Li riconosci per la strada, i camminatori solitari: passo spedito, nevrotico, schivano ostacoli, soli. Poi c’è una specie di Compagnia dell’Anello: stanchi, disordinati, felici di stare insieme e che il passo altrui spezzi il ritmo di marcia; sono un padre, una madre e i loro figli.Un giorno un frate, che era stato missionario in Africa per tanti anni, mentre facevamo una passeggiata insieme, mi disse: “C’è un proverbio africano che dice: il passo di un altro ti spezza”.
Cosa voleva significare quel proverbio?
Beh, io l’ho interpretato così: che se cammini con qualcuno e cerchi di andare al passo e alla velocità dell’altro, entrambi vi stancherete. Infatti uno dei due sarà costretto a camminare ad una velocità maggiore e l’altro, magari, dovrà rallentare.
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Questo proverbio, dunque, parla di una realtà tecnica, oserei dire muscolare; ma la sua valenza morale sembra – non so come sia potuto accadere – essere diventata uno stile di vita del nostro mondo occidentale.
“Una farfalla batte le ali a Pechino e a New York arriva la pioggia” dicono i sostenitori della teoria del Caos.
“Un giorno un vecchio africano che si era stancato di camminare col suo nipotino in un villaggio del Kenya inventa un proverbio…e toh…l’occidente diventa individualista”dico io.
Ed eccoci qui, in Occidente, in Italia per la precisione. Quanta gente che per paura di essere spezzata dal passo di un altro, preferisce camminare sola. E li vedi questi passeggiatori solitari.
Alcuni scattanti, nevroticamente scattanti…altri lenti, terribilmente lenti. Ma entrambi soli. Terribilmente soli e, spesso, nevrotizzati.
“Il passo di un altro mi spezzerebbe, e preferisco non spezzarmi, perché ho solo questa vita e se la consumo poi non mi resta nulla”sembrano dirti quando li guardi e li vedi belli, puliti, profumati, ordinati, metodici, con le scarpe e le cinture “di sicurezza” della vita sempre allacciate…che preferiscono poggiare le loro mani sui freddi nordic sticks piuttosto che nelle mani di qualcuno in carne e ossa.
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E camminano e attraversano l’esistenza sulle strisce pedonali. Sicuri di custodirsi fino all’ultimo respiro. Soli, fino alla fine, ma non spezzati dal passo di un altro. Senza pericolo e senza gioia.
Poi ti giri e incontri un gruppetto strano. Sembrano la Compagnia dell’Anello o una compagnia di disagiati.
Uno di loro è alto e spettinato con la barba poco curata; l’altra sembra la Fata della situazione, ma senza ali e con qualche smagliatura sulle gambe. Poi qualche piccolo hobbit che corre come senza una meta mentre altri due, altrettanto bassi, sporchi e sudati, lo rincorrono urlando senza riguardo per nessuno.
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E’ una famiglia. E ti fa piacere incontrarla. Meno belli e rilassati dei passeggiatori solitari e sicuramente più stanchi e disordinati, ma li vedi (sotto le occhiaie) che sono felici. Felici di lasciare che il passo dell’altro spezzi le personali tristi abitudini che atrofizzano il cuore. Vedi che le loro bocche sono allenate sia alle urla e ai litigi, sia a grasse risate. Li vedi, consumati da quel quotidiano vivere insieme che logora, è vero, logora e spezza le catene dell’egoismo e ti libera da te stesso e dai tuoi casini.
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E allora via! Andiamo a fare una passeggiata, ma insieme a qualcuno e per sempre e sarà un’avventura mozzafiato!
Potremo riformulare il proverbio africano testimoniando con le nostre mani sporche, stanche, ma felici di accarezzare chi ci sta affianco che in realtà: “Il passo di un altro ti spezza … le catene dell’individualismo, dell’isolamento, dell’abbrutimento autoreferenziale” ed arriva il tempo della Gioia.
Chi ama la propria vita la perderà. Chi è pronto a perdere la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io ci saranno anche quelli che mi servono. E chi serve me sarà onorato dal Padre. (dal Vangelo secondo Giovanni 12,25-26)