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Come combattere e vincere gli attacchi di panico?

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Silvia Lucchetti - pubblicato il 23/04/19
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Comprendere i meccanismi dell’ansia è il primo passo per uscire dall’incubo della paura della pauraSul numero di febbraio della rivista BenEssere, la salute con l’anima è apparso un interessante articolo a firma di Francesco Vincelli, psicologo, psicoterapeuta, docente di psicoterapia Aiamc, dal titolo “Ansia e panico. Come possiamo uscirne?” (pagina 114). Vincelli risponde al messaggio di un marito che chiede consigli per aiutare la moglie particolarmente sofferente a causa di ansia e panico.

L’attacco di panico: i sintomi fisici…

Nell’ampio panorama di disturbi d’ansia si distingue, per la sua violenta insorgenza e la pervasiva risonanza emotiva che successivamente comporta, l’attacco di panico che si caratterizza per l’improvvisa comparsa di una intensa paura che raggiunge il suo acme in pochi minuti durante i quali si manifestano, in diversa combinazione nel singolo paziente, vari sintomi fisici e cognitivi. Fra i primi vi sono le palpitazioni, la sudorazione, i dolori al petto e la sensazione di soffocamento che spesso conducono al pronto soccorso nel timore di un infarto, ma anche disturbi addominali, vertigine, formicolii diffusi, brividi o vampate di calore come quelle che registrano le donne in menopausa.

… e quelli cognitivi

I secondi sono rappresentati dalla paura di perdere il controllo o di “impazzire”, e dalla paura di morte imminente. Chi sperimenta l’attacco di panico può anche provare distacco dall’ambiente in cui si trova, vivendo le persone e le cose che gli stanno intorno come illusorie, strane e deformate come in un sogno, oppure percepirsi personalmente in modo distorto tanto da sentire irreale se stesso, il proprio corpo o parti di esso.


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Derealizzazione e depersonalizzazione

Condizioni entrambe estremamente penose che la psichiatria definisce rispettivamente derealizzazione e depersonalizzazione. Un attacco di panico può svilupparsi da una precedente condizione di tranquillità emotiva o da uno stato di ansia già presente e, risolvendosi, riportare l’individuo in una delle due situazioni. La maggior parte di coloro che vivono la prima volta un attacco di panico lo descrivono come un fulmine a ciel sereno in totale assenza di avvisaglie, ma andando ad approfondire si rintraccia spesso, nelle settimane o mesi precedenti, un evento ambientale stressante rappresentato da problematiche interpersonali (affettive, familiari, lavorative), oppure relative a malattie o lutti. Si può manifestare un unico attacco di panico nella vita, oppure esserne colpiti saltuariamente o, purtroppo, frequentemente.

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La “paura della paura”

In quest’ultimo caso il nostro sistema di allerta si attiva in modo continuo, venendo così a strutturarsi la “paura della paura”: il costante terrore che possa insorgere un nuovo attacco di panico, condizione fortemente predisponente per se stessa all’insorgenza di ulteriori manifestazioni di ansia intensa, creando così una perversa spirale autorinforzantesi.

L’agorafobia

L’esperienza dell’attacco di panico spesso si complica, afferma Vincelli, con la comparsa di agorafobia, disturbo che prende il nome dal termine greco agorà (piazza del mercato). L’agorafobico sviluppa enorme paura o ansia in vari contesti come servirsi di mezzi di trasporto (dall’automobile all’aereo passando per bus, metropolitane, treni e navi), trovarsi in spazi aperti (mercati, parcheggi, ponti, piazze) o chiusi (negozi, supermercati, cinema, teatri, luoghi di culto), stare in fila o comunque in mezzo alla folla, uscire di casa da soli. La persona evita queste situazioni da cui potrebbe trovare difficile fuggire, o dove potrebbe non essere disponibile un aiuto qualora si verificasse un attacco di panico o altri problemi imbarazzanti (come vomitare o essere incontinenti). L’agorafobia, a seconda della sua gravità, continua lo psicologo, può comportare una notevole limitazione della vita sociale e lavorativa, fino a ritrovarsi costretti nelle sole pareti domestiche o nell’assoluta necessità per affrontare l’esterno di un accompagnatore, il cosiddetto compagno fobico, senza il quale ci si sentirebbe persi.



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Consigli per chi soffre di attacchi di panico

Quali consigli dare a chi soffre di attacchi di panico? Innanzitutto, spiega Vincelli, prendere maggiore consapevolezza, se esiste, di quanto comporta per il proprio equilibrio emotivo la problematica stressogena che si sta vivendo o appena trascorsa. Subito dopo sottolineare che l’attacco consiste in una situazione temporanea che solitamente dura una decina di minuti in cui sintomi fisici non rappresentano una malattia organica, ma solo canali di scarico per la grande tensione accumulata. È opportuno anche suggerire di sforzarsi di respirare più lentamente e profondamente, perché il respiro corto e frequente che si attiva nell’attacco di panico peggiora i sintomi fisici che a loro volta accrescono l’ansia. Altro consiglio utile si rivela quello di spostare l’attenzione dal proprio corpo concentrandosi sull’ambiente esterno in modo da contrastare la spirale dell’ansia che si alimenta della polarizzazione sui sintomi fisici. Di fronte ad attacchi di panico che si ripresentano nel tempo, specie se a breve distanza l’uno dall’altro, è indispensabile rivolgersi ad un aiuto professionale che associ una oculata prescrizione di psicofarmaci ad una psicoterapia breve attraverso cui far comprendere al paziente i meccanismi dell’ansia, ed insegnare tecniche comportamentali per fronteggiarla con successo. Pertanto soffrire di attacchi di panico non è un destino ineluttabile, ma soltanto un insieme di pensieri irrazionali e comportamenti di evitamento appresi nel corso della vita di cui, con l’aiuto giusto, possiamo e dobbiamo sbarazzarci.



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