Le religiose che si occupavano di assistenza alle migranti donne al Cas di Torrenova (Roma) scrivono una dura lettera: non possiamo restare zitte, in Italia poco rispetto per i diritti umani
Chiude il Centro di accoglienza straordinaria per ragazze migranti a Torrenova, nella periferia di Roma, e un gruppo di suore, che si occupava dell’assistenza alle donne ospitate protesta.
«Non possiamo rimanere oltre in silenzio – scrivono in una lettera al direttore di Avvenire, Marco Tarquinio – dobbiamo prendere posizione con determinazione: noi rimaniamo sempre aperte all’accoglienza e alla stima per il diverso, volendo conservare i valori profondi di un’umanità sana e cristiana. Aperte e accoglienti verso gli ultimi, i poveri, i bisognosi, i più abbandonati della nostra civile società».
Il 10 aprile la struttura è stata chiusa e le giovani sono state trasferite «forse in uno degli altri centri sparsi in Italia, che uno dopo l’altro stanno chiudendo i battenti in virtù di questa desiderata e decretata ‘sicurezza’».
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Diritti umani calpestati
L’affondo contro il provvedimento del ministro Matteo Salvini è diretto: «Ci chiediamo: stiamo forse dando tutti quanti un cattivo esempio di gestione del fenomeno migratorio, con un approccio alle persone poco rispettoso dei diritti umani e non all’altezza dei valori del nostro Paese, l’Italia? Siamo suore, donne consacrate, che abbiamo vissuto in tanti Paesi del mondo e quindi abbiamo conosciuto sulla nostra pelle che cosa significa l’esclusione, la non appartenenza a un popolo, la mancanza di solidarietà, la sofferenza e le lacrime sparse per un futuro migliore».
Per questo motivo si chiedono: «Poteva forse il Cas di Torrenova diventare un’occasione di conoscenza e confronto con la comunità locale residente sul territorio? Non lo sappiamo e, forse, non lo sapremo mai più».
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Il percorso di integrazione
Intanto c’è un dato concreto: «Dal 1° agosto 2018 fino a oggi, abbiamo fatto un cammino che ci è sembrato positivo con un gruppo di ragazze migranti ospiti della struttura: alcuni mini-corsi per aiutarle a crescere in umanità, dignità e serenità. Abbiamo conosciuto da vicino queste giovani donne, che hanno affrontato spesso con dignità la loro difficile condizione di migranti, vittime spesso di violenza e sempre di sfruttamento. Portiamo i loro nomi nel nostro cuore».
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“Un cammino di umanità e dignità”
Così come, proseguono le religiose, «abbiamo apprezzato l’accoglienza calorosa del direttore e dei volontari del Cas, che hanno messo serietà e dedizione generosa nel compito che era stato loro affidato, andando oltre l’accoglienza formale prevista dalla legge. Un cammino di umanità e dignità nei confronti delle ragazze ospiti. Ne siamo testimoni. Siamo fortemente rimaste colpite dalle modalità di attuazione della chiusura della struttura: tempi brevissimi di preavviso e poche informazioni sul futuro delle giovani donne coinvolte».
A firmare la lettera: Suor Maria Rosa Venturelli (Usmi Tratta) e suor Azia Ciairano con le sorelle Usmi, che si sono alternate al Cas: Maria Goretti, Nina, Liliana, Chiara, Nebiat, Rosa, Fatima, Vincenza, Maria Gina, Carmelita.
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