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Fenomenologia delle stimmate di Natuzza Evolo

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don Marcello Stanzione - pubblicato il 01/06/19
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Tra scienza e testimonianze: il mistero delle ferite sanguinanti sul corpo della mistica calabrese

La fenomenologia stimmatica inizia in Natuzza Evolo, la famosa mistica calabrese defunta il primo novembre del 2009, già all’età di circa 10 anni con delle piccole lesioni, come dei “forellini”, sia ai polsi che ai piedi, la cui formazione non è dovuta ad una causa naturale.

Questi orefizi si estendono e si approfondiscono negli anni, localizzandosi anche nella zona al di sotto della mammella sinistra e della spalla destra, ovvero ricalcano i punti dove la Tradizione colloca le ferite della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo. A ragione della loro evidenza, Natuzza non può negare queste manifestazioni. Comincia ad indossare camicie con  le maniche lunghe e a tenere le braccia conserte per il disagio che prova nel sentire su di sé gli sguardi e l’interesse di quanti la incontrano nel periodo della Quaresima.

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Youtube – TeleMiaTv

Le stimmate sul corpo di Natuzza

Anzi, lo stesso marito, Pasquale Nicolace, viene a conoscenza della stimmata al cuore molto tempo dopo che è apparsa. Secondo il dott. Molè, Natuzza presenta: stimmate e trasverberazioni dal 1938 al 1989 (termine della sua indagine). All’inizio della Quaresima la fenomenologia stimmatica si evidenziava con un’ipersensibilità diffusa alle zone interessate che a mano a mano si acutizza: con dolori brucianti e lancinanti, con sanguinamento nelle due settimane precedenti la Pasqua, con presenza discontinua di “chiazze venose” fino a diventare vere lesioni. Le lesioni non sono profonde, fatto salvo la zona delle caviglie, la cute tra le lesioni è integra e così ai margini esterni. Tali ferite si conservano sterili, cioè prive di germi patogeni, quindi non soggette a processi suppurativi, infiammatori, edematosi o a granulazioni fungoidi. Vicino alle lesioni si formavano fibre di coaguli.


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A Pasqua il sanguinamento si arrestava e iniziava la cicatrizzazione delle lesioni con notevoli modificazioni: escare, croste, squame che gradualmente cadono fino a presentare a distanza di mesi prima delle cicatrici biancastre e lucenti e poi una cute integra (Cfr. V. Marinelli, “Natuzza di Paravati”, in R. Molè (a cura di), Le stimmate, Ed. Mapograf s. r. l., Vibo Valentia (1989), vol. 3 pp. 71-72). Sedi delle lesioni come sono state viste e descritte dal dott. R. Molè:

“Queste manifestazioni si riscontrano ai polsi, e dalla ragione infero-dorsale degli avambracci si estendono fino al corpo, mentre nella regione volare sono poco evidenti, ed al polso sinistro è bene evidente in senso verticale il Crocifisso; alle caviglie, sulla regione dorsale del collo del piede vi sono due squarci profondi per parte, ed in senso verticale, mentre nella regione posteriore all’altezza del tendine di Achille bilateralmente si notano tre squarci per parte, che, a destra hanno la forma ovoidale ed il terzo nella regione mediale a forma lineare verticale e più profondo; alle ginocchia le stimmate sono molte estese, e a sinistra si vede il Volto di Cristo più marcato, mentre al ginocchio destro si evidenziano delle lesioni multiple, difforme ed estese; al costato sinistro, circa quattro dita traverse al di sotto dell’aureola mammaria ed in senso orizzontale (VII-IX spazio intercostale sinistro); alla spalla destra le lesioni sono come le altre; alla fronte, e precisamente tra il cuoio capelluto ed il margine frontale, si riscontrano diverse lesioni da punta (spine), arrossate, e tali lesioni si estendono a spruzzo verso la periferia, di colore rosso vivo, più o meno accentuato e con il passare dei giorni acquistano un colore rosso-bruno”.  (Ivi p. 71).

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Youtube – gammarella

Natuzza durante l'intervista a "La vita in diretta"

Anche le piaghe di Natuzza Evolo, come quelle di S. Gemma Galgani e di Padre Pio guariscono senza farmaci, ma non sono a fori passanti come quelle del santo Padre Cappuccino del Gargano e di Teresa Musco.

Difatti, all’osservazione clinica del dott. Edgardo Monaco si presentano:”iconografie, quelle dei polsi, degli avambracci e delle ginocchia, le stimmate delle caviglie si presentano, invece,…come ferite ovalari da taglio penetranti, vive e recenti ma, inspiegabilmente, non sanguinanti, a margini netti, asciutti e detersi, tra i quali si affaccia e parzialmente si estroflette muscolo rosso vivo, che ben contrasta col cereo della cute del margini stesso, che non sono peraltro tumefatti o in stato di flogosi.


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Recepisco peraltro la inequivocabile constatazione di trovarmi dinnanzi a ferite fatte su un cadavere fresco in sala settoria di Anatomia Umana Normale. Ne si tratta di piaghe perché, queste, sono abitualmente occupate da tessuto di granulazione evolvendosi nella cicatrizzazione e altrettanto coperte da secreto suppurativo. Le ferite di Natuzza sono di certo vere stigmate perché, come queste, indipendenti, per comparsa, evoluzioni ed esiti, dalle leggi ad esperienze acquisite nei testi di Anatomia Patologica e di Patologia e Clinica Chirurgica dalla scienza medica ufficiale”. (E. Monaco, Il cielo irrompe a Paravati, Ed Pellegrino, Cosenza 1998, p. 115).

Il Venerdì Santo, di ogni anno, Natuzza è costretta a letto e cade in uno stato di estasi, durante il quale rivive i momenti della salita al Calvario (flagellazioni, coronazione di spine, piaghe alla ginocchia, parla con le persone che realmente assisteranno alla Passione di Gesù) e riceve anche un profondo colpo all’emitorace sinistro fino al cuore (la prima volta all’età di 25 anni) con comparsa di sangue rutilante. Queste ferite fisiche (testimonianza della mistica al dott. Molè) sono accompagnate da sintomatologia dolorosa e profonda e contemporaneamente da una gioia soprannaturale che invadendo l’anima la fa bruciare d’amore. “Tutto finisce con il sopraggiungere dell’ora della morte di Gesù, verso le 14.30 circa, momento in cui Natuzza ha uno svenimento, dal quale poi  lentamente si riprende”.


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Alcune testimonianze di religiosi

Don Giovanni Capelluto, Parroco di Settingiano, Direttore Spirituale di Natuzza.

“Natuzza è una teologa meravigliosa, che parla soltanto con la sua umiltà, con la sua vita nascosta nel silenzio! Come per la Madonna, si potrebbe dire di lei: FECIT MIHI MAGNA QUI POTENS EST. Si può dire che è grande, ma non si può dire quanto è grande, la si può solo ammirare, guardare un tantino, e riempirsi della sua grazia”. (V. Marinelli, op. cit., vol. 3, p. 296).

Don Giuseppe Tomasselli – Salesiano- Direttore Spirituale di Natuzza.

“Si, mentre la comunicavo, mi accorsi che aveva un bel po’ di sangue all’occhio, chiamai in sacrestia, dicendogli di far asciugare quella signora col monitoraggio delle ampolline, ma questo sacrista era anziano, ed era molto lento. Lei se ne accorse, che c’era sangue, e si asciugò il sangue con il suo fazzoletto, sul quale venne l’ostensorio con IHS e CI e la scritta VENITE AD ME OMNES” (Ivi, vol. 1, p. 299).

Padre Antonio Gallo

“Ma che vai imbrogliando il mondo tu con queste tue visioni, con questo sudore di sangue?”  – le dissi – “ Lei sorrise e mi rispose nel suo dialetto: Pare che io ci colpo”. Quel suo sorriso umile, quella risposta così sorridente e buona, semplice, mi convinsero della bontà della sua coscienza, della sua anima. Poi la confessai”. (Ivi, vol. 1, p. 318).

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Natuzza pochi mesi prima di morire

Alcune testimonianze di medici

Visitando i testi in nostro possesso presentiamo alcune prove sull’autenticità del fenomeno, proveniente da persone di fede quali il dott. Cortese, il dott. Umberto Carapi, il ricercatore Marinelli, il dott. E. Monaco.

Dottor Cortese – Venerdì Santo – 1973

Ecco quanto risulta dalle parole del dottor Cortese: “Sono giunto a casa di Natuzza, a Paravati, verso le 9,30 del mattino, e l’ho trovata a letto in uno stato di agitazione e di sofferenza. Sulla sua fronte e sul cuoio capelluto erano visibili delle lesioni a forma di cuneo, con la punta rivolta verso l’interno, sanguinanti, lesioni che facevano pensare alle ferite inferte sul capo di Gesù dalla corona di spine… Un po’ prima delle dieci ha incominciato a sussultare, rialzandosi sul letto e sobbalzando, come se venisse colpita con violenza. Questo fenomeno richiamava alla memoria la flagellazione di Gesù. Verso mezzogiorno una smorfia di disgusto di Natuzza, che ha ritirato la testa all’indietro come le fosse stato assaggiare qualcosa di disgustoso. Ho riferito ciò al passo del vangelo di Matteo 27,33. Giunti sul luogo detto Golgota, che significa luogo del cranio, gli diedero da bere del vino mischiato con fiele, ma assaggiandolo, non ne volle bere”. (Ivi, vol. 1, p. 102).

Il dott. Cortese resta molto “impressionato” dalla difficoltà respiratoria che Natuzza presenta da mezzogiorno fino alle quattordici e trenta (periodo che corrisponde all’incirca alla crocifissione di Gesù) paragonabile a quella dei crocifissi, i quali morivano dopo patimenti atroci di asfissia. Alcuni giorni dopo il dottor Cortese pose questa domanda a Natuzza: “Com’è la croce che Gesù ha portato al calvario? Simile a quella rappresentata nelle Chiese?” Natuzza rispose: “No, era come un tronco, un giogo; quando siamo giunti lassù, abbiamo trovato l’altra parte infissa al suolo”. (Ivi, vol. 1, p. 104). Per lo scienziato Marinelli questa risposta dimostra la partecipazione psicofisica della Evolo alla Passione di Cristo, con la visione delle varie fasi della via Crucis.


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Dottor Umberto Corapi – Venerdì Santo 1977

Il dottor Umberto Corapi si reca a Paravati il Venerdì Santo del 1977 insieme al primario del reparto ortopedico dell’ospedale civile di Nicastro dottor Diego Menniti. Sono le undici e trenta e Natuzza è a letto. Egli è colpito dal pallore della Evolo, dal suo aspetto rivela una stanchezza “terribile pazzesca”, alla tassazione il polso è debole, tachicardico, paragonabile a quello di una persona, che ha subito una forte emorragia. Ne ricava la sensazione che da un momento all’altra possa succedere qualcosa di irreparabile. All’osservazione le piaghe dei polsi risultano essere in via di cicatrizzazione, solo un  polso è ancora sanguinante e in seguito ad un repentino movimento una goccia di sangue va sul muro e li’ disegna una croce di sei – sette centimetri (prima non c’era). Successivamente una goccia di sangue della tempia disegna in stampatello la frase: “Venite ad me omnes”. La composizione di questa frase avviene sotto gli occhi del dottor Corapiu ad una velocità superiore al naturale. L’attenzione del dottor Corapi si riversa successivamente su Natuzza, che è afflitta da sofferenze atroci e in particolar modo da un dolore alla spalla destra. Sia il dottor Corapi che il Menniti le esaminano la spalla e sono testimoni della progressione biologica di un’ematoma, che si forma sotto i loro occhi proprio come se un grosso peso gravasse sulla stessa.

 

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Valerio Marinelli, Venerdì Santo 1987

Il Venerdì Santo del 1987 lo scienziato Valerio Marinelli con il Parroco di Paravati, Don Pasquale Barone e Padre Michele Cordiano sono a casa di Natuzza. Sono presenti i familiari della Evolo e le solite persone ammesse il Venerdì Santo. E’ l’una meno un quarto.

Dall’osservazione attenta e particolareggiata del Marinelli si rivela quanto segue: L’aspetto sofferente e assente di Natuzza che è a letto, si agita, ha difficoltà respiratorie e le pulsazioni cardiache sono elevate; il suo raccoglimento al momento della Comunione, la partecipazione alle preghiere, prima con voce bassa poi solo con il movimento delle labbra, poi è avvolta come in un torpore; la presenza di alcuni segni emografici, che il Marinelli non riesce a decifrare per la posizione in cui si trova; una probabile estasi con assenza di luci e splendori particolari del volto; la supposizione che le scene viste da Natuzza riguardino Gesù crocifisso; l’aumento della sofferenza fino ad avere degli spasmi in tutto il corpo. “Incarna le gambe e il tronco, come se fosse realmente crocifissa… Emettendo un grande gemito premendosi fortemente il petto, Emettendo un grande gemito premendosi fortemente il petto, come se avesse ricevuto una lanciata. La sofferenza è impressionante, il suo volto, è completamente trasformato, si altera, si fa piccolo, apre la bocca in un modo curioso come se volesse respirare ma non ce la fa, poi ritrae di scatto le labbra ed il capo come se le accostassero qualcosa di amaro. (l’aceto del Vangelo). Questo  movimento lo ripete un’altra volta più tardi. E’ svenuta alle due meno cinque”. (Ivi, vol. 3, p. 51).



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