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“Vivere la Passione del Signore, così le anime escono dal Purgatorio”

HENRY SUSO

Il beato Suso.

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don Marcello Stanzione - pubblicato il 27/02/19
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Il mistico tedesco Enrico Suso ha avuto numerose visioni di anime purganti. Nei suoi scritti spiega il modo per accelerare il loro passaggio al ParadisoEnrico Suso o Susone nacque a Costanza, sulle rive dell’omonimo Lago. Von Berg era il cognome del padre, piccolo nobile decaduto, della vicina Turgovia. Seuse, latinizzato in Suso, era il cognome della madre, che Enrico adottò, preferendolo a quello del padre. Entrato a tredici anni tra i Domenicani, i cosiddetti padri predicatori, è stato dapprima un discepolo piuttosto mediocre. Ma, dopo cinque anni dalla vestizione dell’abito domenicano Suso sperimentò una così forte presenza di Dio che da quel giorno la sua vita divenne più spirituale e profonda. Si dedicò più intensamente alla preghiera e all’ascesi, si convertì e si pose a servizio della “Sapienza eterna” come egli stesso ebbe a dire. Studiò a Costanza, Strasburgo e Colonia, dove ebbe come docente il Maestro Eckhart, uno dei più grandi mistici del Medioevo.

Terminati gli studi teologici si dedicò alla Pastorale, in particolare alla predicazione e alla direzione spirituale. Intrattenne per questo una notevole corrispondenza, nella quale emerse tutta la delicatezza d’animo, la fantasia e l’impegno spirituale che lo hanno reso paragonabile al altri due Santi: San Bernardo e San Francesco d’Assisi.

Enrico Suso, insieme a Giovanni Taulero suo discepolo e al suo maestro Eckhart, è considerato il grande rappresentante della mistica tedesca. Alcune delle sue lettere, racconti e insegnamenti, veri capolavori di lingua tedesca, vennero raccolti dalla sua discepola Elisabeth Stangel, che incontrò nel Monastero domenicano di Toss. Elisabeth lo incoraggiò a scrivere le memorie della sua “Vita”, nel primo esempio in lingua tedesca di autobiografia spirituale concepita in termini di romanzo dove il protagonista risulta essere una specie di cavaliere le cui avventure non sono guerresche o amorose nel senso comune del termine, ma nel senso cristiano.  Per il credente infatti il combattimento sta nell’accettazione delle sofferenze e l’amore è rivolto verso una “graziosa dama” che è la Sapienza eterna.



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Praticò la più rigorosa mortificazione e il digiuno, e si incise sul petto con un ferro incandescente il nome di Gesù Cristo. Ebbe visioni ed estasi. Secondo Suso, attraverso la mistica “un uomo umile e paziente deve venire spogliato dalle creature, confermato con Cristo e trasformato nella divinità”. Tuttavia ebbe anche molti nemici e quando venne accusato il maestro Eckhart anche Suso venne coinvolto poiché era lettore a Costanza. Dovette così difendersi dinanzi ad un Capitolo che gli inflisse delle penitenze. In seguito a numerose calunnie, venne trasferito a Ulm, dove morì. Venne sepolto nella Chiesa domenicana della città sveva, ma la sua tomba andò perduta con la demolizione dell’edificio, a seguito della Riforma Protestante.

Viene rappresentato con il monogramma del nome di Gesù e una corona di rose, a simboleggiare il suo amore doloroso. Talvolta viene rappresentato con al suo fianco un cane che tiene nella fauci un velo o un giglio.



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Nel VI capitolo “della Vita” del Beato Enrico Suso si dice testualmente di lui: ”Gli furono rivelate in visione molte cose future e nascoste, e Dio gli fece partecipare e sentire nel limite del possibile come uno si sente in Cielo, come si trova nell’Inferno o nel Purgatorio. Non era cosa insolita per lui, che molte anime dipartite da questo mondo gli apparissero e rivelassero la loro sorte, come avevano fatto penitenza, come si poteva venire loro aiuto e quale era loro Vita di Dio”.

Quali anime gli siano apparse il Beato normalmente non lo disse. Sostiene tuttavia, fra il resto, che gli erano apparsi i suoi genitori defunti e Maestro Eckhart e un defunto amico e collega di studi.

Nel sesto capitolo “della sua Vita” si racconta: ”Suo padre che aveva condotto una vita mondana, gli apparve dopo la morte e con volto pieno di sofferenza gli fece vedere il suo tremendo castigo nel Purgatorio e gli fece sapere anche perché aveva meritato questo castigo e anche il modo con cui lo avrebbe potuto aiutare. Il Beato fece tutto quanto gli aveva chiesto l’anima di suo padre. Poi suo padre gli si mostrò un’altra volta e gli disse che grazie al suo aiuto, egli era stato liberato dal suo castigo. La sua pia Madre per il cui mezzo Dio aveva operato miracoli ancora mentre era viva, anche gli si mostrò in una visione e gli fece vedere il grande premio, che essa aveva ricevuto da Dio, di molte altre anime ebbe simili visioni”.



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Fra le altre visioni, si legge, “gli apparve anche il beato Maestro Eckhart…Questi gli fece sapere che viveva in una straripante Gloria, in cui la sua anima era beata in Dio. Allora il suo discepolo Enrico Suso chiese di fargli sapere due cose: primo come si trovino gli uomini in Dio che sulla terra avevano voluto soddisfare con estremo abbandono alla Altissima Verità: ebbe in risposta che nessuno potrebbe comprendere l’inabissamento di queste persone nell’immenso abisso di Dio! Il Beato chiese ancora: ”Quale è l’esercizio più utile all’uomo che volesse raggiungere quell’altissima Unione? Ed ebbe questa risposta: “Egli deve secondo il proprio essere, sprofondarsi e immergersi nel più profondo abbandono e prendere tutte le cose come provenienti direttamente da Dio e niente dalle creature e avere la massima pazienza verso tutti gli uomini lupo”.

Nel 41esimo capitolo della “Vita” troviamo questo racconto riguardante un suo collega di studi e amico. Quando da giovane Suso frequentava le scuole superiori il Signore gli fece incontrare un caro compagno pieno di timor di Dio. Mentre un giorno avevano a lungo parlato confidenzialmente di Dio, il suo compagno con tutta confidenza lo pregò di lasciargli vedere il nome di Gesù che egli aveva disegnato sul suo cuor egli non lo faceva volentieri, ma poi vedendo la sua grande devozione esaudì la sua preghiera, aprì il suo abito all’altezza del cuore e gli mostrò il piccolo gioiello, come il suo compagno desiderava. Quando dopo essere stati alcuni anni assieme i due amici dovettero separarsi si diedero vicendevolmente la benedizione come segno di fedeltà e si accordarono che dovevano conservare sempre la loro amicizia anche dopo morti, e colui che sarebbe rimasto vivo doveva celebrare settimanalmente due sante Messe per l’amico defunto: un Requiem al lunedì e una Messa della Passione il venerdì. Dopo qualche anno l’amico del Beato morì, ma questo dimenticò la promessa delle Messe, conservando tuttavia viva l’amicizia e il ricordo”.


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“Un giorno – prosegue la testimonianza – mentre il Beato se ne stava nella sua cappella tutto raccolto in se stesso gli apparve in visione il suo amico, gli si pose davanti e gli disse con voce lamentevole: ”Oh,amico mio quanto sei infedele! Mantieni per me la promessa nostra delle ss. Messe, perché scenda per me quaggiù il Sangue innocente, per liberarmi dal fuoco che non risparmia, in tal modo sarò presto liberato dal Purgatorio!”. E il Beato fece quanto doveva con gran premura e con grande rincrescimento per la propria dimenticanza, e così l’amico liberato dalle sue pene. Il Beato Enrico riteneva con assoluta certezza che colui al quale sarebbe toccata una grave condanna in Purgatorio, avrebbe facilmente espiarla sulla terra o abbreviarla almeno. Leggiamo, infatti: ”In quale maniera l’uomo viene maggiormente messo alla prova da Dio venire in tal modo maggiormente glorificato, egli ricorda fra le vari specie di sofferenze anche questo; alcune sofferenze vengono mandate da Dio all’uomo nell’intento di risparmiargli anche maggiori dolori come accade a quelle persone alle quali Dio permette di espiare quaggiù, il loro Purgatorio con malattie, povertà o altro, cosicché essi sfuggono alle conseguenti pene del Purgatorio…” .

Nel V° capitolo del suo “Horologium sapientiae” che ha per sottotitolo: ”Quant’è utile al servo di Dio aver molto da soffrire in questa vita” si legge: ”La tribolazione è così salutare, che non c’è quasi nessuno che si volesse sottrarre al suo benefico influsso, sia egli un principiante, o un progredito o un perfetto. La tribolazione tira via la ruggine del peccato, essa fa crescere le virtù e porta con sé abbondanza di grazia. Che ci potrebbe essere di più utile di questo tesoro? Esso cancella i peccati, diminuisce il Purgatorio, allontana le tentazioni, spegne la passione, rinnova lo spirito, e fortifica la speranza”.



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Sempre nel medesimo libro il santo mette in rilievo quanto grande vantaggio provenga dalla frequente meditazione della Passione del Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo. Fra le altre cose consolanti che possiamo così vivere, il Beato in primo luogo, la diminuzione della pena del Purgatorio; e ciò da due punti di vista, primo perché già sulla terra noi possiamo abbreviare la pena che ci sarebbe dovuta in Purgatorio del tutto o almeno in parte e secondo perché in tal modo possiamo abbreviare la pena alle povere anime o abbreviarla:

”Il creatore della Natura non lascia disordine nella natura: però nemmeno la Giustizia divina lascia impunita alcuna colpa e niente di cattivo. Egli corregge convenientemente o in questa o nell’altra vita ciò che è distorto. Che cosa credi o quando pensi che finisca il castigo di un peccatore colpevole di molti misfatti e che non ha riparato nemmeno la millesima parte del suo debito e quindi dovrebbe restare nei tormenti del Purgatorio fino a che ha pagato, fino all’ultimo centesimo del suo debito? Oh che infinitamente lunga sarebbe la sua attesa! Quale continuo e doloroso tormento, incommensurabile tormento! Una penitenza più dura di qualsiasi tortura terrena! Ora vedi come uno può facilmente e presto soddisfare ad un così grosso debito. Ciò lo può fare colui che sa attingere all’immenso tesoro della Passione dell’Agnello innocente. Questo tesoro che è il prezioso per via della grandezza dell’amore, per la dignità della Persona e per l’intensità del dolore, è sufficiente, più che sufficiente! L’uomo potrebbe fare suo questo merito tanto facilmente e potrebbe acquistarsi tanto di questo merito, che se meritava mille anni di Purgatorio per essere purificato dalle sue colpe, in breve tempo per questi meriti infiniti piamente invocati potrebbe esserne liberato“.

Nel libro della “Eterna Sapienza” a conclusione di queste note si legge…:

”Cosicché l’anima entra nella gloria eterna senza alcun Purgatorio”. Ora se il Beato Suso si attende così tanto solo dalla meditazione della Passione di Cristo per la diminuzione della pena o del tempo di essa nel Purgatorio, tanto e infinitamente di più dalla rinnovazione del sacrificio della Croce nella santa Messa. Perciò egli raccomanda di celebrare il Sacrificio della Messa per i defunti, perché per i meriti del sangue innocente sia spento il rigore del Purgatorio“. 


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