Bisogna distinguere tra la nostra salute spirituale e la nostra salute mentale“Ciao, cara amica, in base alla mia opinione e alla mia esperienza il miglior psicologo – e l’unico – della mia vita – è Cristo”. È il primo commento di un post recente su Instagram in cui descrivevo la mia esperienza con la psicoterapia.
Sono seguiti altri commenti: “La terapia migliore di tutte sono i ritiri e il Rosario”. “Io faccio regolarmente visita ai Gesuiti. Un ritiro silenzioso, in cui si incontra Dio – Egli è il miglior terapeuta. Lo raccomando! I vostri valori si inseriscono nel giusto contesto e la strada diventa dritta”, ha scritto un altro internauta.
Quei lettori volevano sottolineare che la fede in Dio (o il fatto di avere un rapporto con Lui) e il prendersi cura di questa fede (attraverso ritiri o il Rosario) sono sufficienti a non avere difficoltà o problemi emotivi.
In primo luogo, se fosse così nessun cristiano credente soffrirebbe di depressione, e si riprenderebbe rapidamente quando si sente giù. Non avremmo bisogno di aiuto. Saremmo individui autosufficienti, eternamente felici, soddisfatti, consapevoli della nostra autostima. Ma non è così.
In secondo luogo, questi commenti fanno sì che le persone che hanno bisogno dell’aiuto di un professionista della salute mentale si sentano in colpa (“Se basta la fede ma per me non è sufficiente, vuol dire che la mia fede è debole?”) o dissuaderle dalla decisione di cercare una terapia (“Forse la preghiera basta?”). Fa anche sì che altri credenti sentano che le persone che ricorrono all’aiuto psicologico hanno una “mancanza di fede” o sono “credenti errati”. È come se la loro fede determinasse la loro salute psicologica.
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In terzo luogo, questo tipo di commenti presuppone che nella vita dobbiamo semplicemente congiungere le mani in preghiera (o andare a un ritiro), e Dio si prenderà cura di tutto. Siete tristi? Non fate niente al riguardo, lasciate che Dio cambi la situazione (leggete: avverrà da sé). È come se non avessimo il controllo sulla nostra vita. Oltre a questo, è come se la nostra intelligenza fosse l’ostacolo maggiore.
L’errore fondamentale è non saper distinguere il fatto di coltivare un rapporto con Dio e la cura della salute. Come siamo in grado di mantenerci fisicamente in forma e di andare dal medico quando il nostro corpo è malato, dobbiamo anche essere in grado (grazie all’aiuto di uno psichiatra, psicoterapeuta, consulente, terapeuta ecc.) di curare la nostra salute mentale e le nostre emozioni.
Ma come parlare con Dio quando non sappiamo quale parte dei nostri pensieri e delle nostre impressioni deriv da Dio? Quale “voce” seguiamo – le nostre emozioni? La nostra ragione? Come possiamo sapere cosa fare quando tutto è confuso e tutto ciò che sappiamo è che ci sentiamo perduti e infelici da molto tempo?
In quarto luogo, ho l’impressione che le persone che dicono queste cose stiano solo inventando delle scuse per sé. “Non riesco a sembrare felice, e allora Dio deve volere così”. “Sono triste, e quindi dev’essere un giudizio spirituale”. “Ho paura, ma quando prego Dio mi libera dalla paura”. “Mi sento una nullità; devo ringraziare e adorare Dio con maggior frequenza”. Credo che a lungo termine questo modo di pensare non sia credere in Dio, ma ignorare, farsi del male e accampare scuse usando Dio. Non cercare aiuto psicologico è dannoso, e anziché mandarci in cielo può inserirci in un circolo vizioso di approfondimento dei problemi mentali.
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Si tratta di pensieri generici, ma ci sono anche ragioni più specifiche per il fatto che Dio non è il mio psicoterapeuta, da persona che da quasi tre anni è in psicoterapia.
1. Perché Dio non è un altro essere umano visibilmente presente
Duemila anni fa forse era possibile – Cristo è sceso sulla Terra, l’ha percorsa e ha parlato con le persone. Con alcuni si incontrava regolarmente, ma anche in quel caso non era psicoterapia, quanto amicizia e discepolato.
La psicoterapia consiste in riunioni settimanali regolari tra un paziente e un terapeuta, nelle quali un terapeuta qualificato, con ampia conoscenza della psiche umana e dei modi in cui funziona, tenta di aiutare il paziente a comprendere se stesso. Non è possibile senza conoscenza, esperienza, empatia e una conversazione diretta e chiara. Dobbiamo sentire le cose chiaramente per iniziare a notarle.
Dio non è un terapeuta, ma lavora attraverso un terapeuta. È grazie a Lui che finalmente posso comprendermi a un livello molto profondo, e finora inconsapevole, perdonarmi e amarmi come sono stato creato.
2. Perché voglio agire, non fuggire
Per me, la religiosità era stato un modo per affrontare le mie emozioni, fragilità e desideri. Interpretavo ciò che accadeva nella mia vita interiore in modo strettamente religioso. Interpretavo l’ansia come Satana, la paura come essere codarda e il coraggio come orgoglio. E sono solo degli esempi.
Fortunatamente, a un certo punto ho cominciato a lottare per me. Non volevo aspettarmi un miracolo magico, ma essere calma e felice. Credo che Dio ci prometta una vita bella e saggia, una sensazione di sicurezza e stabilità emotiva. Credo anche che queste cose non cadano dal cielo, ma che posso lavorarci su. È per questo che ho iniziato a fare qualcosa in questo senso.
3. Perché voglio sentirmi stabile e sana
Quando mi fa male un dente vado dal dentista. Quando sono malata vado dal medico. Quando sono depressa vado da uno psicoterapeuta o da uno psichiatra. Le emozioni sono segnali che mi dicono cosa mi sta accadendo e di cosa ho bisogno. Se provo paura, vuoto e tristezza costanti, ho bisogno di aiuto e sostegno. Non solo – lo merito.
4. Perché ho pregato per 25 anni e la mia tristezza non è svanita
Per molto tempo ho sperato che la mia depressione passasse. Pensavo che se avessi terminato l’università, avessi trovato un lavoro, mi fossi innamorata e avessi perso peso avrei finalmente sentito di valere qualcosa, come tutti intorno a me. Ma non è successo.
Quello che mi ha aiutata è stato affrontare la lenta e difficile separazione tra ciò che volevo e quello che pensavo di dover volere, e tra chi sono e chi pensavo dovessi essere.
5. Perché l’incontro con Dio è diverso da un incontro con se stessi
La preghiera è un incontro con Dio; la psicoterapia è un incontro con se stessi con l’aiuto di un terapeuta. Esistono due obiettivi diversi, anche se entrambi fondamentalmente portano alla verità e all’amore: conoscere Dio, cercare la verità su di Lui e scoprire la Sua presenza è diverso da conoscere se stessi. Devo scoprire perché rispondo in un modo e non nell’altro, perché sono spinta in una direzione anziché in un’altra e perché certe cose sono tanto difficili per me.
Ho bisogno di trovare me stessa per capire cosa voglio e di cosa ho bisogno. Se non mi aiuto e non mi prendo cura delle mie necessità fondamentali, non sarà capace di apprezzare e approfittare della mia vita. E non potrò amare davvero.
La preghiera è importante – in realtà è indispensabile –, ma non è tutto. Dio può compiere miracoli, ma in generale lavora attraverso mezzi naturali. Spera che confidiamo in Lui e che chiediamo il Suo aiuto, ma anche che usiamo le risorse che ci mette a disposizione, e questo include la scienza della medicina, ma può aiutarci ad essere sani nel corpo e nella mente.