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“Ora che avete un figlio vostro, darete indietro quello adottivo?”

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Annalisa Teggi - pubblicato il 13/03/19
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Con l’ironia fresca di chi ha un messaggio buono da raccontare, Maris Bletchner ricorda le cose più assurde che si è sentita dire come madre adottiva.Maris Bletchner è una nonna felice di New York, con un passato da insegnante di lingua inglese e una storia familiare che l’ha portata a fondare un’agenzia di servizi per adozioni nazionali e internazionali chiamata Family Focus Adoption. Non è un’attività a fine di lucro e non si occupa solo degli aspetti burocratici legati all’adozione: si pone a disposizione di madri che affrontano una gravidanza difficile, offrendo loro l’opportunità di scegliere la vita e dare in adozione il figlio; aiuta i genitori che accoglieranno un figlio adottivo a prendere consapevolezza del percorso emotivo che li attende.


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Maris conosce l’esperienza di essere genitore adottivo in prima persona e ci scherza su, ma la sua ironia tocca il nervo scoperto di argomenti delicati riguardo all’essere madre di figli non partoriti. Ha raccolto in un breve discorso pronunciato per The Moth i suoi ricordi e anche le cose più assurde che si è sentita dire nel corso degli anni. Certi luoghi comuni sulla presunta superiorità dell’affettività biologica testimoniano una mancanza di educazione all’accoglienza, e si traducono in pregiudizi sedimentati nell’uso superficiale delle parole.

Ma l’ironia è la chiave giusta per affrontare seriamente il discorso. L’ironia ribalta gli equilibri, propone scorci azzardati, ci impone l’umiltà.


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Siete dispiaciuti di non aver aspettato abbastanza?

Maris e suo marito hanno conosciuto la tragedia di perdere un figlio alla nascita. A questa sofferenza si è aggiunta l’ipotesi dolorosa di non poter più generare figli. Quasi come una risposta portata dal vento, è arrivata l’idea dell’adozione: mentre Maris era a tu per tu con il suo dramma, una sua collega le raccontò l’entusiasmo per l’arrivo di un figlio adottivo nella famiglia di suo fratello. Oltre all’informazione, i Bletchner lo presero come un invito personale. E se fosse la via anche per noi?

MARIS BLETCHNER

The Moth | Youtube

Maris Bletchner

La trama imprevedibile della realtà disegnò per loro una storia curiosa, ma non così insolita: a novembre si recarono a Seattle per portare a casa la prima figlia adottiva, a gennaio Maris rimase incinta e 10 mesi dopo avevano due bambini in casa.

Agli occhi dei vicini e degli amici erano un nucleo familiare strano. Ma non meno strane erano le domande di certi conoscenti che Maris si sentì rivolgere: “Siete dispiaciuti di non aver aspettato abbastanza?” (cioè: vi siete pentiti di aver adottato in fretta la bambina e aver scoperto poco dopo che avreste avuto un figlio biologico?). Non è scontato il rischio di guardare con occhi diversi il figlio acquisito e quello naturale.


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Un’altra domanda ancora più sfacciata che la signora Bletchner si sentì rivolgere fu: “Ora che avete un figlio vostro, darete indietro quello adottivo?”. E qui entra in gioco un tema nevralgico a proposito dell’adozione, che non è una via per colmare un vuoto, simile al modo in cui si cerca una figurina per completare un album.

Una straniera?

La famiglia Bletchner si è poi allargata ulteriormente nel tempo. Erano gli anni in cui la guerra del Vietnam si era appena conclusa e loro osarono percorrere anche la via dell’adozione internazionale; un’altra figlia venne a loro dalla Korea. Le pratiche dell’epoca erano molto più spoglie e scarne di oggi: della bambina in arrivo sapevano bene poco, i suoi lineamenti intravisti in una foto minuscola.



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Nel ricordare il giorno in cui andò all’aeroporto per conoscere la bimba, Maris descrive quale fu lo sguardo che ebbe durante il viaggio:

Non stavo andando a incontrare una sconosciuta, ero lì per portare finalmente a casa sua  nostra figlia.

Il ribaltamento di prospettiva è il dono proficuo che certe persone ferite portano in dote. Si trattava, effettivamente, di una sconosciuta … veniva da lontano, mai vista, straniera nei lineamenti … eppure esserle madre cominciava già prima di guardarsi negli occhi, era pensarla come una figlia che tornava a casa e non come una straniera da scrutare e rendere familiare col tempo. L’estraneità è un dato oggettivo nell’incontro tra sconosciuti, occorre uno slancio robusto per vincere l’attrito e spetta al genitore.

MOTHERLY LOVE

Shutterstock

Con questa ipotesi di accoglienza i tre figli Bletchner sono cresciuti diventando genitori a loro volta; Maris ora è nonna, ed è stupita e fiera nel guardare giocare i nipoti senza badare alle differenze fisiche che hanno, sono cugini che non si assomigliano per nulla ma non dubitano affatto di essere davvero cugini.

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Qualcun altro, invece, guarda la grande famiglia dall’esterno e vede un gruppo eterogeneo, così osa instillare quel dubbio che – sotto sotto – la superficialità comune nutre verso i figli adottivi.



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“Certo, tu ami tutti i tuoi figli e nipoti. Ma dimmi la verità: ami gli altri nipoti tanto quanto ami i nipoti che ti ha dato il tuo figlio naturale?” – Maris si è sentita chiedere anche questo. E forse non c’è da puntare il dito o schernire la libertà con cui certe persone si rendono protagoniste di scivoloni clamorosi. Quel tanto quanto è diventato un pungolo per la signora Bletchner, che ammette di essere stata in silenzio per molti anni di fronte a queste domande.

Meditava, e meditando è diventata anche molto operativa. Ha capito che occorreva rimboccarsi le maniche per affrontare il tema dell’adozione. Lo slancio emotivo dell’accoglienza va accompagnato da un percorso educativo sull’affetto, sulla conoscenza, sulla costruzione di una famiglia. I sottintesi, le difficoltà, i paragoni tra maternità biologica e adottiva possono diventare macigni. Quel tanto quanto era la spia di una visione affettiva che calcola e misura. Non c’è misura, invece, nel cuore predisposto all’accoglienza: c’è l’attesa che può essere ferita da un lutto, può essere coronata dall’abbraccio di un figlio biologico, o dall’incontro con un figlio nato altrove.


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Così è nata l’associazione di cui ora Maris è presidente: è un luogo in più in cui dolori diversi possono incontrarsi e generare qualcosa di buono, dove le ferite scritte nel passato non precludono la nascita di una famiglia felice. Ci sono opere che nascono da intuizioni meravigliosamente profonde, ma è altrettanto consolante vedere che anche le parti più pedestri e sciocche di noi possono essere uno stimolo per uomini di buona volontà.


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