“Mamma sono stato abusato”
«Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro» (Mt 6, 28-29)
Giglio. Ho dato questo nome (per mantenere la privacy di questo bambino, 12 anni) che portai da Papa Francesco. “Secondo me – scrive Giglio – il Papa ama i bambini”, infatti ha sempre manifestato, come Gesù, una predilezione per i piccoli, i deboli, i poveri, i vulnerabili, gli sfruttai del mondo, gli scarti. Un sostegno alla fragilità dell’uomo: una luce e una pace per chi ha bisogno di luminose guide e culle di tenerezza per le deturpate vite in mangiatoie senza dignità. Giglio incontrò il Papa, tre anni fa. A quanto pare fu uno dei primi bambini abusati che Papa Francesco ha incontrato. Sappiamo che ha incontrato persone adulte che da bambini sono stati violati. Aleteia aveva pubblicato una riflessione dopo l’incontro con Papa Francesco.
Non potevamo non richiamare la storia di questo bambino che ha incontrato il Papa e richiamare che chi lo ha abusato gli ha rubato la vita (dato che un abuso fa morire una parte di sé) e lo ha reso sempre più vulnerabile e fragile. Una ferita eterna che ha provocato profondo disagio psichico nella identità personale e i suoi effetti collaterali in famiglia, con i fratelli, con i compagni di classe. La ricerca di una identità nell’area affettiva: disorientato. Un vero e proprio caos. Gli abusi sono avvenuti in Oratorio da parte di un giovane educatore. Ecco l’appello: la Chiesa (parrocchia, oratorio) sia un luogo e un ambiente sicuro con sacerdoti, religiosi, operatori pastorali ed educatori sereni, equilibrati e ricchi di umanità e di rispetto. Il racconto della mamma squarcia e indica come un genitore deve agire, è così intenso e profondo che le lacrime scendono sole; ci fa piangere e ritornare umani.
Giglio ha una bellezza straordinaria. Un fiore, che è fragile ed evoca la fragilità che avvolge ogni uomo e donna, soprattutto i bambini, nella loro innocenza. Ma nello stesso tempo esalta la premura di Dio che custodisce la loro vita con amore delicato e ricorda che solo la fiducia in lui permette una vita fiera e onesta. Un amore che si manifesta negli uomini di Dio. Come in questo caso, il Papa e tutti gli uomini e le donne che amano Dio, che è amore.
Ecco cosa scrisse Giglio, dopo l’incontro con Papa Francesco, parole semplici, quelle di un 12enne (dopo 5 anni dall’avvenuto abuso, che fu a 7 anni) vanno diritte al cuore ed esprimono il desiderio di non perdersi nel dolore e nella sofferenza (don Fortunato Di Noto).
_ _ _
«Mi sono accoccolato nella carezza di Papa Francesco. Secondo me, ama i bambini, in particolar modo quelli sofferenti, dandogli voce e rendendogli giustizia e dignità. Gridando ad alta voce il nostro dolore, condannando chi causa sofferenza e indifferenza, mettendosi dalla parte dei piccoli. Al momento della richiesta a Papa Francesco di benedirmi a nome di tutti i bambini abusati, ho notato il viso del Papa sofferente e dispiaciuto ma non ha esitato neanche un attimo a compiere il gesto di benedizione, dicendomi: coraggio. Dopo avermi benedetto, mi ha accarezzato il viso molte volte, anche quando sembrava che il suo sguardo e la sua attenzione fosse rivolta altrove, mi ci sono accoccolato, e ho visto nel suo volto luce e pace. Questa esperienza mi ha lasciato, protezione e ascolto dal Papa con i suoi gesti di tenerezza che ha agito secondo un mio desiderio, con la voglia di rendermi felice» (Giglio, 12 anni).
Gli effetti collaterali dell’abuso. Ecco quanto ci scrive, oggi la mamma:
«Piano piano ti accorgi che tuo figlio sta cambiando non ha più la spensieratezza di un bambino di 7 anni. Non ride più. Si isola. Non condivide. Diventa sempre più triste, più cupo, più chiuso. E tu madre ti accorgi che c’è qualcosa che non va in tuo figlio, perché lo vorresti pieno di gioia e voglia di vivere. Gioca con le sue mani simulando qualcosa che non lo fa pensare a ciò che subisce. Un gioco, un mondo tutto suo. Forse fatto di supereroi. Ma lui gioca in quel mondo e tutto il resto non c’è perché lui è la in quel gioco, perché è un bambino e forse proprio lì riconosce di esserlo. Gli è stata rubata l’infanzia. Gli è stata rubata la purezza. Gli è stata rubata la gioia. Una mamma si interroga e incomincia a esplorare il suo mondo cercando di capire il suo malessere, la sua angoscia.
Un giorno mio figlio sul divano mi dice: “mamma vorrei essere tanto morto”. È stato allora che mi sono attivata per capire perché un bambino di 7 anni vorrebbe essere morto. Poi ad un tratto arriva la scoperta, perché il bambino si sente accolto, si sente protetto, si sente al sicuro. Perché una mamma vuole proteggere e vuole rassicurare il proprio figlio.
Ma poi arriva la bomba. Dopo averlo rassicurato, dopo averlo accolto, ti dice: “mamma, sono stato abusato” e la sua ferita si allarga, sparge sangue su tutta la famiglia e cambia il modo di vedere la vita. L’adulto, il genitore, diventa consapevole di essere responsabile non solo dell’incolumità del proprio figlio ma di tutti i figli. Molti non hanno il coraggio di affrontare il dolore dell’abuso del proprio figlio mettono la testa nella sabbia inconsapevoli che così facendo alimentano solo il silenzio.
Lama tagliente che uccide lentamente, il silenzio che logora, che distrugge, che amplifica i sensi di colpa nel bambino che colpa non ha. Il genitore davanti all’abuso del proprio figlio rimane spiazzato rimane disarmato pieno di rabbia che distrugge piano piano. Ma ad un certo punto senti il bisogno di incanalare questa rabbia in qualcosa di costruttivo, di edificante perché la sofferenza se insegna costruisce e aiuta a sostenere e comprendere chi dalla sofferenza si fa schiacciare senza uno spiraglio di luce di speranza.
Ed è proprio la speranza di poter essere sostegno, aiuto e conforto che lenisce le ferite di tuo figlio che senti tue come la Madonna impotente davanti al patibolo del proprio figlio e ti interroghi come lei abbia potuto sopportare tutto quel dolore in silenzio senza poter far nulla, senza porre rimedio. Ma il rimedio è la Fede, che accoglie, che ha compassione, che entra nelle ferite e ne sente il dolore, diventando speranza e mezzo di luce in mezzo a tanto buio di omertà.
Tuo figlio cresce ma quel dolore se lo porta dentro. Ci convivi giorno per giorno e tu sai quanto è pesante. Gioisci per il sorriso di tuo figlio perché quel sorriso gli è stato rubato da bambino. Gioisci per le sue conquiste, perché nonostante il peso lui può diventare un uomo dal futuro migliore, perché conosce la sofferenza e può accogliere la sofferenza altrui. Perché il dolore lo ha reso un uomo, un ragazzo sensibile e vero.
Ma tu madre diventi madre di tutti i figli perché per un periodo tuo figlio è stato orfano per distrazione, per superficialità, per disinteresse e allora adotti ogni figlio perché un adulto è responsabile di ogni figlio.
Non si nasce genitori responsabili ma ci si diventa quando qualcosa ti rende sensibile perché sei stato ferito. Ma questa dovrebbe essere la sensibilità di ogni genitore, di ogni adulto perché i figli sono di Dio e del mondo».
—–