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Desideriamo Dio? Leggiamo la Filotea, miniera di intuizioni per noi laici

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San Francesco di Sales nel ‘600 prese sul serio il desiderio di Dio nei laici: che bellezza attingere alla vita e al pensiero di questo santo vescovo che, ricco e nobile, rinunciò a tutto proprio in nome di questo desiderio. Lo so che san Francesco di Sales era ieri, e quindi avrei dovuto scrivere l’altro ieri (il 24 gennaio per chi legge, ndr) in modo da pubblicare nel giorno giusto, ma invece mi sono ritrovata a finire l’ufficio delle letture alle 23.52, e quindi niente, eccomi. Che santo fosse lo sapevo, perché è il patrono dei giornalisti, e allora mi ricordo ogni anno che sta per scadere la tassa annuale di iscrizione all’Ordine (ognuno ha i suoi promemoria).


MONASTERO WI-FI
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Insomma, mi ritrovo che è già domani, e io ancora sto leggendo il brano tratto dall’Introduzione alla vita devota. Mi ricordo così che la Filotea campeggia da anni in quella sezione della mia libreria, che attualmente consta di tre scaffali, dedicata ai libri che assolutamente devo leggere, che ho comprato e messo da parte per quando smetterò con questa illogica abitudine di andare anche a dormire, ogni tanto.

Però, quando un libro te lo consigliano tipo otto sacerdoti, probabilmente il cielo ti sta facendo arrivare un messaggio, neanche troppo criptato: LEG-GI-LO, zuccona! (Zuccona l’ho aggiunto io ma Dio non potrà che concordare).

E così questa sera mi ci sono messa. Che dire, giusto una giornalista poteva recensire un libro senza averlo finito, però ecco, mi premeva non lasciar passare la sua festa senza dare anche a voi questo compito a casa che mi sono assegnata. Il monaco wi-fi non dovrebbe mancare la lettura di questo classico, che è stato il primo a prendere sul serio il desiderio di Dio dei laici, e a proporre alle persone che vivono nel mondo un piano intelligente e organizzato “per condurre l’anima dal primo desiderio della vita devota fino alla ferma risoluzione di abbracciarla”.



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Non si può non amare questo vescovo nobile nato nel ‘600 in Savoia da famiglia ricca e molto ben inserita, insomma il massimo dello chic, che rinuncia a tutto, e che ha il coraggio di dire “scrivo di vita devota senza essere devoto, ma non mi manca il desiderio di diventarlo” (si sa che i santi più sono santi più vedono i propri limiti, perché illuminati in pieno dalla luce di Dio).

Il trattato è diviso in cinque parti: nella prima parla di come organizzare seriamente i nostri buoni propositi, nella seconda dei mezzi per avvicinarsi a Dio (sacramenti e preghiera), nella terza delle virtù e dei consigli per rafforzarle, nella quarta degli inganni del nemico, mentre nella quinta “guida l’anima un po’ in disparte per rinfrescarsi”, prima di riprendere il cammino più speditamente.

Il brano che ogni anno la Chiesa ci ripropone all’Ufficio delle letture è quello in cui ci ricorda che una madre di famiglia non può non metter da parte nulla come i cappuccini, né un artigiano passare tutto il giorno in chiesa come un religioso (insomma, il famoso fenomeno delle parrochesse, le donne che stanno più in parrocchia che in casa).

Davvero una miniera di intuizioni e chiarimenti lucidi e intelligenti, come sto sbirciando qua e là tra le pagine. Mi rituffo nella lettura, anche se oggi nel frattempo è diventata la memoria della Conversione di san Paolo, e dal settore arretrati della libreria occhieggia anche De Wohl, con La gloriosa follia, ma per il momento mettiamo ordine e procediamo col manuale del monaco wi-fi (marito, ricordati di seppellirmi con una torcia e la bara foderata di libri).

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE

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