Macron e Merkel firmano nuovo trattato franco-tedesco
Esattamente 56 anni dopo il trattato dell’Eliseo, firmato il 22 gennaio 1963 a Parigi dall’allora presidente francese Charles de Gaulle e dall’allora cancelliere tedesco Konrad Adenauer, i due Paesi hanno firmato martedì 22 gennaio ad Aquisgrana (Aachen) un nuovo trattato di cooperazione e integrazione. Il nuovo documento, che «completa» quello del 1963, vuole elevare le relazioni bilaterali tra Parigi e Berlino a un «livello superiore», così si legge nel testo, anticipato nei giorni scorsi da latribune.fr e di cui Le Figaro offre i punti salienti.
Mentre riferendosi al presidente Emmanuel Macron e alla cancelliera Angela Merkel, il quotidiano Libération parla di «un patto di amicizia per leader in difficoltà», ben diversa è l’opinione di Eva Sabine Kuntz, che conosce bene i rapporti franco-tedeschi. Il trattato non è «la disperata resistenza di due persone impotenti», così scrive sullo Spiegel Online, ma «sta portando avanti un’idea che è valida ancora oggi, anzi più che mai: che l’Europa può esistere solo come comunità nel mondo globalizzato e in concorrenza con potenze come la Cina, la Russia e gli Stati Uniti. Solo così l’Europa esisterà ancora domani. Niente di più, niente di meno», così sottolinea l’autrice.
Brexit: il piano B della May è uguale al piano A
Lunedì 21 gennaio la premier britannica Theresa May ha presentato davanti alla Camera dei Comuni di Westminster il suo «piano B» sulla Brexit, che, come osserva la Deutschlandfunk, «consiste essenzialmente in ulteriori negoziati sul confine tra l’Irlanda e l’Irlanda del Nord». Un esito quindi deludente, come ha ammesso la ministra tedesca della Giustizia, Katarina Barley, che ha origini inglesi, davanti all’emittente. «Così non andiamo da nessuna parte», ha dichiarato. Più schietto è il quotidiano La Vanguardia, il quale titola che «il piano B di May per la Brexit è uguale al piano A». Idem Le Figaro. Per il quotidiano parigino il piano B della prima ministra è infatti «una copia del piano A». L’unica novità o «misura concreta», come osserva Le Monde, è l’abolizione della tassa di 65 sterline (75 euro) che i cittadini europei devono pagare (o hanno già pagato) per ottenere lo status di residente, obbligatorio per poter rimanere nel Regno Unito dopo la Brexit.
Mentre la premier conservatrice ha escluso nuovamente la possibilità di indire un nuovo referendum popolare sulla Brexit, perché minerebbe «la coesione sociale» del Paese, il leader della principale formazione dell’opposizione, il laburista Jeremy Corbyn, ha aperto per la prima volta all’organizzazione di una nuova consultazione, un’eventualità che aveva finora sempre esclusa (anche per motivi «interni»). Si tratta infatti di una mossa rischiosa. Mentre più di 70 membri di Labour nella Camera dei Comuni appoggiano un secondo referendum, altri, tra cui anche la ministra «ombra» per l’edilizia abitativa, Melanie Onn, preferiscono dimettersi piuttosto che accettare tale proposta.
Israele attacca obiettivi iraniani in Siria
Israele combatte ormai l’Iran in Siria «alla piena luce del giorno». Lo osserva El País, presentando i raid aerei lanciati lunedì 21 gennaio contro obiettivi iraniani nei pressi della capitale siriana Damasco, tra cui depositi di munizioni e una zona dell’aeroporto internazionale. L’IDF o «Israel Defence Force» avrebbe anche distrutto le batterie anti-aeree del regime siriano, che hanno risposto alle incursioni, così scrive il quotidiano. Israele aveva avvertito le forze siriane di non rispondere. I raid erano la risposta dello Stato ebraico ad un «un attacco inaccettabile perpetrato direttamente da truppe iraniane», ha detto il portavoce dell’IDF, Jonathan Conricus, riferendosi al lancio di un razzo iraniano contro le Alture del Golan, intercettato domenica 20 gennaio dal sistema antimissilistico «Iron Dome».
I raid, definiti dal «Syrian Observatory for Human Rights» (SOHR) «l’attacco più intenso e violento contro le forze del regime e i loro alleati in termini di vittime dal maggio 2018», sono arrivati in un momento in cui lo Stato ebraico sta riannodando rapporti con il mondo islamico, e questo «malgrado il conflitto palestinese», così scrive sempre El País. Domenica 20 gennaio Israele e Ciad hanno annunciato di aver riallacciato i rapporti diplomatici, che erano sospesi dal lontano 1972. «Con il Ciad, il numero di Paesi che intrattengono relazioni diplomatiche ufficiali con lo Stato ebraico raggiunge la cifra senza precedenti di 160», sottolinea il sito israele.net.
Cina: calano le nascite
Nel 2018 circa 15,23 milioni di bambini hanno visto la luce in Cina. Si tratta del numero più basso da quando il Paese ha “attenuato” la politica «del figlio unico» nel 2014, scrive il South China Morning Post. La cifra, che costituisce il record negativo dal 1961, cioè «l’ultimo anno della grande carestia cinese», rappresenta un calo di 2 milioni rispetto al 2017 (17,23 milioni di nascite) e di più di 2,5 milioni rispetto al 2016 (17,86 milioni), rivelano i dati diffusi dall’Ufficio Nazionale di Statistiche (NBS). Il numero implica inoltre che il tasso di natalità nel Paese più popoloso Paese del globo è sceso da 12,95 bambini ogni 1.000 abitanti nel 2016 a 10,94 nel 2018, continua il quotidiano di Hong Kong.
Tutto indica del resto che la tendenza negativa si prolungherà nel tempo. La popolazione femminile in età fertile o riproduttiva, cioè della fascia d’età 15-49 anni, è scesa infatti di 4 milioni nel corso del 2017. Un’altra grana demografica per le autorità cinesi è poi il fenomeno dell’invecchiamento della popolazione: quasi un quinto, ossia il 17,9%, della popolazione della Cina è costituito da over sessantenni, ricorda il SCMP. Tutto questo fa temere che il Paese si stia muovendo verso «una stagnazione economica in stile Giappone», con la differenza però che la Cina «sta diventando vecchia prima di diventare ricca», e il che rischia di rendere l’impatto della crisi demografica più acuto.
L’OMS inserisce l’«esitazione vaccinale» nella lista dei 10 maggiori rischi per la salute
Nella lista dei 10 più grandi pericoli per la nostra salute nel 2019, stilata dall’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS o WHO in sigla inglese), risultano elementi già conosciuti, come le malattie non comunicabili (tipo diabete e patologie cardiovascolari), la pandemia globale di influenza e la resistenza agli antibiotici. Nuova invece rispetto all’elenco 2018 è quella che l’organismo ONU con sede a Ginevra, Svizzera, definisce la «Vaccine Hesitancy», ovvero l’«esitazione vaccinale».
Secondo l’OMS, «la riluttanza o il rifiuto di vaccinare nonostante la disponibilità di vaccini» minaccia di vanificare i progressi compiuti nell’affrontare le malattie prevenibili da vaccino. «La vaccinazione è uno dei modi più economici per evitare la malattia», così spiega l’OMS: «impedisce attualmente 2-3 milioni di decessi all’anno e altri 1,5 milioni potrebbero essere evitati se la copertura globale delle vaccinazioni migliorasse».
L’agenzia ONU ricorda ad esempio che a livello globale il numero di casi di morbillo o «measles» ha registrato un aumento del 30% tra il 2016 e il 2017. «Le ragioni di questo aumento sono complesse», spiega l’OMS, e «non tutti questi casi sono dovuti all’esitazione vaccinale». «Tuttavia, alcuni Paesi che erano vicini all’eliminazione della malattia l’hanno vista ritornare», avverte l’organismo.