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Questa santa ha vissuto per 40 giorni le sofferenze delle anime del Purgatorio

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don Marcello Stanzione - pubblicato il 14/02/19
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Santa Caterina de’ Ricci prese su di sè le pene dell’anima di Filippo Salviati, benefattore del convento di Prato dove lei viveva. Furono giorni di grande sofferenzaSanta Caterina de’ Ricci (1523-1590) era una suora domenicana fiorentina che, durante le sue frequenti estasi, ebbe il privilegio di assistere alle scene della Passione di Cristo. Era figlia di Pierfrancesco de’ Ricci e Caterina Ridolfi. la sua era una famiglia in vista, grazie all’attività dello zio paterno, sostenitore dei medici e membro del Senato dei Quarantotto.

Alessandra fu accolta nel Monastero Domenicano di San Vincenzo di Prato, dove prese i Voti col nome di Suor Caterina. Fin dagli inizi manifestò particolari disturbi fisici e difficoltà ad adeguarsi alle regole monastiche. Le ragioni si conobbero in seguito quando il domenicano Niccolò Alessi comprese che i suoi“disturbi” erano in realtà le prime manifestazioni di particolari esperienza mistiche. Il Monastero di Prato viveva poveramente secondo lo spirito di rinnovamento dettato dal Savonarola, il Martire Domenicano del quale le Monache conservavano le Reliquie. E fu proprio un voto della comunità fatto a Savonarola ad ottenere la miracolosa guarigione di Caterina.


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Mentre la Santa era gravemente ammalata vide Fra’ Savonarola tracciare sul suo corpo i. Segno della Croce, dopodiché si risvegliò e si trovò liberata dalla malattia. E con la guarigione iniziarono per ella le lunghe agonie nelle quali ella riviveva le sofferenze della Passione di Cristo. Anche lei, come l’altra Domenicana, Santa Caterina da Siena, ebbe le “nozze mistiche”. Gesù stesso le aveva donato, insieme all’anello sponsale, le stimmate, ossia le piaghi visibili della Passione. La comunità monastica di fronte a quelle manifestazioni straordinarie si trovò divisa, poiché temeva gli inganni del Maligno.

CORPO INCORROTTO SANTO

Sailko/Wikimedia Commons

La santità di vita della giovane domenicana portò col tempo le consorelle a ricredersi ed ad accogliere con devozione i “Doni” di Caterina. La Santa poté così rivivere la Passione di Cristo in presenza di alcuni superiori e di altre monache che furono diretti testimoni dei colloqui tra Caterina, Gesù e Maria Santissima, che introdussero la Santa alla comprensione dei Grandi Misteri della Fede.



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Più tardi venne nominata Priora del Convento e le estasi, durate circa dodici anni, cominciarono a diradarsi e così ella poté dedicarsi a tempo pieni al governo del Monastero. L’epistolario e i diari di questi anni testimoniano l’influsso sociale e spirituale della Santa su tutti i ceti sociali, fino alla corte dei medici. Lo stesso Granduca Cosimo de’ Medici ebbe a dire che il più grande miracolo di Caterina era quello di aver convinto l’avaro Filippo Salviati a donare i suoi beni per la ristrutturazione del Monastero. Tra le migliaia di persone che accorrevano al suo Convento per chiedere preghiere vi furono molti santi e anche tre futuri Papi. Con l’introduzione anche nel suo monastero delle rigide regole della clausura le cose cambiarono radicalmente poiché si venne a creare una netta separazione tra le Monache, chiuse dietro le grate, e i fedeli. Caterina che portava sul suo corpo i segni della Passione accolse sempre con umiltà e obbedienza quanto chiedeva la Chiesa e scrivendo di sé a San Filippo Neri , il Santo della gioia, si autodefiniva “una vila femminuccia et una miserabile peccatrice”.


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Ebbe il dono di conoscere lo stato dei defunti e compì vari viaggi in spirito nell’aldilà. La fama delle sue estasi era giunta anche fuori dal monastero di Prato dove viveva e molti fedeli venivano da lei a chiederle notizie di parenti defunti. Numerosi erano coloro che si rivolgevano alla Santa per sapere la sorte dei loro cari defunti. A ognuno rispondeva non per soddisfare la loro sete di curiosità, ma per favorire il suffragio. A fra Timoteo per obbedienza dette una lista di nomi di persone, le quali aveva visto salire al Cielo.

Ma il suo zelo non si limitava a ciò, perché si offrì al Signore di prendere su di sé le sofferenze che Filippo Salviati, grande benefattore del monastero di San Vincenzo Ferrer in Prato doveva provare in Purgatorio. Ecco come venne narrata la vicenda:

“Ottenne dal suo sposo Gesù, di poter fare il Purgatorio per l’anima sua, perciò durò quaranta giorni continui di così gran dolori per tutta la vita sua, non si poteva toccare perché scottava, nella sua camera pareva vi fossero le fiamme per il gran calore che vi si sentiva, quando beveva pareva che la bocca e la lingua friggessi come una padella al fuoco. Stupivano i medici di tale male, non parendogli possibile tal sorta d’infermità, che alla fine, costretta dall’obbedienza, confessò che faceva il Purgatorio per un gran benefattore”.


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