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Non ho un posto dove posare il capo, ma un Padre cui affidare il cuore

NEWBORN AND FATHER
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Paola Belletti - pubblicato il 11/03/19
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Come Cristo risponde al nostro legittimo bisogno di sicurezza.Il bisogno di sicurezza è uno di quelli su cui ogni pubblicitario, persino il più improvvisato, può sempre contare. Chi non desidera, seppur di rado, se è uno spirito ribelle, avere un nido in cui tornare a riposare dopo i più arditi voli?

Anche non dovesse ammetterlo a sé stesso o ad altri è così anche per il più libero dei cani sciolti; perché da un nido siamo usciti e lassù, anzi laggiù, meglio là dentro si stava bene. Non tutti benissimo, è vero, ma il caldo, il buio, i suoni familiari, la voce della mamma, le altre voci, certi sapori. E chissà cos’altro di così primario, profondo, fondante abbiamo sperimentato. Là era veramente tutto intorno a noi, come promettono infidi spot e claim di compagnie telefoniche e banche e qualsiasi esemplare di una categoria merceologica a caso.


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Eppure noi, che, ce lo ricordo, siamo chiamati ad essere nel mondo senza essere del mondo, dal “Copywriter” di questa e altre frasi sempre nuove e sempre vere, abbiamo ricevuto pure un altro monito. E riguarda proprio le tane, i nidi, il sentirsi a casa, al sicuro, in un tepore rassicurante. Ecco, Cristo, che è venuto a guarire, salvare, riscattare e redimere non ha alcuna intenzione di rassicurarci. Se non in un senso che solo Lui può osare.

“Maestro, io verrò con te dovunque andrai.” Gesù gli rispose: “le volpi hanno una tana e gli uccelli hanno un nido, ma il Figlio dell’uomo non ha un posto dove poter riposare”. Un altro dei discepoli disse a Gesù: “Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre.”. Ma Gesù gli rispose: “Seguimi! e lascia che i morti seppelliscano i loro morti”.

Ed è sempre da Lui che riceviamo la promessa della vittoria totale sul nemico di sempre, la morte e suoi epigoni, ma anche perentorio il comando ad imitarlo nel fallimento più epico della storia umana.

Più cresco e maturo e, diciamolo, più invecchio, più mi arrendo al fatto che sì, è proprio così: ogni angustia della vita si trasforma in una serratura a forma di croce di una porta che dà su radure di libertà impensabili, di gioia che niente può minacciare, di vita vera. Niente di particolarmente rassicurante, ma allo stesso modo nulla di più profondamente umano e vero.

Il meraviglioso metodo educativo di Gesù: vuoi regnare? Servi

Se guardiamo al cammino che Cristo propone con i nostri modi moderni e avvezzi a letture psicologiche, ci appare geniale e contro intuitivo, come avviene proprio in determinate tecniche terapeutiche. Vuoi primeggiare? Servi. Vuoi vivere? Muori. Vuoi trovare? Perdi. Vuoi guadagnare? Disprezza. Vuoi regnare? Lava dei piedi e possibilmente sozzi. Eppure non è un gioco; non è per finta che nel servire si trovi la vera libertà. Non è per gusto del paradosso che Dio dica di nascondersi, irriconoscibile fino al giudizio finale, nei più miseri dei miseri di noi. Il capitolo 25 di Matteo descrive questa scena in cui Cristo si presenta come Re e come tale non lo avevamo riconosciuto sotto le spoglie del misero. Invece era Lui ad avere fame, ad essere nudo, carcerato, assetato, malato, forestiero.

Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi.  Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? (Mt 25, 31-46)

Lo stesso fa col nostro intimo bisogno di sicurezza. Vuoi sentirti al sicuro e credi che io risponda a questo bisogno? Invece sappi che non avrai dove posare il capo. Non è semplice messa in guardia: seguire Cristo è impresa ardua. E’ un invito a cambiare sguardo, mente e cuore. Non dobbiamo semplicemente vedere se Cristo si adatta ai nostri febbrili bisogni di animali umani. Dobbiamo prima far sì che Lui, i nostri bisogni più veri, li trasformi, li educhi, li innalzi.

Non ci sta minacciando, nel discepolo che mette in guardia, di precarietà e inquietudine fine a sè stessa, ma ci sta dicendo che non sarà nelle sicurezze solite che troveremo quel che cerchiamo. Non è proprio la pace che Egli continuamente lascia in dono ai Suoi quando è risorto? E anche prima della vittoria definitiva  noi lo vediamo attraversare a piedi il mondo portando sempre in Sè stesso la pace e l’intimità col Padre. Se le portava ovunque, più che la bisaccia che, ancora una volta, vieta ai suoi di prendere con sè. Per noi può essere una borsa vera, una valigia, la casa, o persino la carriera: o il riconoscimento all’interno di un gruppo, fosse anche la comunità cristiana.

Sono tornata a leggermi i libretti di Guarire il cuore, della psicoterapeuta Anna Bissi e questa volta sono incappata nelle pagine in cui affrontava proprio il tema del bisogno di sicurezza.



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Per maturare occorre fallire

Le consiglio di cuore a tutti, forse in particolare alle donne, avvezze a questioni di nido e di accudimento e impegnate sul fronte arduo dell’educazione dei figli. Spesso ci tocca il sacrificio di lasciarli fallire, di evitare di aiutarli, di lasciare che affrontino le frustrazioni che la vita riserva loro. E quanto può essere difficile e doloroso per noi! Ma:

Per guarire dal bisogno di sicurezze, che ci vuole costanti cercatori di un nido protettivo piuttosto che persone mature capaci di affrontare il mondo, é importante ‘evitare di evitare’, mentre é utile applicare una delle “regole d’oro” dello sviluppo umano: la gratificazione, vale a dire la soddisfazione di un bisogno, crea relazione, la frustrazione crea la struttura. Ciò significa che noi cresciamo non solo grazie all’accudimento ricevuto, al calore donatoci, ma anche perché troviamo situazioni difficili da risolvere e superare, che rafforzano la nostra autostima: rischi da correre, fallimenti da assumere, che ci permettono di credere al nostro valore integrando anche la dimensione di vulnerabilità e di limite. (Guarire il Cuore, Edizioni dell’Immacolata pag. 58)

Se soffriamo di ansia e paura cercare sicurezze o meglio cercare solo quelle non farà che aumentarle. Se vogliamo aiutare un figlio timoroso e insicuro, proteggerlo eccessivamente non farà che peggiorare la sua fragilità. Abbiamo bisogno di fallire, di vivere il limite. E di capire che non è quello a definire il nostro valore.

Bellissimo il passo ulteriore che l’autrice ci indica, proprio grazie al tratto di strada nuova che il Vangelo illumina:

Se il Figlio dell’uomo non ha un posto dove posare il capo, egli sa però che c’è un luogo in cui può riposare il cuore. Il Padre é questo luogo protettivo e rassicurante, luogo delle certezze, della solidità, della protezione, Colui a cui si può affidare la propria vita persuaso che essa verrà ridonata. (Ibidem, p. 59).

Dove infatti potremmo sentirci veramente e definitivamente sicuri se non “in seno” al Padre?


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