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Così le anime passano dal Purgatorio al Paradiso: le visioni di Leontina Sotgiu

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don Marcello Stanzione - pubblicato il 03/04/19
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La serva di Dio, mistica, di origine sarde, riporta nei suoi scritti quello che le accadeva nel momento delle estasi in cui dialogava con Gesù CristoLa serva di Dio Leontina Sotgiu nacque a Sassari il 13 gennaio 1882 da Giuseppe e Gavina Pintus, lui Maresciallo di Finanza, nativo di Tonara (NU) e lei di Sassari città. È la seconda di tredici figli. Venne battezzata il 2 febbraio – 19 dopo la nascita – ritardo allora inconsueto, forse in attesa della festa della “Purificazione” della madonna, allora festeggiata con particolare devozione. Da bambina, quando la mamma faceva la Comunione, le si metteva a fianco, ma il sacerdote “la saltava” , e lei se ne dispiaceva e lamentava con la nonna a casa: “Cattivi sono! Non mi danno Gesù. Ma ti dico che quando me lo daranno, farò la comunione tre o quattro volte al giorno”.

Preveniva quasi il nostro tempo in cui la Chiesa permette di ripetere la comunione nello stesso giorno, durante la Messa, alla condizione di parteciparvi dall’inizio alla fine, ed avendo le dovute disposizioni. Fece la sua Prima Comunione ad 11 o 12 anni, secondo l’uso del tempo che voleva comunioni tardive e rare. Sappiamo che era un 1° maggio, ma non è precisato l’anno. Sui 15 ani dovette emigrare con tutta la famiglia a Marsiglia in cerca di lavoro, ma ben presto dovettero rientrare a Sassari, più poveri di prima, dove continuarono la loro solita attività: la mamma era sarta e Leontina l’aiutava. Essa frequentava la chiesa di s. Pietro di Silki, dove i Francescani tengono il celebre santuario della Madonna delle Grazie; si confessava, da uno di quei Padri, e si ascrisse al Terz’Ordine Francescano.


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A 16 anni fu chiesta in matrimonio da un giovane; alle sue insistenze diede “mezza parola”, ma dopo circa un mese ci ripensò e disse tutto, rimproverata dai suoi e minacciata dal giovane. Ormai il suo spirito si orientava per una consacrazione al Signore. A 18 anni, il 15 agosto, fece voto di verginità col permesso del confessore. Siccome le avvenivano manifestazioni spirituali sempre più frequenti e difficili da capire, si affidò ad un rinomato direttore di Spirito, P. Sanna, conventuale del Convento di santa Maria di Betlemme, in Sassari, che la incamminò per la via dell’umiltà e della conformazione alla volontà di Dio.

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Fr Lawrence Lew OP/Flickr | CC BY-NC-ND 2.0

Quando questo sacerdote fu eletto vescovo, e dovette partire da Sassai, ella fu attratta nel vortice spirituale del santo missionario P. Manzella, che in quel tempo percorse più volte la Sardegna da un capo all’altro con le sue missioni ed opere di bene. Dal Manzella ebbe la sua definitiva formazione. Finché egli visse le fu Padre spirituale e confessore. Trasfuse in lei tanto di quell’ardore per la salvezza delle anime; fede e amore all’Eucarestia e alla preghiera. In più l’accostò ad un’anima grande, Angela Marongiu, che insieme a lui fondò le Suore del Getsemani (Manzelliane).



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Questa Madre fu testimone di molti carismi spirituali che avvennero in Leontina specialmente il dono delle Stimmate invisibili. Più volte ella era stata preavvisata da Gesù che le avrebbe dato questo dono: “Un giorno ti trasformerò crocifissa in me”. “lo pregai a calde lacrime che si facesse la sua Santissima Volontà, ma non mi negasse la grazia che questa trasformazione mai fosse palese al mondo, cioè a veruna creatura”. Nel 1916, durante la vigilia di s. Croce, vide Gesù fra le nubi: “Dalle sacre piaghe mandava raggi che vennero a ferire cuore, testa, mani e piedi della sua povera sposa”. Come aveva chiesto, rimasero invisibili, ma qualche traccia di sangue appariva spesso sulle vesti interne, ch lei affrettava a far scomparire. Non erano continue, ma di tanto in tanto, specialmente nei giorni della Passione o di preghiere particolari per anime perdute. “Nel 1919 Gesù mi tolse quelle (ferite) delle mani e dei piedi. Ma le une e le altre si accentrarono nel cuore e nella testa in modo da sembrarmi impossibile vivere”. Alla sofferenze di questo martirio assistette tre volte Madre Angela Marongiu, la confondatrice delle Suore Manzelliane, e ne lasciò una lunga ed impressionante relazione. Consistevano nella varie pene sofferte da Gesù durante la sua passione. Duravano alcune ore. Ma la sua sete di patire per strappare anime all’inferno, e in suffragio delle anime del purgatorio, la portò a richiedere con insistenza al P. Manzella di fare il voto di Vittima.

Essendo una cosa di gravi conseguenze, le fu fatto differire per rifletterci sopra; e poté emetterlo solo il 21 novembre 1916, festa della Madonna, durante una Messa celebrata per lei, da Mons. Giovanni Pirastru, arciprete di Bonorva, figlio spirituale del P. Manzella. L’ideale di Leontina era quello di entrare a far parte delle Suore del Getsemani (Manzelliane) che Angela Marongiu e il Padre Manzella stavano fondando; ma non era quella la sua vita, ed il P. Manzella le permise solo di fare i voti religiosi privatamente, mentre continuava a vivere in famiglia. Il suo “conventino” arrivò solo molto più tardi: nel 1930, però non quello immaginato da lei.



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Nel 1928, dopo un ennesima richiesta di entrare in convento, il P. Manzella, dopo aver pregato intensamente davanti ad una immagine del S. Cuore, le predisse: “Mobns. Pirastru sarà vescovo di Iglesias. Tu e Maria (la sorella) andrete con lui”. Difatti due anni dopo, nel 1930, Mons. Pirastru fu eletto vescovo di Iglesias. Egli aveva la mamma anziana, e bisogno di aiuto. Insieme alla sorella Maria, in una vita fatta di silenzio, preghiera, lavoro, accudì inosservata, alle faccende domestiche dell’episcopato: portineria, guardaroba, giardino, e ogni sorta di faccende casalinghe, specialmente la pulizia della casa che sempre aveva ritenuto come spettanti a lei. Nell’episcopato erano in cinque persone: il Vescovo, il suo segretario Don Muroni, la mamma anziana, Maria, Leontina. Formavano una vera comunità di preghiera e di vita comune, per cui il vescovo non tardò a denominarla Betania. Per 27 anni ella, nel silenzio, nascosta a tutti, poté continuare la sua vita spirituale di immolazione per i peccatori, per i sacerdoti prevaricati, per le anime del purgatorio, per i bisogni spirituali di tante persone via via note al vescovo e da lui raccomandate alle preghiere di quella piccola comunità.


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Morì improvvisamente il 28 settembre 1957. il vescovo, Mons. Pirastru, che la conosceva nello spirito da circa quarant’anni, raccolse tutti i documenti che la riguardavano, in vista di un futuro Processo canonico: otto volumi di lettere, più due volumi di resoconti spirituali, scritti per ordine del confessore. Il Processo ebbe inizio ad Iglesias nel 1982. Leontina fin dal 1920 ogni giovedì e venerdì sia di avvento che di quaresima faceva l’esperienza dell’agonia di Cristo ed offriva le sue sofferenze anche in suffragio delle anime purganti, infatti nelle sue note personali la mistica sarda aveva scritto che tra le varie sue intenzioni di orazione ella pregava sempre “per le anime purganti, perché Gesù anticipi loro la pace eterna”, a questo riguardo suor Angela Marongiu in un suo scritto datato 1922 descrive ciò che ha veduto portandosi da Leontina nei venerdì di Quaresima.


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Lo scritto è di suo pugno e ne cito testualmente un frammento dove vengono citate esplicitamente le anime del purgatorio:

“Incomincia anticipata la sofferenza. Sono le 13,30. terminò dopo le 16. incominciò con grande sofferenza al cuore. Piangeva. Dopo pochi minuti entrò nella fase del rapimento. Incominciò con una commovente preghiera alla Passione di Gesù. Gli rammentò il grande amore che portò all’uomo, ciò che fece per salvarlo. La vedo tutta tremare, gemere…Protesta che non vuol lamentarsi; credo che sentisse in sé crudeli colpi di flagellazione. La vedevo contorcersi, orribilmente, sino a gettarsi fra le mie braccia. Potei intuire dal colloquio che ebbe con Gesù: – Vedi tutte queste piaghe? Ne è coperto il mio corpo, mi fanno soffrire. Ma fammi più più patire, pur di darmi salve quelle anime che ti ho raccomandato. La vedo fare un gesto come di chi è spaventato. Era il Brutto ceffo che si voleva avventare contro di lei. La sentii gridare: – Non mi toccare! Quanto sono lorde le tue mani! Si rifugiò tra le mia braccia. Vedendo ciò, io tirai fuori il Crocifisso, glielo misi sul petto, la sentii fare un atto di adorazione verso la croce santa. Si calmò , poi sfidò il Brutto ceffo. Fu una contesa. Essa gli disse: – Prova a fare ciò che faccio io – capii che erano atti di umiltà. Lui rispose: – Questo poi no. E Leontina: – E allora, perché sei geloso di me? Si rivolge alla Santissima Vergine. Questa dal canto suo le chiede se vuole andarsene con lei in Paraiso. Fa un cenno quasi a dire: – Come vuoi…Ma senti, cara Mamma, Gesù non vuole. Che cosa ci faccio in Paradiso senza volontà del tuo Figlio? No, più patire ancora, più, per dargli anime, per salvarle. Sento in particolare raccomandare un’anima del Purgatorio. Piange. – Quanto soffre, Gesù. Poi, preghiera sommessa. Poi grida: – Mio Gesù che fuoco sento, che bruciore! Si, contorce orribilmente. Capii che perché quell’anima fosse ammessa ad usufruire dei suffragi, si era offerta lei stessa a pagare e soddisfare la divina giustizia. Le chiesi: – Che cosa sentì mi rispose: – Sono in mezzo al fuoco. La sento dire: – Care sofferenze, croci, tribolazioni…O se l’uomo sapesse, come non si lagnerebbe. Entra nella fase acuta di sofferenza…Grida ripete Fiat continuamente. Poi, un secondo spasimo, un terzo: era la crudele lanciata per ben tre volte. Il sangue saliva alla bocca, ma non diè fuori. La vidi stendere le braccia, allungarsi. Stette per vari minuti senza respiro: mi sembrava che avesse esalato lo spirito. Poi terminò con proteste di amore e di rendimento di grazie”.

La vigilia di Pasqua, Leontina scrive che per tutto il giorno il corpo intero, eccetto il viso, emanò un sudore bruciante ed annota sul suo diario:

“Tratto tratto sentivo una mano di ferro che mi stringeva il cuore… Nella testa, mani e piedi, uno spasimo indicibile. Il cuore grondava sangue. Santa passione di Gesù, abbiate pietà di noi. Non una parola del Signore, non l’angelo, non la Sorella (suor Maria della Passione), non la Mamma Immacolata. Ma all’alba della Pasqua, la piaga del cuore si richiude. ”Leontina corre in chiesa e, per la gioia, non capisce quasi dove sia. Durante la Messa la Madonna le mostra un gran numero di anime che liberate dal purgatorio entravano “nella gloria eterna cantando l’Alleluja”.



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Durante un avvento il Signore le aveva promesso un dono per il Natale. Lei lo aveva generosamente dimenticato. Ma il dono non mancò. Eccolo offerto ai suoi occhi. Le venne mostrato un gran numero di anime purganti che in quel momento volavano in paradiso cantando “Gloria, gloria!…”. Leontina nonostante la sua condizione di inferma si sente dominata dall’assillo della infermità altrui, particolare e universale ed annota sul suo diario:

“Io sono una peccatrice, un’anima redenta dal sangue di Nostro Signore. Ed insieme sono una vittima dell’Agnello immacolato, vittima di amore e di dolore. Quindi dico al mio sposo celeste: Gesù, con l’amore prego e chiedo, col dolore espio e riparo. Ascolta Gesù: se dunque espio, questo valga per cavare dal carcere espiatorio tutte queste anime, sì, quelle che ti ho presentato. Se l’amore, poi mi ha permesso di pregare e di chiedere, io ti prego per la conversione di tutti i peccatori, e ti chiedo la pace per la chiesa, militante e purgante, il trionfo di essa. Posso ancora chiederti quanto ho bisogno per me e per tutti”.


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