Spesso non ci rendiamo conto di ciò a cui continuiamo a credereEra il mio ultimo anno di studi. Gestivo una compagnia, lavoravo nel campus, facevo praticantato alla camera di commercio e ricoprivo altri ruoli. Dopo un digiuno totale di 40 giorni, un lunedì mattina mi sono vestita, ho bevuto un sorso d’acqua, sono uscita alle 6.00 per allenarmi e poi sono andata a lezione. Mentre ascoltavo il professore ho sentito come se qualcuno mi avesse colpito in testa con un mattone. Sono saltata sulla sedia e corsa in bagno. Guardandomi allo specchio ho visto che avevo gli occhi iniettati di sangue. Con la vista offuscata ho guidato fino alla clinica, ho lasciato la macchina per strada e sono entrata gridando: “Aiuto! Ho qualcosa che non va!”, e poi sono svenuta.
I medici mi hanno chiesto se avevo viaggiato fuori dal Paese di recente. Ho gridato “No!”, e sono svenuta di nuovo. Quando mi sono risvegliata il dottore mi ha detto che ero gravemente denutrita e disidratata, a un passo da un attacco cardiaco – il mio corpo stava per mangiarsi i muscoli, e stavo per subire un blocco renale. Anziché capire che dovevo fare qualcosa per curarmi, ho ringraziato il medico per la sua analisi e ho fatto immediatamente 11 telefonate per cancellare degli appuntamenti e spiegare alle persone cosa era accaduto.
Ero quasi sul letto di morte, ma pensavo che i miei impegni non potessero aspettare. Quel giorno mi sono detta 3 bugie, e sto ancora lavorando sodo per superarle.
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1. Gli impegni non verranno rispettati
Quando ho sentito la diagnosi del medico non mi sono preoccupata del fatto di essere quasi morta. Mi preoccupavo perché tutto ciò che non avevo fatto quel giorno non sarebbe stato fatto, perché mentre io ero in ospedale a lottare per la vita non c’era nessun altro in grado di ricoprire il mio ruolo. La bugia che spesso ci raccontiamo è che se non siamo lì a pianificare il prossimo evento o a ospitare la prossima festa non lo farà nessun altro. Ci sono miliardi di persone su questo pianeta, e ciascuna ha qualcosa da offrire. Non posso fare tutto. Non sono Dio. Sono uno strumento. Ricopro un ruolo in una sinfonia complessa. E il più delle volte sono quella che suona il triangolo, non il primo violino.
2. Mi perderò qualcosa
Mentre scorrevo la lista delle persone da chiamare, era chiaro che stavo facendo troppo. Dopo ogni telefonata pensavo: “Ho davvero così tanto da fare?” La triste verità era che sì, ce l’avevo, perché mi piaceva partecipare a tutto. Volevo essere certa che la gente vedesse che stavo facendo qualcosa. Non dovevo essere una di quegli studenti che andavano all’università solo per quello per cui questa era stata creata, cioè studiare e prendere bei voti. Ho imparato che va bene non essere il centro della conversazione sull’ultimo evento del campus o sul viaggio di un amico. Va bene tralasciare delle attività per occuparsi delle proprie priorità o semplicemente per riposare. Il mio obiettivo non è essere ovunque per paura di perdermi qualcosa, ma perdermi alcune cose per stare dove conta di più.
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3. Devo fare tutto oggi
Al liceo avevo un insegnante che iniziava le sue lezioni con parole sagge. Un giorno ha detto: “Non sapete che non dovete sposarvi oggi stesso?” Qualsiasi studente normale lo avrebbe saputo, ma visto che tra i miei compagni c’era una wedding planner ossessionata dal matrimonio tutti hanno risposto: “Sì, Nicole, non devi sposarti oggi stesso”. Ero quella liceale che pensava che tutti dovessero sposarsi subito, e pianificavo il loro matrimonio. Che il mio entusiasmo derivasse dal voler diventare una wedding planner o dal mio profondo desiderio di sposarmi, era chiaro che fossi ossessionata dal matrimonio. La stessa bugia è emersa il giorno in cui sono finita in ospedale. Tutto doveva essere fatto quello stesso giorno, quella settimana, quell’anno, perché se mi fossi persa qualcosa la mia vita sarebbe finita. Questa bugia ha quasi posto fine alla mia vita.
Mi chiedo quanti di noi si dicano ogni giorno le stesse bugie. Se non facciamo qualcosa crollerà il mondo. Se decidiamo di fare un sonnellino anziché andare a un incontro sociale non saremo “in”.
Se abbiamo bisogno di dormire, mangiare o chiamare un familiare facciamolo. La vita è breve. E lo è ancora di più quando ci diciamo che siamo troppo impegnati per fermarci un attimo e godercela.