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Il cardinale Pell è stato arrestato: è in carcere a Melbourne

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 27/02/19
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Niente libertà su cauzione dopo la condanna per abusi sessuali su minori. Processo: ecco il racconto del testimone chiave e la difesa del cardinale. E Papa Francesco lo scarica: non è più Prefetto per la Segreteria dell’Economia

Dopo che è circolata la notizia della condanna per abusi sessuali su minori inflittagli da un tribunale di Melbourne in Australia, per il cardinale George Pell sono arrivate altre due batoste.

«Posso confermare che George Pell non è più prefetto della Segreteria vaticana per l’Economia». A scriverlo è stato con un tweet Alessandro Gisotti, direttore ad interim della sala stampa della Santa Sede.

Lo stesso Gisotti, aveva dichiarato nel corso di un incontro con i giornalisti: «Per garantire il corso della giustizia il Santo Padre ha confermato le misure cautelari già disposte nei confronti del Cardinale George Pell dall’Ordinario del luogo al rientro del cardinale Pell in Australia. Ossia che, in attesa dell’accertamento definitivo dei fatti, al cardinale Pell sia proibito in via cautelativa l’esercizio pubblico del ministero e, come di norma, il contatto in qualsiasi modo e forma con minori di età» (Aleteia, 26 febbraio).


KARDYNAŁ GEORGE PELL
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Papa Francesco ha deciso dunque di “demansionare” il cardinale australiano condannato per pedofilia. Ma le grane per Pell non finiscono qui, per lui si apre anche una indagine canonica ad opera della Congregazione per la Dottrina della Fede (Askanews, 27 febbraio).

La custodia cautelare

prison, cardinal pell

Creative Commons/Wikipedia

Melbourne Assessment Prison

Il 77enne è detenuto in un centro di custodia cautelare, l’Assessment Prison di Melbourne, fino alla sua condanna, quando sarà trasferito in una prigione. La sentenza verrà emessa il 13 marzo.

Pell, che ha presentato ricorso, rischia fino a 50 anni di carcere per i 5 reati attribuitigli, fra i quali anche quello di oltraggio al pudore. fra i quali anche quello di oltraggio al pudore. Una delle due vittime ha fatto sapere di aver provato «vergogna, solitudine, depressione» per anni e che «non è ancora finita». L’altro è morto nel 2014 di overdose, una fine secondo la famiglia direttamente collegabile al trauma subito (La Repubblica, 27 febbraio).

KARDYNAŁ GEORGE PELL

AFP/EAST NEWS

Il processo

Pell è stato accusato e condannato per quattro capi d’accusa di atti osceni su un minore di età inferiore a 16 anni e per l’accusa di penetrazione sessuale sempre ai danni di un minori di 16 anni. L’accusa è stata condotta dal Pubblico Ministero Mark Gibson, secondo la quale i fatti si sarebbero verificati da dicembre 1996 all’inizio del 1997, nel giro di pochi mesi dalla nomina di Pell ad Arcivescovo di Melbourne (avvenuta a luglio), dopo la celebrazione delle messe solenni nella Cattedrale di San Patrick. E vedono protagonisti (in negativo) due ragazzi tredicenni, componenti del coro nella cattedrale.

Le due fasi

L’iter si è svolto in due fasi, ovvero due processi distinti, ad Agosto e Novembre 2018. Il secondo processo è stato aperto a seguito dell’incapacità della giuria di 12 giurati di pervenire ad un verdetto unanime o forte di una maggioranza 11 a 1, dopo le 5 settimane del primo processo.



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Le strategie di accusa e di difesa

La testimonianza chiave è stata ascoltata dalla giuria per due giornate e mezzo d’udienza in videocollegamento, per un giorno il rappresentante della difesa Robert Richter ha potuto controinterrogarlo (Richter ha la nomea d’essere uno dei legali più abili nel controinterrogatorio in Australia). Al contrario, Pell non ha voluto presentare nessuna controprova, ma solo una registrazione di 45 minuti del suo interrogatorio con il Sergente Ispettore della Polizia dello stato della Victoria Christopher Reed, avvenuto all’Hilton Hotel dell’aeroporto Da Vinci di Roma nell’ottobre 2016. In quell’occasione il cardinale ascoltava attentamente le domande dell’ufficiale, screditandole una per una come «un carico di assoluta e vergognosa immondizia», «prodotto della fantasia», «falsità totali, follia», dicendosi sicuro che «con un poco di fortuna, saprò dimostrarne la controfattualità punto per punto» e prendendo nota per cominciare a preparare la propria difesa. Pell non è perciò andato al banco dei testimoni in nessun momento dei due processi, con la difesa che si proponeva di confutare la tesi dell’accusa evidenziandone la debolezza intrinseca (La Croce, 26febbraio).


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L’accusa

Il testimone racconta di due episodi che lo vedono vittima di Pell, cui riferiscono i 5 capi d’imputazione.

Il primo, riporta sempre il dettagliato resoconto de La Croce, sarebbe accaduto verso mezzogiorno, al termine di una Messa Solenne – rintracciata nella memoria come svoltasi nella seconda metà del 1996 – quando lui ed un altro cantore del coro della Cattedrale di San Patrick, entrambi 13enni, si allontanano dalla processione d’uscita dalla navata, in vena di marachelle, per rientrare in cattedrale dall’ingresso sud ed attraversando i corridoi arrivano nelle sacrestie. Lì trovano una credenza aperta contenente vino per la consacrazione e ne bevono alcuni sorsi a testa, gratificati della propria trasgressione.

Il giornale australiano Eureka Street (26 febbraio) scrive:

“L’arcivescovo è arrivato da solo, li ha puniti e poi, mentre era ancora avvolto nelle vesti liturgiche, ha commesso tre spregevoli atti sessuali, inclusa la penetrazione orale del querelante. Quest’ultimo ha affermato che la porta della sagrestia era spalancata e i servitori dell’altare passavano lungo il corridoio. Il querelante ha dichiarato che lui e l’altro ragazzo sono poi tornati nel coro, che all’epoca stava eseguendo una registrazione per il Natale.

I due ragazzi sono rimasti nel coro un altro anno, ma, ha affermato il querelante, ma non si sono mai parlati circa l’accaduto, anche se a volte andavano a dormire uno a casa dell’altro. Una volta la madre ha chiesto al secondo ragazzo se fosse mai stato abusato da qualcuno e lui ha risposto di no.

Il querelante ha dichiarato che più o meno un mese dopo, dopo una Messa domenicale presieduta (ma non celebrata) dall’arcivescovo, Pell è arrivato lungo il corridoio fuori la sagrestia, dove erano riuniti molti coristi e altri. Ha affermato che Pell lo ha preso, lo ha messo al muro e gli ha afferrato con decisione i genitali. Questo è stato l’oggetto della quinta accusa. Pell non conosceva nessuno dei ragazzi e non ha avuto contatti con nessuno di loro in seguito”.

La difesa

“L’accusa afferma che Pell alla sua prima o seconda Messa domenicale come arcivescovo (in sede dibattimentale si è concordato che quella data fosse il 15 dicembre ndr) ha deciso per qualche ragione ignota di abbandonare la processione e i suoi assistenti liturgici e di affrettarsi a recarsi dall’ingresso della cattedrale in sagrestia non accompagnato dal suo maestro di cerimonie, monsignor Charles Portelli, mentre la processione liturgica si stava ancora concludendo”.

Portelli e colui che era sacrista da molto tempo, Max Potter, hanno descritto come l’arcivescovo fosse invariabilmente accompagnato dopo una Messa solenne con processione finché uno di loro non lo avesse aiutato a togliersi le vesti liturgiche in sagrestia. C’erano numerose prove del fatto che l’arcivescovo seguisse pedissequamente la forma liturgica e avesse sviluppato rigidi protocolli quando era arcivescovo, fermandosi all’ingresso della cattedrale dopo la Messa per salutare i parrocchiani, in genere per 10 o 20 minuti, prima di tornare in sagrestia per svestirsi in compagnia del suo maestro di cerimonie”.

Insomma, Pell che motivo avrebbe avuto per rompere il protocollo in quell’occasione, sostiene la difesa, visto che anche i Cerimonieri hanno attestato la sua rigidezza, nonchè la loro presenza al suo fianco prima e dopo la messa? Peraltro perchè avrebbe dovuto rischiare di essere visto anche da altra gente, considerato che la porta della sacristia era aperta?

L’accusa ha suggerito che queste procedure potessero non essere entrate in vigore non appena Pell è diventato arcivescovo. Il suggerimento è che potessero essere stati presi in considerazione altri preparativi liturgici.



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L’ammissione dell’avvocato: c’è stato sesso non partecipato

Ma c’è una novità che sta emergendo in queste ore. E riguarda, secondo il resoconto di The Guardian (27 febbraio),  l’udienza che ha condotto in carcere Pell, per bocca del suo stesso avvocato. Il principe del Foro australiano Robert Richter ha affermato che uno dei reati «non era più di un semplice episodio di penetrazione sessuale (plain vanilla sex, l’espressione usata, ndr) in cui il bambino non partecipava attivamente».

Australian cardinal George Pell

AFP PHOTO/OSSERVATORE ROMANO
CITE DU VATICAN, Vatican City : This handout picture released by the Vatican Press Office taken on February 28, 2013 shows Australian cardinal George Pell. AFP PHOTO/OSSERVATORE ROMANO RESTRICTED TO EDITORIAL USE – MANDATORY CREDIT “AFP PHOTO/OSSERVATORE ROMANO"

L’avvocato ha fatto questa affermazione-boomerang allo scopo di chiedere una condanna meno grave sostenendo che il cardinale non doveva rispondere di «circostanze aggravanti» ed era stato probabilmente «preso da un impulso irresistibile», secondo quanto ha scritto The Guardian. Richter ha ulteriormente minimizzato – suggerendo ancora che un assalto era solo «fugace» e sostenendo che le vittime avrebbero mostrato segni a casa se fossero stati «veramente angosciati» (The Huffington Post, 27 febbraio).

(ha collaborato Roberta Sciamplicotti).



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