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Fulton Sheen: il divorzio è un terremoto per la civiltà

PARENTS. DIVORCE, DAUGHTER
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Fulton John Sheen - pubblicato il 06/05/19
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Il cuore umano tende all’unità perché in esso è insito un senso fondamentale d’incompletezza che solo Dio può perfettamente colmare. 

Come i Santi diventano un tutto unico con Nostro Signore mediante l’identificazione della loro volontà con la Volontà di Dio, così coloro che si amano coniugalmente diventano “due in una carne sola”. Il cuore umano non potrebbe mai tendere all’unità, sia socialmente che economicamente o sessualmente, se in esso non fosse insito un senso fondamentale d’incompletezza che solo Dio può perfettamente colmare. Il senso del vuoto spinge l’uomo a superare le sue deficienze, fin quando egli non divenga definitivamente una cosa sola con ciò che ama. Incidentalmente, poiché l’amore produce l’Unità, ne consegue che bisogna badare molto bene alla scelta di ciò con cui si tende in ultima analisi a unificarsi. L’unità con Dio è necessariamente l’amore immortale.


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Un amore che non conosca un più alto fine della carne condividerà la corruzione della carne. Nostro Signore fece dell’identificazione del sesso una delle ragioni della sua condanna del divorzio: «Ma io vi dico che chiunque avrà mandato via la sua moglie, salvo che per motivo di fornicazione, fa di lei un’adultera e chiunque la sposi commette adulterio». (Mt 5, 32) L’amore sessuale crea tra l’uomo e la donna una completezza che supera di gran lunga qualsiasi altra unione di ordine sociale o politico! Questa è la ragione per cui uno Stato rispettoso dell’unità familiare come fondamento della civiltà è molto più unito di una civiltà che ignori questo fondamento. Una civiltà lacerata dal divorzio è già in causa, già una civiltà incrinata. Possono bastare pochi decenni perché le crepe familiari si trasformino in terremoti dell’ordine sociale, e non si è autorizzati – per il fatto che a questa civiltà non sia stato ancora eretto il monumento funebre – a concludere che questa civiltà non sia già morta. «Tu hai nome di vivente, eppure sei morto». (Ap 3, 1) Lo Stato può infrangere mediante il divorzio il legame esteriore tra marito e moglie ma non potrà mai infrangere quel legame interiore che la fusione in una sola carne ha creato. Per giustificare la rottura della loro unione, tali coniugi possono dire: «L’amore mi ha ingannato». La verità è che sono stati loro a ingannare l’amore. E il loro inganno ebbe inizio il giorno in cui scambiarono per amore il «fremito sessuale». In realtà essi non hanno mai amato, perché l’amore non riprende mai ciò che dà, nemmeno nell’infedeltà. Dio non ritira mai il suo amore, quantunque noi siamo peccatori. Noi possiamo tradire Lui, ma Egli non ci abbandona mai.


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La compenetrazione reciproca, il secondo effetto dell’amore, significa letteralmente che nell’amore le due parti s’immedesimano, esistono l’una nell’altra. La passione d’amore non si soddisfa col semplice possesso, ma aspira perfino ad assimilare l’altro essere. Forse non c’è donna al mondo che tenendo in braccio il suo bambino non abbia detto qualche volta: «Quanto è caro! Lo mangerei». Si cela in queste parole il mistero di quella assimilazione che raggiunge il suo vertice nella Santa Comunione, in cui Dio Incarnato soddisfa il nostro desiderio di adesione completa con la sua Divinità e Umanità, sotto le specie e l’apparenza del pane. Se l’amore non implicasse inerenza, non si potrebbe spiegare psicologicamente come il male fisico o l’affronto arrecato ai nostri cari possa essere sentito come arrecato a noi stessi. Nell’ordine soprannaturale, un tale amore diviene un’inerenza che s’identifica con la stabilizzazione. La santità è una stabilizzazione nell’amore di Dio. L’amore coniugale è una stabilizzazione nell’amore umano per amore di Dio: «Chiunque ama è nato da Dio, e conosce Dio». (1Gv 4, 7). Questa compenetrazione della cosa o della persona amata è una realtà di fatto, sia nell’ordine intellettuale che in quello affettivo. L’astronomo è appassionato delle stelle, e le ha sempre per la testa, non nella loro entità materiale, ma secondo il modo che è proprio del suo intelletto spirituale. Pure, se l’universo non fosse nella sua testa, egli non potrebbe amare l’universo. Così, la cosa amata è nell’interno di chi ama.

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Nell’affetto, chi ama vive nell’amato, e l’amato nell’amante. Che cosa interessa tanto l’amante e lo rende così curioso di tutto ciò che fa la persona amata? Perché ogni minimo dono diventa un tesoro, perché ogni parola torna sempre alla memoria? Perché ogni scena si colora della visione dell’amato, se non fosse che, in certo modo, non c’è pace senza la completa compenetrazione dell’uno nell’altro? Nessun innamorato si accontenta mai di una conoscenza superficiale della cosa o persona amata. Chi ama la musica non si appaga mai abbastanza delle proprie conoscenze musicali. Chi ama Dio non conosce mai la parola «troppo». Coloro che accusano gli altri di amare troppo Dio o la religione, in realtà non amano affatto Dio, né conoscono il significato dell’amore. Coloro che sono uniti nell’amore, godono e soffrono delle medesime cose. Il Salmista che amava Dio diceva che il suo cuore era infranto al pensiero di coloro che infrangono la legge divina. La compenetrazione reciproca come secondo effetto dell’amore aggiunge qualcosa all’unione matrimoniale. L’unità della carne diventa allora unità della mente e del cuore. La fusione carnale intermittente esige un altro genere di unità, oltre quella della carne.



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San Paolo dice che marito e moglie dovrebbero reciprocamente comportarsi «come se fossero sposati nel Signore» ossia come se fossero consci della loro vocazione di formare una sola cosa in Cristo. Così anche scrisse Elizabeth Barrett Browning: «Due amori umani formano un amore divino». La compenetrazione reciproca è molto più che una compartecipazione d’interessi o uno scambio di proprietà: questi sono piuttosto gli effetti di un più profondo spirito di solidarietà, che raggiunge le più recondite fibre dell’essere. Quell’amore che è tenuto insieme soltanto dalla carne è fragile come la carne, ma l’amore che è tenuto insieme da una vera unione spirituale ed è basato su un amore di un destino comune è veramente quello che dura «fin quando non ci divida la morte». Il fondamento di una vera compenetrazione reciproca non sta nel dividere le stesse sensazioni piacevoli: direi piuttosto che «l’anima gemella» e «l’anima fraterna» si formano nella comunione quotidiana con le medesime gioie e i medesimi dolori, con i medesimi sforzi e i medesimi sacrifici.

da Tre per sposarsi (libro distribuito dal Centro Missionario Francescano, per richiederlo: laperlapreziosa@libero.it )

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