che mostrandoci queste immagini Gaudí parla anche della libertà dei figli di Dio di scegliere tra il bene e il male.

Quattro figure dell’Antico Testamento

Di fronte alle sculture di coloro che ricorrono alla Vergine ci sono quattro figure dell’Antico Testamento, scelte da Gaudí come segno della fragilità umana, del peccato e del perdono di Dio.

Da un lato vediamo i re Davide e Salomone.

Davide, pur essendo stato eletto da Dio, ha commesso adulterio con Betsabea e ha fatto sì che uccidessero il marito di lei, Uria. Si è poi pentito e ha fatto pubblica penitenza.

Nel caso di Salomone, suo secondo figlio e successore al trono di Israele, ha governato con saggezza per molti anni, ma poi è caduto nell’idolatria, nel lusso e nella sfrenatezza. Si è pentito e alla fine dei suoi giorni ha scritto il Libro dell’Ecclesiaste per mettere in guardia gli altri: “Vanità di vanità, tutto è vanità” è la citazione più nota di questo libro della Bibbia.

Oltre a questi re sono scolpite anche le figure di due patriarchi, Isacco e Giacobbe. Giacobbe ha fatto sì che suo fratello Esaù gli vendesse la primogenitura in cambio di un piatto di lenticchie. Insieme alla madre Rebecca ha poi ideato un piano con cui ha ingannato l’anziano padre Giacobbe per ottenerne la benedizione.

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