La Caritas in Lombardia non ci sta: resteranno con noi, non li abbandoneremo in strada. Al Cara di Roma “distrutto” un ottimo modello di integrazione gestito dall’Auxilium
Sono almeno 500 i migranti ospitati nelle strutture gestite dalle Caritas lombarde che perderanno il diritto all’accoglienza per effetto del decreto Sicurezza.
Ma non finiranno in strada, abbandonati al loro destino (con gli effetti del decreto non avranno più la possibilità di chiedere la cosiddetta protezione umanitaria e essere accolti presso i centri di accoglienza Cara e Sprar): pur esclusi dal sistema di accoglienza prefettizio – com’è appena accaduto a cinque ospiti di cooperative della rete di Caritas Ambrosiana nel Lecchese – rimarranno dove sono. A ‘casa’ Caritas. A spese e a carico della Chiesa.
L’ “escamotage” della Caritas
A proseguire itinerari già avviati, basati sull’ospitalità diffusa, il coinvolgimento delle comunità parrocchiali, la promozione di percorsi orientati all’integrazione, com’è da sempre nello stile delle Caritas lombarde.
«Abbiamo deciso che anche chi non ha il diritto a rimanere, verrà comunque accolto dalla Caritas a nostre spese. E lo faremo anche con i futuri irregolari. È un modo per dichiarare la nostra contrarietà agli effetti del decreto Salvini», ha dichiarato Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana. Una linea che sarà tenuta da tutte le Caritas diocesane della Lombardia, ha aggiunto Gualzetti.
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4514 migranti
Su circa 27mila posti per l’accoglienza di richiedenti asilo e profughi in tutta la Lombardia, le Caritas diocesane ne offrono 4.514. Di questi, ben 407 sono già ora a totale carico della Chiesa: sono quelli attivati da esperienze quali i corridoi umanitario o il progetto “Rifugiato a casa mia”.
In dettaglio, quei 4.514 posti sono così suddivisi: 3.129 nei Cas (Centri accoglienza straordinaria), 847 nel sistema Sprar, 163 per minori stranieri non accompagnati (Avvenire, 22 gennaio).
Lo sfratto collettivo dal Cara
Ma c’è un altro effetto del decreto Sicurezza che è nell’occhio del ciclone: la chiusura del Cara di Castelnuovo, alle porte di Roma.
A marzo 2016 papa Francesco l’aveva scelto per la cerimonia della lavanda dei piedi del giovedì santo. Una struttura che in questi anni aveva raccolto riconoscimenti – dall’Acnur a Migrantes – per la qualità dell’accoglienza e i percorsi di integrazione. Ma ora il Cara chiuderà.
Oltre la metà degli ospiti del Centro di accoglienza per richiedenti asilo – 305 su 535 – entro sabato 26 gennaio saranno già trasferiti a gruppi nei Cas (Centri di accoglienza straordinaria) di altre regioni (Puglia, Molise, Piemonte, Lombardia, ecc). Poi toccherà agli altri. Pesanti anche le conseguenze occupazionali per i 107 operatori, tutti a tempo indeterminato.
«Anni di impegno e buon lavoro – dice il sindaco di Castelnuovo Travaglini – per un’accoglienza fatta di progetti educativi, inserimento scolastico, corsi ricreativi, iscrizioni alle associazioni sportive, collaborazioni volontarie e lavori socialmente utili. Il Comune l’aveva portata avanti insieme alla Prefettura» (Avvenire, 21 gennaio).
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21,9 euro
Spiega Akram Zubayadi, direttore della struttura di Castelnuovo di Porto gestita dalla cooperativa cattolica Auxilium: «A fine mese scade la proroga che abbiamo avuto per continuare a gestire il Cara: o verrà rinnovata oppure questo posto sarà chiuso». In realtà, è solo una formalità quella che manca per sancire lo stop al Cara.
D’altra parte, la gara per il rinnovo dell’appalto (vinto dalla cooperativa cattolica nel 2014 con un super ribasso: ogni migrante “costa” circa 21,9 euro al giorno) è stata sospesa come tutte le altre in fase di pre aggiudicazione in modo tale da adeguare i nuovi capitolati alle disposizioni del decreto sicurezza (La Repubblica, 20 gennaio).
I migranti, definiti “ospiti” del Cara, sono persone in attesa dei procedimenti di richiesta di protezione internazionale che hanno visto peggiorare le già inumane condizioni nelle quali venivano costretti a vivere (Indipendenti.eu, maggio 2018). Con il decreto sicurezza per loro le possibilità di ottenerlo sono ridotte quasi a zero.
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Il contratto che non c’è
Roberto Rotondo della cooperativa Auxilium, in un’intervista a Radio Radicale (23 gennaio – ascoltare dal minuto 4’53”) ha precisato che alla base della chiusura del Cara – quindi al non rinnovo del contratto di gestione per l’Auxilium – ci sarebbe un motivo «burocratico», che si riferisce al contratto di locazione tra il proprietario dell’immobile, l’Inail, e la Prefettura di Roma.
In sostanza questo contratto tra Inail e Prefettura non è stato sottoscritto. L’anomalia fu segnalata anche dall’Anac (Autorità Nazionale Anti Corruzione). Un problema burocratico (che se fosse l’unico…) sarebbe ampiamente risolvibile.
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