Generazioni di artisti, con variegate e a volte bizzarre personalità, hanno impresso in immagini la vita di Gesù, qualcuno si è soffermato solo ad una tappa della vita, come se Gesù Bambino non fosse mai cresciuto, è rimasto bambino. Lo hanno raffigurato in fasce, in croce, nell’atto di portare una piccola croce, con la culla di Betlemme a forma di croce, con vesti regali, con vesti da povero, senza vesti (nudo) così come ci hanno tramandato: appeso in croce, nudo. Ma anche come Bambino risorto. Ho contemplato la croce, soprattutto le piaghe “più dolorose: le piaghe dei bambini profanati nella loro intimità” (Via Crucis 2016 con papa Francesco); Via Crucis dei bambini cui si rifiuta una infanzia e nella croce di Gesù, tutte le croci, comprese quella dei bambini che vogliamo attenzionare. I più indifesi, i più manipolabili, i più eliminabili, i più fragili (basti pensare ai neonati), i più schiavi degli schiavizzati. Tra le innumerevoli croci di questo tempo, i bambini sono i più schiacciati. Chissà se tra qualche anno si dedicherà la Via Crucis nel Colosseo ai bambini.
“La croce – aggiunge il Pontefice nella Via Crucis di quest’anno – è anche figlia della cultura dello scarto, di un mondo che opprime i più vulnerabili e indifesi: la croce dei piccoli, feriti nella loro innocenza e nella loro purezza”. Ma nell’iconografia, tra le tante rappresentazioni del Gesù Bambino, abbiamo anche il bambino risorto: un bimbetto di pochi anni di bianco (o di rosa) vestito, che spesso porta sul suo corpo paffutello i segni del flagello e della crocifissione. Un Gesù Bambino flagellato, crocifisso, ma vittorioso: si mostra al fedele come colui che è risorto sconfiggendo la morte, e reca con sé il classico stendardo che siamo abituati a vedere in tanti quadri sulla Resurrezione. Spesso è accompagnato da un agnellino (che vicino a un bimbetto fa sempre il suo effetto); molto spesso ha una mano sollevata per benedire il fedele, e annunciargli che la morte non deve più fare paura. Se un bambino ci spinge a tutelare la vita, alla protezione e sua tutela (come fece Giuseppe, suo padre), come Maria, addolorata del destino e della morte di Suo figlio, nel ricordo dei giochi e e della spensieratezza, ma anche del bambino nella Sinagoga: questa parola si è realizzata! Questa Madre, pur nel dolore, è in attesa di incontrarlo Risorto. Per una Madre un figlio non ha mai età, è e rimane bambino e un abbraccio è un cullare nella tenerezza di una vita bella, piena e gioiosa. Il mistico del XVII secolo Angelo Silesio poteva affermare: «Nascesse mille volte Gesù a Betlemme, se non nasce in te, tutto è inutile».
“Il giorno di Pasqua facciamo lavare gli occhi ai bambini”. Papa Francesco alla fine di una udienza (28 marzo 2018) ha raccontato che “in tanti Paesi c’è l’abitudine che, quando il giorno di Pasqua si ascoltano le campane, le mamme e le nonne portano i bambini a lavare gli occhi con l’acqua, segno di poter vedere le cose di Gesù, le cose nuove”. Il Papa ha invitato a fare questo ai bambini anche per questa Pasqua ed ha aggiunto: “Lasciamoci in questa Pasqua lavarci l’anima, lavarci gli occhi dell’anima, per vedere e fare le cose belle”. Non so se lo abbiamo fatto. La Risurrezione di Gesù – bambino – dove i bambini possano vedere cose nuove, oltre la Croce. Cose nuove.