Adolescenti e amore: ecco una proposta vera e spiazzante di educazione sentimentale tra i banchi di scuola!Di Marco Ruffini
Da quattro anni insegno Religione nel triennio di un importante liceo di Bologna. Nonostante le apparenze, è una missione di frontiera. Fare compagnia a degli adolescenti un’ora sola a settimana è una sfida. Ed è un’avventura fare scoprire loro i meandri del cuore. Perché di questo si tratta, alla fine.
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Durante la prima lezione, raccontando la mia vita, solitamente cerco di rassicurarli sul fatto che, mano a mano che si cresce nella confidenza con Dio, “ogni cosa si illumina”: anche i fatti più oscuri e dolorosi trovano il loro posto in un disegno globale che si rivela lentamente. Nella seconda lezione tocca a loro scrivermi le cose che ritengono più importanti perché io possa conoscerli. Per la maggior parte di loro, il rapporto con la religione è cessato subito dopo la cresima. Si alternano ricordi significativi di educatori capaci e carismatici ad abbandoni traumatici o annoiati. Mi sforzo di far scoprire loro il senso religioso con l’ausilio dei grandi maestri dell’arte e della letteratura. Alla stregua di T. S. Eliot, ritengo che il compito della Chiesa, di fronte a questi giovani, sia proprio quello di porre le domande giuste. E il modo più efficace per far sorgere domande in loro è confrontarsi con una testimonianza.
Recentemente, in una terza particolarmente desiderosa di affrontare il tema dell’amore, ho letto il contributo di un giovane studente universitario:
Un pomeriggio, di ritorno dalla spesa in compagnia della ragazza che mi piace. Attraversiamo un parco con la spesa in mano per andare verso casa… Era una giornata di sole bellissima. A metà del parco, mentre stavamo camminando, la guardo e aveva il sole che passando attraverso i ricci le illuminava il viso. Sono rimasto sbalordito e mi sono detto: ‘Quanto è bella!’… In quel momento mi sono reso conto che era una bellezza troppo grande per me, una bellezza totalmente donata a me e mi sono detto: ‘Lei non è mia’. Non può essere mia una bellezza così, ma una bellezza così può donarmela soltanto Lui… Mi sentivo piccolo piccolo di fronte ad una cosa così grande. Di fronte a Cristo, che in quel momento era venuto a prendermi così attraverso di lei. Dentro di me ho iniziato a dire un Padre nostro perché non sapevo che altro fare, ed è stata la cosa più spontanea. Ora, questo fatto voglio portarlo con me sempre…; per trattare lei come una cosa di Dio e non mia, cioè per volerle più bene di quel che sono capace di fare io da solo.
Alla lettura di queste parole, la classe intera ha avuto un moto di ribellione, i commenti si sono fatti coloriti. Così ho pensato di invitare il protagonista della faccenda a difendere la sua posizione di fronte al “tribunale” dei miei adolescenti.
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La settimana dopo i ragazzi mi hanno chiesto di conoscere questo universitario un po’ strano. Di lì a poco, l’ospite, atteso ma inaspettato, ha bussato alla porta. Ne è seguita mezz’ora di “interrogatorio”. Non ci è voluto molto per arrivare al racconto del motivo per cui un ventitreenne potesse parlare di amore in quel modo: l’incontro, due anni prima, con la comunità degli universitari di Cl e quindi con l’amore personale e gratuito di Cristo. I miei studenti hanno iniziato ad ammiccare e a darsi gomitate di complicità: in alcuni di loro il pregiudizio è fortissimo.
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Ma presto la loro attenzione è stata tutta presa dal fatto che, mentre loro si stanno allontanando dalla Chiesa, un ragazzo poco più grande di loro sta facendo un cammino opposto, che addirittura ha a che fare con il rapporto affettivo. Questo paradosso li ha spiazzati.
QUI IL LINK ORIGINALE PUBBLICATO DALLA FRATERNITA’ SAN CARLO