L’accordo italiano ha un peso anche nelle relazione tra Chiesa e stato cineseLa visita in Italia del presidente cinese Xi Jinping è stata salutata dal Governo Conte come un successo, sia diplomatico, sia economico. Molte intese sono state siglate, così come l’accordo quadro sulla Via della Seta, che coinvolgerà il porto di Trieste e non solo. Sono molti soldi, molte opportunità, ed è il prosieguo dell’attività del Governo di Paolo Gentiloni che con la Cina aveva avviato un rapporto che ha potuto portare a questo risultato. Naturalmente l’arrivo del presidente Xi ha anche altri risvolti, e che riguardano l’altra sponda del Tevere, cioè la Santa Sede che ha sperato fino all’ultimo nella possibilità di una udienza privata tra il Segretario del Partito Comunista Cinese e il Pontefice, specialmente dopo l’accordo provvisorio che ha permesso di pacificare i rapporti tra Chiesa cattolica e Cina, siglato l’anno scorso.
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Come sappiamo non è andata così, i tempi per un incontro, sebbene non ufficiale, evidentemente non sono maturi ma come spiega Matteo Matzuzzi del Foglio, alla vigilia dell’arrivo in Italia, rilevava:
Due le certezze. La prima arriva dal versante romano: la Santa Sede è disposta a favorire l’incontro – come con tutti, basta chiedere e le porte vengono aperte – il Papa ha l’agenda quasi vuota e comunque una mezz’ora la si trova. La seconda è relativa al fatto che a tentennare è Pechino e in particolare quei settori del Politburo che hanno mandato giù a fatica (gran fatica) l’Accordo provvisorio siglato con la Santa Sede lo scorso settembre. Sono loro a non gradire un’eccessiva esposizione di Xi sul fronte “religioso”. Il cardinale Pietro Parolin, che di Cina ne sa come pochi, ha confermato implicitamente lo stato delle cose, affermando che per incontrarsi bisogna essere in due.
Una questione quindi che interviene innanzi tutto alla “corte del dragone”, e in generale tra i collaboratori, forse di entrambe le parti, una diffidenza di lungo periodo che fa fatica ad essere superata. Riccardo Cristiano su Formiche sintetizza la questione e punta il dito anche su alcuni dei rischi, non solo delle opportunità, dell’interesse cinese per Roma (in entrambe le sponde teverine):
Chi avversa il disgelo con la Cina in Vaticano avrà le sue ragioni, radicate in una visione occidentale e allergica ai metodi di Pechino. Chi nel partito non gradisce aperture non vuole, da parte sua, cambiare metodo, in nulla e per nulla. E che il segretario di oggi, come l’imperatore di ieri, sia espressione di un potere assoluto, che comprende anche quello religioso, è noto. È proprio questo che rende paurosa la Via della seta come la pensa Pechino, questa concezione del potere integrale, quello che ha indotto un oscuro funzionario cinese a redarguire una giornalista italiana addirittura al Quirinale: “La devi smettere di scrivere male della Cina”, le avrebbe detto. Solo un’idea diversa del potere potrebbe cambiare la Via, più che la seta.
E l’accordo provvisorio tra Cina e Vaticano ha prodotto lo strappo più evidente nella storia del Potere a Pechino: “Il figlio del cielo”, cioè l’imperatore oggi segretario generale, ha riconosciuto il vescovo di Roma capo della Chiesa in Cina. È stato un ritiro, un principio di ritiro, epocale. Andare a rendere visita a quel vescovo avrebbe reso la scelta ancor più politica, anzi, più culturale.
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Tuttavia, in quei modi felpati, tipici della mentalità diplomatica e di un certo atteggiamento cinese (ma anche vaticano) al rifuggire i gesti affrettati ed eclatanti, qualcosa si è mosso
il segretario generale del partito comunista del “dragone”, a dire il vero, una chiesa l’ha visitata. Non sarà maestosa e politicamente significativa come la Basilica di San Pietro, ma la Cappella Palatina di Palermo ha decisamente il suo perché (Il Giornale).
Potrebbe essere il segnale atteso che il Presidente non è contrario alla possibilità di un incontro? C’è chi lavora ad un viaggio papale in Cina per il 2020. Sarebbe un successo senza precedenti, e una opportunità di pacificazione a lungo attesa.
Il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Geng Shuang, – sottolinea il Direttore di Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro – a margine della visita del presidente Xi Jinping in Italia ha affermato che quell’accordo [tra Santa Sede e Cina, ndr] «costituisce una tappa importante. La Cina è disponibile a continuare in questa direzione con il Vaticano, ad avviare un dialogo costruttivo, a migliorare la comprensione, a instaurare una fiducia reciproca e a promuovere il miglioramento delle relazioni bilaterali». In un suo saggio – di recente pubblicazione – padre Spadaro spiega la questione della Via della Seta da un punto di vista dei rapporti tra Occidente ed Oriente, un rapporto che coinvolge cultura, fede, economia e politica, ma anche un nuovo assetto del mondo che va considerato e non solo demonizzato:
La cultura europea, almeno fino all’Illuminismo, ha sempre guardato con attenzione a quella cinese. Ne è testimone il cristianesimo. Le splendide lettere dei missionari gesuiti in Cina – veri e propri reportage – al tempo furono occasione di conoscenza della cultura cinese da parte di intellettuali anche lontani dalla fede quali Voltaire, Montesquieu, Rousseau. I gesuiti, in qualche modo, hanno «sinizzato» l’Europa. Successivamente invece è prevalso il senso di superiorità. Il colonialismo europeo tra XIX e XX secolo ha imposto una visione euro-centrica. Le Guerre dell’oppio hanno fatto sì che il cristianesimo apparisse alla popolazione cinese una religione straniera, quella dei colonizzatori.
Francesco ha chiaramente contraddetto più volte questa visione coloniale. Ricordiamo che, alla fine del suo viaggio in Myanmar e Bangladesh, ha parlato in maniera esplicita dal nuovo ruolo che la Cina sta svolgendo nel contesto internazionale. Disse: «La Cina oggi è una potenza mondiale: se la vediamo da questo lato, può cambiare il panorama».
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