Presente a più riprese nell’Antico Testamento, l’agnello – animale fragile e innocente – non vedrà compiersi pienamente la propria forza simbolica che nel Nuovo Testamento. Vittima pasquale per eccellenza, rappresenta nella propria immagine il sacrificio ultimo di Cristo per la redenzione degli uomini. Un animale tra i più importanti delle Scritture.
I profeti dell’Antico Testamento, come Isaia, hanno subito rilevato il tratto saliente che caratterizza l’agnello:
Maltrattato, si lasciò umiliare
e non aprì la sua bocca;
era come agnello condotto al macello,
come pecora muta di fronte ai suoi tosatori,
e non aprì la sua bocca.Is 53, 7
È in effetti la prima immagine che si può avere di questo fragile animale, che dalla notte dei tempi rappresenta l’innocenza – come conferma anche un altro profeta, Geremia:
Ero come un agnello mansueto che viene portato al macello, non sapevo che essi tramavano contro di me, dicendo: «Abbattiamo l’albero nel suo rigoglio, strappiamolo dalla terra dei viventi; il suo nome non sia più ricordato».
Ger 11, 19
È in tale contesto che i primi tempi biblici associarono agnello e vittima espiatoria, avendo per punto culminante l’epica notte dell’Esodo, nel corso della quale il sangue dell’agnello sacrificato doveva marcare gli stipiti delle porte degli israeliti perché questi venissero risparmiati dalla collera divina che andava ad abbattersi sui primogeniti d’Egitto. L’istituzione dell’agnello per la pasqua ebraica era nata e da quel giorno sarebbe stata rinverdita ogni anno.
L’agnello pasquale, un simbolo forte del cristianesimo
Il portato veterotestamentario fu essenziale, per il cristianesimo, fin dal suo sorgere, poiché ne erano riprese tipologie cristologiche in gran numero. Con la Passione di Cristo, in particolare, l’Agnello assume (o meglio, rivela) una forza simbolica ancora più profonda diventando uno degli emblemi capitali dei cristiani. Se l’agnello era fino a quel momento una vittima espiatoria, a partire dalle parole di Giovanni il Battista su Gesù – «Ecco l’Agnello di Dio che porta su di sé il peccato del mondo» – l’ultima parte della frase diventa predominante.
Leggi anche:
Qual è il trono che secondo la Bibbia durerà per sempre?
L’Agnus Dei ripreso dalla liturgia latina fin dai primi secoli oltrepassa tutti i sacrifici dell’Antico Testamento praticati fino ad allora e che fino al giorno d’oggi vengono ripetuti, anno dopo anno. Con il Nuovo Testamento, il sacrificio cristico diventa unico per salvare l’umanità dalla morte, cosa che con forza sbalorditiva evoca l’Apocalisse di San Giovanni quando descrive l’Agnello che, immolato, sta dritto sul trono ed è degno di ricevere la potenza, la ricchezza divina, la sapienza, la forza, l’onore, la gloria e la benedizione… Cosa confermata dalla Lettera agli Ebrei, la quale evoca «il sacerdozio che non passa» e di Cristo-Agnello dice:
Egli non ha bisogno ogni giorno, come gli altri sommi sacerdoti, di offrire sacrifici prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo, poiché egli ha fatto questo una volta per tutte, offrendo sé stesso.
Eb 7, 27
L’Agnello diventa allora per la sua purezza redentrice il primo emblema di Gesù Cristo, e in questa veste avrebbe ispirato ben più di un artista.
Un simbolo che risplende nelle arti
Perciò l’agnello critico avrebbe ispirato un così gran numero di artisti, a cominciare da quelli delle Catacombe (si pensi a San Callisto a Roma), dove è ancora possibile vedere le toccanti rappresentazioni sulle pareti, diversi metri sotto il livello del suolo. La Croce non è ancora presente in queste opere, mentre vi predomina l’agnello. L’agnello eucaristico si sarebbe ripresentato anche nei quadri che rappresentano Cristo crocifisso, come in Grünewald e nel suo celebre trittico di Isenheim, dove lo stesso animale sacrificato guarda Cristo inchiodato al patibolo mentre il sangue di lui sgocciola nel calice: una volta che l’Eucaristia è stata istituita, la morte porta alla vita.
Leggi anche:
“La Donna Cannone e l’Agnello di Dio”
È questa medesima simbologia che avrebbe ispirato numerosi libri di preghiera, come quello di Waldburg (1486), ove l’animale è rappresentato nell’atto di portare da sé la croce mentre il suo sangue riempie il calice posto fra le sue zampe. L’opera più forte, che da sola raccoglie in sé tutta la ricchezza di questo potente simbolo, resta tuttavia certamente il grande capolavoro dei fratelli Van Eyck, “L’Agnello di Dio”, nella cattedrale di Saint-Bavon a Gand: una catechesi in sé, la cui potenza evocatrice non cessa di sbalordire.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]