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Prato. La “prof” seduce l’alunno e resta incinta. Ma chi è il vero padre?

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Paola Belletti - pubblicato il 12/03/19
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Le indagini sul caso del minore che avrebbe avuto una relazione con l’amica di famiglia hanno confermato: in base al test del DNA il padre del bimbo che ora ha 5 mesi è proprio il quindicenne a cui la donna dava ripetizioni di inglese. Ma il marito della donna, che lo ha riconosciuto, lo ama già come figlio proprio e teme di perderlo.

Una donna di 35 anni, amica di famiglia, ha intrattenuto una relazione erotica con un ragazzino da quando aveva 13 anni

Siamo a Prato, ma la vicenda si è guadagnata attenzione nazionale. Lui è un ragazzino ora di 15 anni che ha rivelato ai propri genitori, forse a denti stretti, forse per le pressioni subite dalla donna, di avere avuto una relazione amorosa con l’amica di famiglia che si presentava a casa loro più che autorizzata: era stata infatti ingaggiata per dare al giovanissimo studente ripetizioni di inglese.

Pare che, mentre si trovavano a casa da soli, la donna, infermiera di professione che ha lungamente negato, abbia insistentemente sedotto il ragazzino-amico di famiglia. Un mix tra i più deplorevoli. Lei, sposata, ritenuta oltremodo affidabile dalla famiglia del ragazzo, si è presa con la forza (non necessariamente quella fisica!) ciò che non poteva in alcun modo essere suo. Pare che i rapporti fossero consenzienti ma il consenso, in caso di minore, non conta nulla anzi aggrava di fatto il peso della violenza inflitta. Persino la libertà e la forza di dire “no, non è giusto!” viene lasciata esercitare alla vittima.



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Il marito della donna: “ma lo perdo questo figlio?”

Ma ora partiamo dal fondo, non dall’infimo. Partiamo da alcune battute intercettate e non quelle delle chat tra i due. Quella ripetuta con insistenza da un personaggio che forse il gossip vorrebbe minore e invece si meriterebbe uno spin off di tutto rispetto. Ma no, basta con le metafore e i giochi di parole.

A colpire infatti sono le parole del marito della trentacinquenne che da qualche mese si alza la notte per coccolare, cambiare, accudire il figlio che lei ha partorito. E che lui ha riconosciuto come figlio con regolare atto di nascita e ama sinceramente come figlio proprio.

In questa storia, racconta ancora il Corriere, c’è un’altra vittima: il marito dell’infermiera che ora, incredulo e disperato si chiede: “Ma ora che succede? Lo perdo, questo figlio?”. (Agi)

Il neonato ha 5 mesi; è nato quindi nell’autunno del 2018. I due coniugi hanno già un figlio di sette anni insieme, ma il marito della donna, implicata in un reato che si configura alla stregua di una violenza carnale, ama anche questo bimbo come fosse proprio. E quello che più sembra preoccuparlo non è l’umiliazione subita, il tradimento, il sapere la moglie capace di tanto. Quello che lo angoscia è l’eventualità di non poter più crescere quel bambino. Così emergerebbe dalle parole che gli sono attribuite. Lo ha ripetuto ancora qualche sera fa ai poliziotti: “Ma lo perdo il figlio?”. Ecco: per quel padre, quel bambino è figlio. Non era o sembrava, ma è.


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La paternità: un compito per veri uomini

Nessuno lo avrà potuto rassicurare, seduta stante e il caso, almeno per me che non sono esperta legale, pare complesso. E fa impressione riflettere sul fatto che, in questa società che si atteggia a paladina del “conta quel che percepisco”, che lui si senta veramente padre non basti contro la stolida, “inopportuna” realtà (è una considerazione amaramente ironica. La verità è sempre necessaria e benefica. Ma quella rivelata dal DNA é comunque parziale). La possibilità di scoprire il padre biologico grazie al riconoscimento del DNA ci ha traghettati nell’epoca della totale parità dei sessi: anche il pater, volendo, semper certus est.

Il ragazzino però, che è stato riconosciuto come corresponsabile del concepimento di questo bimbo innocente, è un soggetto a sua volta debole, in via di sviluppo, soprattutto psico affettivo e va protetto.
Per questo motivo i rapporti sessuali con la donna, di 20 anni più vecchia, sebbene consensuali costituiscono a pieno titolo un reato gravissimo, al pari di uno stupro. In seguito alla denuncia dei genitori del ragazzo la donna è stata indagata, computer e conversazioni telefoniche sono ora oggetto di indagine. Di fatto si sa con certezza che al momento del concepimento il ragazzo aveva solo 13 anni. Poco più che un bambino. E grazie a Dio la cosa continua a suscitare un diffuso, comune sdegno.

Sentite cosa afferma il vicepresidente dell’Ordine degli psicologi della Toscana Christina Bachmann in merito ai fatti di Prato :

In attesa che le indagini facciamo il loro corso, la gravità di quanto accaduto a Prato induce ad alcune riflessioni. Il motivo per cui avere atti sessuali con un minore sotto i 14 anni è sempre reato nasce per tutelare il sano sviluppo affettivo, psicologico e fisico del minore, anche quando c’è esplicita volontà da entrambe le parti. Un ragazzino è diventato padre senza avere ancora potuto maturare consapevolezza e senso di responsabilità, per legge anche un suo eventuale consenso non può essere considerato valido.

Abbiamo un ragazzino-padre biologico che non può, non deve ancora esserlo, un uomo adulto che invece vuole continuare ad esercitare una paternità piena, anche se ha scoperto brutalmente che è “putativa” e un bambino che porta inciso in ogni cellula questa verità, questa parte di verità. L’unico innocente vero è lui; il soggetto più debole ed esposto che ha davvero dei diritti è proprio il piccolo.

Ma se è vero che la verità sulle radici biologiche è essenziale come il colostro della mamma a poche ore dalla nascita, e non conoscerla mai infligge una ferita profonda come un abisso, è vero anche che l’esercizio di una paternità eroica come quella adottiva ha un valore all’interno del consesso umano che non si può spazzare via sventolando i risultati della prova del DNA.

Una vicenda complessa: i minori da tutelare sono tanti

Se fossi implicata in una vicenda come questa credo che proverei dolore intenso e scoraggiamento dello stesso grado. Sembra un garbuglio inestricabile, ma di sicuro giudici, pm e avvocati, per i quali invito a pregare, sapranno cercare con intelligenza e sapienza il bene delle persone coinvolte. Tutte, soprattutto in nome del “superiore interesse del fanciullo”. Ho rintracciato, nel Codice Civile, alcuni articoli che si riferiscono alla filiazione e alla paternità, ma non mi arrischio a trarre conclusioni. In particolare il 231 che dice:

Il marito è padre del figlio concepito [232] o nato durante il matrimonio [243].

Ci sono anche altri articoli relativi a questa materia, forse questo in particolare fa al caso in questione, ed è l’art. 243-bis.

Disconoscimento di paternità
L’azione di disconoscimento di paternità del figlio nato nel matrimonio puoò essere esercitata dal marito, dalla madre e dal figlio medesimo.
Chi esercita l’azione e’ ammesso a provare che non sussiste rapporto di filiazione tra il figlio e il presunto padre.
La sola dichiarazione della madre non esclude la paternità. (CC)
Ovvero la paternità non è riducibile esclusivamente a quel che prova un test del DNA.

Cosa significherà tutto questo per il piccolo? Per il marito della donna, per l’altro figlio? Per tutti. Come un’esplosione diffonde la sua forza distruttrice con l’onda d’urto, così il male compiuto da uno solo raggiunge e abbatte tanti e tanto, tutto intorno.

Serve un intercessore potente, come solo San Giuseppe sa essere

Di fronte a questi fatti, se non avessi la Sacra Famiglia al completo a cui pensare e alla quale rivolgermi, non saprei dove rinfrancare il cuore né evitargli, forse, di indugiare su particolari scabrosi.

Il marito che come tale é anche riconosciuto padre secondo il codice civile, forse potrà trovare conforto in San Giuseppe; pensando timidamente al Padre Putativo per eccellenza forse troverà più rapidamente pace. E mi auguro anche che in lui spero trovi la forza di confortare anche il figlio proprio: chissà in che tipo di smarrimento si è venuto a trovare, a soli 7 anni.

La famiglia del ragazzino sedotto spero trovi riserve sufficienti per portare avanti un lavoro di ricostruzione che sarò lungo. Dovrà perseguire la giustizia, certo, ma anche esercitare il perdono per poter essere libera; mentre farà di tutto per traghettare il proprio figlio dalle paludi di questa relazione malsana alla libertà di un amore vero e grande, da donare in tutta libertà quando sarà ora di farlo. Sono cose ardue, quasi impossibili eppure le abbiamo viste succedere, da Cristo in avanti.


CARLO CASTAGNA
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