separateurCreated with Sketch.

Doniamo ai figli ali e radici: raccontiamo loro la storia di famiglia

FAMILY
whatsappfacebooktwitter-xemailnative
WannaBeMum - pubblicato il 14/03/19
whatsappfacebooktwitter-xemailnative

In un’intervista alla psicologa e scrittrice Silvia Vegetti Finzi, riflessioni e indicazioni concrete per trasmettere ai nostri figli e nipoti la storia che li precede. Facciamolo e sarà per loro un tesoro dal quale attingere per tutta la vita.«I genitori possono regalare ai figli solo due cose: le radici e le ali», ci insegna un antico proverbio del Québec. In quest’epoca in cui il raccontare storie sembra debba dipendere solo dai ricordi che ci suggerisce Facebook ogni giorno o dai video di “memories” che l’Iphone assembla per noi per evitarci la fatica di ripensare, viene spontaneo chiedersi come poter dare un’idea ai figli delle loro radici, composte dalle vite nonni, dalle gesta dei loro avi ma anche dai ricordi d’infanzia di noi, i loro genitori.

Per avere una risposta esaustiva ci siamo rivolte ad un’esperta in materia, la psicologa e scrittrice Silvia Vegetti Finzi, che nell’ambito della Scuola Genitori organizzata dal CPP a Milano ha tenuto un incontro dal titolo Come influiscono le radici familiari nell’educazione dei figli. Il suo ultimo libro, Una bambina senza stella, Le risorse segrete dell’infanzia per superare le difficoltà della vita, testimonia l’importanza del racconto di sé per le future generazioni.

Innanzitutto, perché è importante raccontare del passato di famiglia ai figli?

Per lenire le paure del passato e del futuro c’è un sistema: narrare. Quando narriamo gli avvenimenti li mettiamo in ordine, li colleghiamo. Il nostro passato non rispecchia necessariamente i fatti, è il racconto di questi che ci determina. Raccontare e prendere consapevolezza delle proprie origini aiuta i genitori a liberare dall’educazione dei figli le incrostazioni del passato, farne manutenzione ma anche a saper valorizzare le eredità creative che ci stanno alle spalle.

Ma come possono fare i genitori a parlare al bambino delle sue radici?

Si può cominciare raccontando il parto, i mesi dell’attesa, per fargli capire che è stato voluto, amato e desiderato e per fargli capire che “c’era” ancora prima di venire alla luce. Un bel modo è quello di festeggiare, nel giorno del compleanno del bambino, anche il giorno del parto della mamma. Noi siamo la nostra storia.

Lei ci raccontava che non è sicura che i suoi nipoti abbiano letto il suo ultimo libro che parla della sua infanzia: come possiamo fare noi comuni mortali che non abbiamo neanche un libro di memorie da regalare?

Non ci sono regole predefinite, ma il buonsenso suggerisce di parlare ma non in maniera eccessiva, non imporre ai figli l’ascolto. Bisogna saper attendere: verrà il momento opportuno, quello in cui saranno loro a chiedere: lì i genitori dovranno farsi trovare pronti. Una cosa importante da non dimenticare è che bisogna avere il coraggio raccontare la vita nella sua complessità e non edulcorarla, perché i giovani vogliono storie vere e non idealizzate.

Il quaderno delle memorie di famiglia

Durante il dibattito seguito all’incontro, una madre ha raccontato di un regalo molto peculiare fatto dalla suocera a sua figlia: alla nascita della bambina, la nonna le ha regalato un quaderno con scritte le vite dei nonni e bisnonni. La donna ha confessato di essere rimasta un po’stupita, ma di dover ammettere che la figlia conserva gelosamente questo libriccino come qualcosa di davvero prezioso. Un dono inusuale, ma semplice e alla portata di tutti i nonni: bastano una penna e un quaderno grazioso e la voglia di dedicare un po’di tempo al proprio nipote. Per chi teme il panico del foglio bianco, basta immaginare di dover scrivere il tema di scuola “racconta in tre pagine la vita dei tuoi antenati”. Non dobbiamo scrivere i Fratelli Karamazov, ognuno con le sue capacità saprà fare un lavoro atto allo scopo: raccontare.

E sul rapporto madre figlia

“Non ci vuole molto per farsi adorare dai figli maschi, molto per farsi amare dalle figlie femmine. Siamo come porcospini: se stiamo troppo vicini ci pungiamo se stiamo troppo lontano abbiamo troppo freddo”. – Silvia Vegetti Finzi –

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE PUBBLICATO SUL BLOG WANNABEMUM

Top 10
See More