Francesco stabilisce la condizioni per un Sinodo italiano; richiama le diocesi ritardatarie sull’applicazione della riforma del processo matrimoniale; sprona i pastori diocesani a non fare “distinzioni” tra i propri preti
Come un padre che ammonisce i suoi figli quando in casa qualcosa non va per il verso giusto. Così Papa Francesco ha richiamato l’attenzione dei vescovi italiani in apertura dei lavori della 73ma Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana, che si svolgono in Vaticano, presso l’Aula del Sinodo.
In particolare il Papa è intervenuto su tre temi: la sinodalità, la riforma del processo matrimoniale, il rapporto vescovo sacerdote.
1) Un Sinodo italiano?
La sinodalità, secondo Francesco, «descrive la cartella clinica dello stato di salute della Chiesa italiana e del vostro operato pastorale ed ecclesiastico».
«Sulla sinodalità – ha proseguito il Papa – anche nel contesto di probabile Sinodo per la Chiesa italiana – ho sentito un “rumore” ultimamente su questo, è arrivato fino a Santa Marta! -, vi sono due direzioni: sinodalità dal basso in alto, ossia il dover curare l’esistenza e il buon funzionamento della Diocesi: i consigli, le parrocchie, il coinvolgimento dei laici… (cfr CIC 469-494) – incominciare dalle diocesi: non si può fare un grande sinodo senza andare alla base. Questo è il movimento dal basso in alto – e la valutazione del ruolo dei laici».
“Dal basso verso l’alto”
E poi, ha aggiunto Francesco, «la sinodalità dall’alto in basso, in conformità al discorso che ho rivolto alla Chiesa italiana nel V Convegno Nazionale a Firenze, il 10 novembre 2015, che rimane ancora vigente e deve accompagnarci in questo cammino. Se qualcuno pensa di fare un sinodo sulla Chiesa italiana, si deve incominciare dal basso verso l’alto, e dall’alto verso il basso con il documento di Firenze. E questo prenderà, ma si camminerà sul sicuro, non sulle idee».
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2) La riforma del processo matrimoniale
Il Papa si è espresso anche sullo “stato di salute” del processo matrimoniale, riformato con i due Motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus e Mitis et Misericors Iesus, pubblicati nel 2015.
Sono stati stabiliti tre tipi di processo: ordinario, breviore e documentale. «L’esigenza di snellire le procedure ha condotto a semplificare il processo ordinario, con l’abolizione della doppia decisione conforme obbligatoria – ha ricordato il pontefice – D’ora in poi, se non c’è appello nei tempi previsti, la prima sentenza che dichiara la nullità del matrimonio diventa esecutiva».
L’altro processo è quello breviore. «Questa forma di processo è da applicarsi nei casi in cui l’accusata nullità del matrimonio è sostenuta dalla domanda congiunta dei coniugi, argomenti evidenti, essendo le prove della nullità matrimoniale di rapida dimostrazione. Con la domanda fatta al Vescovo, e il processo istruito dal Vicario giudiziale o da un istruttore, la decisione finale, di dichiarazione della nullità o di rinvio della causa al processo ordinario, appartiene al Vescovo stesso».
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Troppi ritardi nelle diocesi italiane
Fin qui la riforma, ma qualcosa in Italia non sta funzionando. «Mi rammarica constatare – ha osservato il Papa – che la riforma, dopo più di quattro anni, rimane ben lontana dall’essere applicata nella grande parte delle Diocesi italiane. Ribadisco con chiarezza che il Rescritto da me dato, nel dicembre 2015, ha abolito il Motu Proprio di Pio XI “Qua cura” (1938), che istituiva i Tribunali Ecclesiastici Regionali in Italia e, pertanto, auspico vivamente che l’applicazione dei due suddetti Motu Proprio trovi la sua piena ed immediata attuazione in tutte le Diocesi dove ancora non si è provveduto».
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3) No a preti “simpatici” e “antipatici”
Il terzo consiglio che il Papa ha dato ai vescovi italiani è di curare maggiormente il rapporto con i propri sacerdoti. «Noi Vescovi abbiamo il dovere di presenza e di vicinanza al popolo cristiano, ma in particolare ai nostri sacerdoti, senza discriminazione e senza preferenze. Un pastore vero vive in mezzo al suo gregge e ai suoi presbiteri, e sa come ascoltare e accogliere tutti senza pregiudizi. Non dobbiamo cadere nella tentazione di avvicinare solo i sacerdoti simpatici o adulatori e di evitare coloro che secondo il vescovo sono antipatici e schietti».
Rispondere entro un giorno
Per essere pratico, ha aggiunto Francesco, «se il vescovo riceve la chiamata di un sacerdote, risponda in giornata, al massimo il giorno dopo, così quel sacerdote saprà che ha un padre».
«Cari confratelli – ha concluso il pontefice – i nostri sacerdoti si sentono continuamente sotto attacco mediatico e spesso ridicolizzati oppure condannati a causa di alcuni errori o reati di alcuni loro colleghi, e hanno vivo bisogno di trovare nel loro Vescovo la figura del fratello maggiore e del padre che li incoraggia nei periodi difficili; li stimola alla crescita spirituale e umana; li rincuora nei momenti di fallimento (…)».
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