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Le “suggeriscono” di abortire 10 volte, diagnosi di spina bifida. La sua Mirabelle, invece, è nata!

NATALIE HALSON AND DAUGTHER

Courtesy of Natalie Halson

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Paola Belletti - pubblicato il 12/06/19
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La mamma si chiama Natalie Halson, 29 anni all’epoca della gravidanza, vive a Manchester. Alla 22sima settimana scopre che la figlia è affetta da spina bifida. Ragione inoppugnabile, per i medici, perché venga abortita.La storia di queste due donne, una adulta e l’altra ancora potenziale poiché si tratta di una neonata (grazie al coraggio della madre), è uguale a quella di tante altre. E questa è la vera tragedia. Della vicenda di Natalie, la mamma, e Mirabelle, la figlia, si parla da un po’ perché si sono ostinatamente sottratte al tacito protocollo che le avrebbe volute l’una madre in lutto, l’altra bimba deceduta.

Così si legge su The Sun il 5 giugno 2019:

Doctors repeatedly warned first-time mum Natalie Halson her unborn baby would have a poor quality of life, after the 22-week scan showed the tot had spina bifida.

I medici hanno ripetutamente avvertito Natalie Halson madre per la prima volta che la figlia non ancora nata, avrebbe avuto una scarsa qualità di vita, dopo che l’ecografia a 22 settimane ha mostrato che la bimba aveva la spina bifida.

L’itinerario tra gli ospedali inglesi: dal St Mary’s Hospital di, Manchester al Great Ormond Street Hospital di Londra, all’Alder Hey Children di Liverpool

La prima ecografia con prognosi nefasta le viene fatta al St. Mary’s Hospital di Manchester; non capisce bene perché ma i medici non le rivelano subito la malformazione rilevata; dovrà pietirla al telefono, racconta sempre al Sun. Chiede di essere mandata al GOSH (come non andare con il ricordo dolente al piccolo Charlie Gard?) per un’altra ecografia approfondita da affidare ad uno dei massimi esperti di spina bifida, il Dr. Jan Deprest, che le dice: Mirabelle non è adatta per un intervento chirurgico in utero a causa dell’angolazione della sua spina dorsale. C’è però un’altra possibilità: un intervento da attuare sulla bimba (la stessa, si noti!), una volta nata (The Sun, ibidem).


GRAVIDANZA, DOTTORE, MAMMA
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Nessuna garanzia di successo, ma la migliore opzione disponibile. Dopo l’aborto, ovvio. Perdonate il sarcasmo, ma è stato proprio questo il panorama obbligatorio che la donna si è trovata costretta a vedere per mesi, lottando non con i medici al proprio fianco nella prova dolorosa di sapere sua figlia malata, ma contro di essi, almeno alcuni, perché lei nascesse e fosse curata.

L’invito ad abortire ripetuto per ben dieci volte come unica opzione degna di una donna degna di questo nome assomiglia più ad una istigazione a delinquere che alla notifica di un diritto da esercitare. Ne sappiamo qualcosa in tante: subiamo una vera e propria pressione ad interrompere la gravidanza (nostra, fino a prova contraria!) in caso anche solo di sospetta malformazione. Quando invece la malattia appare già certa passiamo direttamente alla categoria delle irresponsabili egoiste in caso di gravidanza ostinata. Ma senza tante allusioni, papale papale.

NATALIE HALSON

Natalie Halson – Facebook



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Invece Natalie resiste: i medici non vogliono un no come risposta? Ma è la sola risposta che lei intende fornire loro. No, non la abortisco.

“Era orribile pensare che volessero solo che mi liberassi di lei”, commenta con giusto sdegno. E’ il 12 dicembre 2018 e Natalie partorisce al Liverpool Woman’s con un cesareo d’emergenza a 38 settimane. La bimba, che lei non potrà vedere subito, viene trasferita d’urgenza all’Alder Hey Children, (stessa città, ma chi di noi non ricorda quel nome? Alfie Evans è il più grande piccolo martire famoso di quella città, di quell’ospedale) e là operata in seconda giornata. Non doveva muoversi secondo ragionevole prudenza medica, ma Natalie aveva già mostrato di avere una forza leonina quando si trattava della sua bambina. Fresca di cesareo si fa dimettere dopo dieci ore dall’intervento per stare vicina a sua figlia.

It’s a miracle! Mirabelle vive ed è amata, questa è la prima “qualità” da valutare

Le riflessioni di principio le facciamo in chiusura, a breve. Ma prima i fatti, come al solito sfacciati e incuranti dei nostri presunti progressi. Che ne sapeva Mirabelle che venire alla luce di questo mondo -un po’ fosca in realtà- per alcuni non era una buona idea? Mirabelle si comporta da par suo e nasce, respira, vive. L’intervento correttivo alla spina è durato dodici ore ed è andato per il meglio; i medici hanno riferito a Natalie che tutti i nervi nella schiena della piccola Mirabelle si erano riattaccati, come una cerniera.

La piccola ha fino ad ora avuto un decorso positivo e le tappe del suo sviluppo che andranno seguite con attenzione procedono: le sue piccole gambe rispondono al tocco, la mamma la porta in piscina due volte la settimana, la sottopone alla riabilitazione e alle stimolazioni necessarie. Di fronte ai “potrebbe” (avere ritardi, non camminare, non avere il controllo sfinterico, non avere sensibilità agli arti inferiori, etc), non ancora eliminati dall’orizzonte, lei resta lì, paffuta e felice in braccio a sua madre che trema all’idea che avrebbe potuto privarsi lei.  E se ne sarebbe attribuita tutta la colpa, ci conosciamo. Invece quanta responsabilità hanno i “menagramo”, le “agenzie di rating” della qualità di vite altrui, i censori di istinti materni non loro?

Natalie parla con cognizione di causa dello scampato pericolo e parla di Mirabelle come di un prodigio: “Ma sono così felice di aver rifiutato (di abortire), Mirabelle è davvero un miracolo.” (Ib)

Dal diritto di abortire al dovere di farlo? Mamme (e papà) ascoltate il vostro istinto

E ora che la sua bimba è fuori pericolo, come lo sono i figli normali, cioè strutturalmente fragili, sempre minacciati di morte dalla vita stessa ma ragionevolmente al sicuro, si rivolge agli altri genitori, per dare loro un’arma in più. E’ come la cotta di mithrill che Bilbo regala a Frodo (ne Il Signore degli Anelli), leggera ma resistentissima, decisiva negli scontri potenzialmente mortali.

Ci sono alcuni giorni in cui voglio solo essere in grado di vedere nel futuro, per vedere quanto sarà capace, ma in realtà non fa alcuna differenza per me (Ib.)

La ama lo stesso, che sfacciata. E ad altri futuri genitori vessati da medici favorevoli alla scorciatoia più cruenta ma risolutiva che sia di fronte ad un‘ipotesi di malformazione dice di non fidarsi subito, di informarsi e di fare affidamento su quella cosa un po’ animale e così poco urbana che è il nostro istinto.

Possiamo confortare il suo richiamo con la certezza che di medici preparati, coraggiosi e tutti sbilanciati dalla parte della vita ce ne sono e sono, guarda un po’, anche dalla parte del progresso scientifico. Il Prof. Noia, intervenuto al Convegno Internazionale Yes to Life! promosso lo scorso maggio dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, denunciava una sorta di accidia intellettuale nell’atteggiamento rinunciatario dei medici che di fronte a malformazioni fetali premono perché la madre abortisca. No, si può e si deve fare tanto e si potrà fare sempre di più e meglio. A patto di non considerare i malati come merce difettosa, ovvero prima o poi, tutti noi.



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Bello ritrovare proprio in questi giorni un lungo post scritto da un’altra mamma al di qua della Manica. E’ chiaro, profondo, rispettoso e ficcante nelle domande che dovrebbero mettere al muro tutti coloro che si fanno promotori o svogliati avallatori della mentalità di morte scaturita dall’aborto.

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Da quando il diritto di interrompere la gravidanza è diventato un dovere? Perché le future mamme subiscono pressioni così pesanti quando c’è una diagnosi di malformazione, o semplicemente un sospetto? Queste future mamme che decidono di portare avanti la gravidanza del loro bambino senza condizioni, da quando i loro istinti e amore materni sono diventati meno importanti dell’opinione degli altri? Da quando il diritto di non voler essere madre è diventato più importante del diritto di diventarlo? Ci sono davvero solo i cattolici integralisti dei vecchi tempi che pensano che anche un bambino diverso possa vedere la luce ed essere amato, che pensano che venire al mondo, che questo semplice fatto di vivere sia una grande fortuna in se stessa ?


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