Venezuela: situazione sempre più esplosiva
Sedici morti. Questo è il bilancio provvisorio delle proteste contro il regime del presidente Nicolás Maduro – ritenuto un «usurpatore» dall’opposizione –, che si sono svolte mercoledì 23 gennaio in tutto il Venezuela. A convocare la mobilitazione proprio nel giorno in cui il Paese sudamericano ricorda la caduta della dittatura di Marcos Pérez Jiménez (23 gennaio 1958) è stato il nuovo presidente dell’Assemblea Nazionale, Juan Guaidó. Durante un discorso tenuto nella piazza «Giovanni Paolo II» di Chacaíto, Caracas, il giovane politico del partito «Voluntad Popular» si è autoproclamato presidente «ad interim» del Venezuela, sfidando apertamente Maduro.
Guaidó è stato riconosciuto quasi immediatamente dal presidente americano Donald Trump. «I cittadini del Venezuela hanno sofferto per troppo tempo nelle mani del regime illegittimo di Maduro», ha scritto in un tweet. Assieme agli USA, 13 dei 14 Paesi appartenenti al «Gruppo di Lima», fra cui Brasile, Cile, Canada e Colombia, hanno riconosciuto la presidenza «ad interim» di Guaidó, ricorda la Deutsche Welle, che offre una sintesi delle varie reazioni. Non ha aderito il Messico, che insieme ai tradizionali alleati di Maduro, Bolivia e Cuba, come del resto Cina, Russia e Turchia, continuano ad appoggiare il successore di Hugo Chávez.
In una dichiarazione, l’Unione Europea ha chiesto mercoledì sera «con forza l’avvio di un processo politico immediato che porti a elezioni libere e credibili, in conformità con l’ordine costituzionale». Intervistato dall’emittente Cadena SER, l’ex premier socialista spagnolo Felipe González ha definito la mossa di Guaidó «coerente con l’occupazione illegale del potere da parte di Maduro», che è «peggio di un dittatore», cioè «un tiranno arbitrario». Davanti alla Deutschlandfunk, il diplomatico tedesco Alexander Graf Lambsdorff, uno dei vicepresidenti del Parlamento Europeo, ha detto che l’Occidente deve riconoscere Guaidó, perché il regime di Maduro «non ha futuro».
Thailandia: indette elezioni parlamentari, le prime dal colpo di Stato del 2014
Con un decreto definito dal quotidiano Le Monde «molto atteso», il re della Thailandia, Maha Vajiralongkorn, ha indetto mercoledì 23 gennaio delle elezioni parlamentari, le prime dal colpo di Stato militare del 2014. La data fissata dalla Commissione elettorale è il 24 marzo, cioè ad una certa distanza dall’incoronazione ufficiale del sovrano, che si svolgerà dal 4 al 6 maggio prossimi. Secondo Sophie Boisseau du Rocher, esperta dell’«Institut des Hautes Études de Défense Nationale» (IHEDN), citata da Le Monde, le elezioni rischiano di essere «una farsa politica», perché «la campagna elettorale sarà molto breve».
Mentre il favorito è l’attuale premier, il generale Prayuth Chan-ocha, che ha guidato il golpe del 22 maggio del 2014, la domanda è infatti se l’opposizione avrà il tempo necessario per poter preparare un programma. Questo vale soprattutto per il Pheu Thai Party, che, come ricorda Le Monde, ha vinto tutte le elezioni nazionali dal 2001, ma oggi ha perso le sue due figure di spicco: l’ex primo ministro e miliardario Thaksin Shinawatra, deposto nel 2006, e sua sorella Yingluck Shinawatra, rimossa dall’incarico di premier nel 2014 da una controversa sentenza della Corte Costituzionale. Entrambi vivono in esilio all’estero.
Che i militari thailandesi non dimenticano lo dimostra la scoperta dei corpi senza vita di due oppositori anti-giunta e anti-monarchia. I loro corpi mutilati e riempiti di cemento sono stati ritrovati il fine dicembre scorso in un tratto del fiume Mekong nella provincia Nakhon Phanom, vicino al confine con il Laos, dove entrambi vivevano in esilio, così riporta El Mundo.
India: Priyanka Gandhi entra nella politica attiva
In India, il membro più giovane della dinastia politica Nehru-Gandhi, la quarantasettenne Priyanka Gandhi (da sposata Priyanka Gandhi Vadra), è entrata nella politica attiva. Suo fratello ed attuale presidente del Partito del Congresso, Rahul Gandhi, ha infatti annunciato mercoledì 23 gennaio la sua nomina a segretaria generale della formazione (all’opposizione) nella parte orientale dello Stato dell’Uttar Pradesh, con 200 milioni di abitanti il più popoloso e quello «politicamente più importante» di tutta l’India, come sottolinea la Deutsche Welle.
Priyanka Gandhi Varda, madre di due figli, è psicologa e pratica la meditazione buddhista Vipaśyanā (o Vipassana). E’ la figlia di Rajiv Gandhi, ucciso nel 1991 da un commando delle Tigri Tamil, e di Sonia Gandhi, di origini italiane, e la nipote di Indira Nehru-Gandhi, la «signora di ferro» della politica indiana uccisa dalle sue guardie del corpo Sikh nel 1984. A Priyanka, che assomiglia molto a sua nonna, tocca dare nuovi impulsi al partito nelle prossime elezioni nazionali, in programma tra aprile e maggio. Battuto in quelle del 2014 dal partito nazionalista BJP dell’attuale premier Narendra Modi, il Congress Party è tornato alla vittoria nelle regionali di dicembre negli Stati di Chhattisgarh, Madhya Pradesh e Rajasthan.
OMS: primo rapporto sulla salute dei migranti e dei rifugiati in Europa
Niente allarmismi. Questo emerge dal primo rapporto sulle condizioni di salute dei migranti e rifugiati in Europa dell’ufficio europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO), con sede a Copenaghen (Danimarca), diffuso il 21 gennaio con il titolo «Report on the health of refugees and migrants in the WHO European Region». «Questo rapporto è il primo nel suo genere e offre un’istantanea della salute dei rifugiati e dei migranti nella regione europea dell’OMS, in un momento in cui il fenomeno migratorio si sta espandendo in tutto il mondo», ha dichiarato la direttrice regionale OMS per l’Europa, Zsuzsanna Jakab, in un comunicato stampa.
Il rapporto, basato sui dati contenuti in più di 13.000 documenti raccolti nei 53 Paesi che compongono la regione europea dell’OMS, sfata tra gli altri il mito che migranti e rifugiati portino malattie dai loro Paesi di provenienza. Anzi, al loro arrivo risultano meno affetti da molte malattie non comunicabili rispetto alla popolazione ospitante. Per quanto riguarda i minori non accompagnati, sono a rischio di sfruttamento sessuale e presentano livelli più elevati di depressione e sintomi di disturbi post traumatici da stress (PTSD). Dalla nuova ricerca emerge poi che i migranti internazionali costituiscono il 10% della popolazione della regione, anche se in alcune Nazioni del continente la gente pensa che siano 3 o 4 volte di più.
Filippine: proposta di legge per abbassare l’età della custodia penale per i minori
Una proposta di legge che mira ad abbassare da 15 a 9 anni l’età della custodia penale per i minori, ha suscitato nelle Filippine «una forte polemica», scrive La Vanguardia. La norma, che ha l’appoggio del controverso presidente Rodrigo Duterte ed è stata già approvata in seconda lettura dalla Camera, passa adesso al Senato. La Commissione Nazionale per i Diritti Umani del Paese asiatico ha denunciato l’iniziativa, affermando che «punire i bambini per il crimine e l’abuso di sindacati e altre persone è contro la responsabilità dello Stato di prendersi cura degli interessi e del benessere dei bambini», spiega Human Rights Watch (HRW), mentre ricorda che Manila ha firmato la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia delle Nazioni Unite.
Non è da escludere che anche questa iniziativa di Duterte trovi degli epigoni. Durante la sua visita alle Filippine, il presidente dello Sri Lanka, Maithripala Sirisena, ha elogiato la settimana scorsa la violenta e sanguinosa guerra di Duterte contro il narcotraffico, che ha provocato già migliaia di esecuzioni extragiudiziali. «La guerra contro il crimine e la droga portata avanti da te è un esempio per il mondo intero, e personalmente per me», ha dichiarato Sirisena, citato dal Guardian (18 gennaio). «La minaccia delle droghe è rampante nel mio Paese e io sento che dovremmo seguire le tue orme per arginare questo pericolo», così ha aggiunto.