Ha da poco pronunciato i voti definitivi nelle Missionarie di San Carlo insieme con altre 3 sorelle; Marilù Arbesu Barahona racconta la storia della propria vocazione. Un susseguirsi di incontri con volti già toccati dalla misericordia del Signore.
Guardando indietro alla mia storia, devo rendere grazie a Dio che mi ha amata donandomi la sua vicinanza attraverso tanti incontri. Il primo è quello con la Madonna di Guadalupe. Poi, i miei genitori, che mi hanno battezzata e guidata nella fede soprattutto con la loro testimonianza.
Le suore a scuola mi hanno spiegato che Gesù è sempre presente nel tabernacolo: questa scoperta è stata l’inizio del mio rapporto personale con Cristo. Ho fatto la prima confessione e comunione lo stesso giorno e ho capito che per accogliere il Signore avevo bisogno di preparare il cuore affidandomi alla sua misericordia. In suor Elena e padre Anselmo, due amici dei miei genitori che mi sono stati vicini, ho visto una gioia che mi ha fatto desiderare di essere come loro.
Ero ancora bambina quando la mamma e il papà hanno incontrato il movimento di Comunione e liberazione: nei momenti vissuti insieme, sentivo che c’era qualcosa di più grande che mi univa alle persone che incontravo. Arrivata al liceo, non mi bastava più soltanto seguire: avevo bisogno di crescere nella fede.
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È stato così che il Movimento è diventato qualcosa per me. Mi ha colpito il modo che le persone avevano di stare insieme, mi sono sentita presa sul serio e amata. La cura della bellezza, l’ordine delle cose sono state bellissime scoperte. In università incontrai una ragazza che veniva da una famiglia del Movimento: per i numeri della comunità in Messico, posso dire che fu proprio un miracolo! Eva appartiene alla bellissima comunità di Coatzacoalcos, una delle tre più grandi nel paese, fondata oltre trent’anni fa dalla fedeltà di un gruppo di donne.
Noi due eravamo molto fedeli ai gesti. Invitavamo sempre quelli che incontravamo in università, ma senza grandi risultati. Così abbiamo vissuto tra noi l’intensità di vita che il Movimento ci proponeva, fino ad arrivare all’esperienza del perdono e della correzione fraterna. All’epoca, il nostro desiderio era vedere crescere il Movimento: oggi mi accorgo che questo è avvenuto, non attraverso le folle che speravamo di incontrare ma nella nostra crescita. In quegli anni, il responsabile degli universitari in Messico era don Franco, un sacerdote della Fraternità san Carlo.
Avevo conosciuto anche alcuni seminaristi che vivevano da noi in certi periodi. Guardandoli, desideravo trovare un posto dove essere educata allo stesso modo. Quando uno di loro, Ruben, mi ha detto che esistevano le Missionarie di san Carlo, ho scoperto un altro volto della misericordia di Dio che, mentre suscitava un grande desiderio nel mio cuore, preparava il luogo per accoglierlo.
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Tra le Missionarie mi sono sentita a casa, sia nel periodo passato a Roma che negli anni vissuti a Reggio Emilia, al servizio del vescovo Massimo. Ho capito che la mia stabilità coincide con l’appartenenza alle Missionarie. La bellezza che mi aveva colpito nel Movimento ora occupa ogni momento della giornata, dal modo di pregare fino all’apparecchiare la tavola.
Oggi sto imparando che la santità è possibile ma non ci si arriva da soli. La comunione vissuta con le mie sorelle, soprattutto negli ultimi anni, mi ha fatto scoprire che l’abbraccio e il perdono passano attraverso la condivisione della vita. Voglio servire il Signore nel mondo, cominciando dagli Stati Uniti che raggiungerò nei prossimi mesi.