Don Daniele Leoni da elicotterista in ex Jugoslavia, Albania e Iraq a sacerdote: la mia vita era bellissima, ma alla fine mi sono arreso
«Sono stato nell’esercito per 19 anni. Ho partecipato alle missioni in Albania, Kosovo, Bosnia, Serbia e Iraq. Ero un elicotterista». Non è la storia di un militare qualunque, ma di un sacerdote. Si chiama Don Daniele Leoni, classe 1971, ed è parroco di Pozzo (Arezzo).
«A 19 anni sono partito militare», racconta a (Credere/Famiglia Cristiana, 9 gennaio), «prima in artiglieria a Udine, il reggimento più operativo d’Italia, l’unico autorizzato a sparare la granata nucleare, poi a Viterbo alla scuola per sottufficiali. Mentre ero lì mi resi conto che era tutto vero quello che diceva la Chiesa. Cominciai a pensare che se Dio era davvero Dio, valeva la pena dargli tutto. Tuttavia, quando mi congedai, non sapevo ancora il risultato del concorso per pilota di elicotteri che avevo fatto».
Leggi anche:
«Prima di morire voglio farmi prete». Il desiderio di Alessandro Galimberti profuma di santità
La vittoria del concorso
Era il 1994, ricorda Don Daniele, «iniziai a frequentare il seminario di Arezzo e decisi di entrare. Era già tutto fissato e il pomeriggio lasciai la mia ragazza. La mattina dopo, ancora dormivo, viene mio padre e mi fa: “Dani, Dani, ci sono i carabinieri al telefono”. “Tenente Leoni”, mi dicono dall’altra parte, “lei ha vinto il concorso per elicotterista”. Appena riattaccato chiamai il rettore del seminario e gli dissi: “Don Gianca’, grazie dell’opportunità, ma vado a fare il pilota di elicotteri, ciao ciao cia’”, click. E andai a fare il lavoro più bello del mondo. Fai cose grandi per il tuo Paese, che non è soltanto curarne gli interessi all’estero».
“E’ sempre un servizio”
«Quando aiuti le persone – prosegue il sacerdote – sia che si tratti di soccorrere un ferito portandolo via da una zona di combattimento, sia che si tratti di recuperare chi si è perso e vai con il soccorso alpino, o quando intervieni nella lotta antincendio, è sempre un servizio».
La missione in Iraq
Nel 2004 era in missione a Tallil, in Iraq, qualche miglio a sud di Nassiriya. «Per chilometri e chilometri non c’era nemmeno una cappellina. Pensate che quando venne a farci visita monsignor Angelo Bagnasco, che all’epoca era ordinario militare — l’ho portato io fin lì in elicottero da Kuwait City — celebrammo la Messa di Natale nella tenda del magazzino viveri, con un puzzo di salamoia che vi lascio solo immaginare».
Leggi anche:
Il “prete hipster”: un giovane pastore rivoluziona le teste – e i cuori – in Colorado
“Lei è una vergogna”
Pregare, confessa Don Daniele, «mi dava una grande pace e ogni tanto si univa a me una caporalessa». «Andavamo – sottolinea il prete – in un parcheggio dove non ci disturbava nessuno e recitavamo il Vespro. Dopo qualche tempo fui però convocato dal colonnello: “Lei è una vergogna! Non lo sa che un ufficiale con un caporale non può avere rapporti intimi?!”. Io cascai dal pero… ma quando la cosa fu chiarita, il colonnello mi confessò: “Forse siete gli unici che fate la cosa giusta qui”. Tempo una settimana e arrivò del personale americano che ci costruì una bellissima cappellina in legno. I compaesani del comandante ci donarono anche una campana».
Il ritorno in seminario
«La mia vita era bellissima – sentenzia il sacerdote – ma i momenti di pace vera li sperimentavo solo quando stavo con il Signore. Allora mi arresi ed entrai nuovamente in seminario. Adesso eccomi qua. Prima offrivo servizio a una nazione, adesso a tutti gli uomini. Non è più un aiuto relegato a questa vita, ma che punta alla vita eterna, dove fonte di ogni forza è Cristo».
«Il nostro combattimento adesso – chiosa – non è contro le potenze della terra, ma contro le potenze del male. Satana è più che mai attivo e porta avanti la sua strategia agendo contro la fede e contro la famiglia».
Leggi anche:
Prima meccanico, poi medico e “angelo del fango”. Ma il Signore aveva immaginato per lui un’altra strada