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Oroscopo? No grazie, preferisco le sorprese della Provvidenza

Homem braços abertos no mar
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Annalisa Teggi - pubblicato il 02/01/19 - aggiornato il 02/01/23
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Che ne sarà di me? Non è una domanda che dobbiamo farci con terrore, ma con entusiasmo. Che l'ignoto ci sia ignoto non è un male; è la garanzia del fatto che il nostro destino non dipende da ciò che sarà, ma da Chi ha iniziato tutto.

Che ne sarà di me? Non è una domanda che dobbiamo farci con terrore, ma con entusiasmo. Che l’ignoto ci sia ignoto non è un male; è la garanzia del fatto che il nostro destino non dipende da ciò che sarà, ma da Chi ha iniziato tutto.

Giusto un paio di giorni prima del 31 Dicembre sfogliavo la mia nuova agenda, notando che gennaio era già pieno zeppo di cose da fare. Allora sono andata a lamentarmi da mio marito, in cerca di conforto: ce la farò? Oddio come riuscirò a prepare tutto? Mi sa che ho sbagliato a pianificare le cose … e poi se … vedrai che …. 

Insomma, una litania di ansie e uno sproloquio di paure. L’anno nuovo rende più accesa la voglia di fare progetti e più vivida la percezione dell’ignoto. Anno nuovo è sinonimo di futuro e quindi desideri, attese, speranza. Ma siamo sicuri che la speranza abbia a che fare con il futuro?


BOAT, FATHER, SON,
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È quello che vogliono farci credere in molti, ma io ho cambiato prospettiva. Però, per farmi qualche sommessa risatina sono andata a leggere gli oroscopi più gettonati per il 2019, con l’animo leggero di chi sa smascherare il trucchetto dei maghi di turno. Cosa ho trovato?

Per l’Ariete sarà un anno all’insegna dell’energia, dell’autostima e della sicurezza in se stessi.

MANO, PALLA DI VETRO

Shutterstock

Parole meno entusiaste nell’ambito lavorativo, un giusto mix per darmi grinta ma tenermi anche all’erta. Le parole sono confezionate ad arte per veicolare un messaggio abbastanza preciso, ma adattabile ad ogni persona. Ad esempio, sulla salute:

Un po’ di instabilità potrà ripresentarsi all’inizio dell’estate e in ottobre.

Se in autunno mi verrà un raffreddore, potrò applaudire al beneamato astrologo che ci ha proprio beccato!

Ma il punto non è tanto screditare l’astrologia, bensì qualcosa che viene ancora prima ed è connaturato in noi. L’ignoto ci spaventa, ci pare di ricevere conforto da una previsione. Andando ancora più a fondo: vorremmo sapere come vanno a finire le cose e vorremmo che andassero a finire bene.

È proprio su questo aspetto che il cristiano ha una marcia in più e può gridare ai quattro venti che non abbiamo bisogno di previsioni ma di speranza e che la speranza la si trova guardando …. indietro. Non c’è niente di più sensato di questo paradosso. Solo il passato può darci testimonianza che il Bene tiene saldo il timone degli eventi e li guida a un fine a noi ancora sconosciuto, ma non disastroso e disperato.



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Ritornando alla mia ansia di fronte all’agenda nuova, ho reagito prendendo in mano l’agenda vecchia: ho ripercorso tutto il mio 2018. A inizio anno ogni diario è bellissimo e ordinato, a fine anno è un putiferio di pagine scarbocchiate, foglietti volanti, macchie, scontrini lasciati lì per qualche motivo, appuntamenti presi e mancati, numeri di telefono segnati al volo, eccetera. È l’arazzo perfetto e bellissimo della Provvidenza.

Sfogliando quelle pagine vissute, ho pensato fra me e me al bilancio dell’anno trascorso ricevendone, non la previsione, ma la certezza più positiva possibile: all’inizio dello scorso anno avevo le mie attese e i miei desideri, molto di quello che è accaduto non l’avrei neanche lontanamente immaginato. Nel bene e nel male. Qualcuno ha guidato la barca su cui io remo; il timone è in mano di Dio, a me toccano i remi.

Il passato mi conferma che non sono io la sola persona all’opera nel mio destino. Il disegno di Dio mi sta portando altrove rispetto ai miei piani, ma di sicuro non fuori strada. Forse il porto che devo raggiungere non è quello che avevo in mente, ma c’è. Il futuro non può mostrarsi a noi se non come un puzzle scombinato; ma il passato invece ci testimonia che i tasselli stanno andando a posto, sebbene la visione complessiva del quadro ce l’abbia Dio. Io credo di sapere come sia fatto il mio volto, e invece Lui lo sta ancora scolpendo. Guardandomi alle spalle vedo come le Sue mani siano all’opera nella vita che io vivo; non è un caos anche se i giorni raccontano una storia diversa da quella che avevo in mente. 

Che ne sarà di me? Non è una domanda che dobbiamo farci con terrore, ma con entusiasmo. Che l’ignoto ci sia ignoto non è un male; è la garanzia del fatto che il nostro destino non dipende da ciò che sarà, ma da Chi che ha iniziato tutto.



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Devo a Chesterton questa rivoluzione di sguardo:

La moderna ed ordinaria opinione progressista afferma che l’universo è cattivo, ma certamente migliorerà. Io dico che è sicuramente un universo buono, anche se peggiorerà. Io dico che gli alberi e i fiori, le stelle e i sessi, sono buoni all’origine, non solo alla fine. In Principio la potenza indicibile creò il cielo e la terra. In principio Egli li guardò e vide che erano cose buone. (da Cosa c’è di giusto nel mondo)

BAMBINO, CESTA, MARE

Shutterstock

Ecco perché la speranza si muove baldanzosa in avanti, guardando indietro. Un po’ come nel rugby. La speranza cristiana non è una previsione futura, ma una Origine buona che non può venir meno e ci accompagna fino alla fine dei tempi.

Non abbiamo bisogno di consultare le stelle in cielo, a noi basta guardare un piccolo filo d’erba per fare memoria della Presenza di Dio che tiene saldo il timone, fin dal giorno in cui separò la Luce dalle Tenebre. L’ignoto resta ignoto; e non è detto che non ci colpirà duro, ma la fibra della nostra anima non dipende dall’esito negativo di certe circostanze, sussiste solo nella sua dipendenza originale con un Bene Incarnato che non l’abbandonerà mai.



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In un altro testo Chesterton affindò alla Madonna parole di conforto ben più lungimiranti di chi ci dà un colpetto sulla spalla raccontandoci le sue ipotesi su amore, salute, lavoro.

Gli uomini dell’Est scrutano le stelle,

per segnare gli eventi e i trionfi,

ma gli uomini segnati dalla croce di Cristo

vanno lieti nel buio. (da La ballata del cavallo bianco)

Maria risponde così a un re che le aveva chiesto se avrebbe vinto una guerra imminente. Il punto non è vincere o non vincere, ma sapere se tutto può essere affrontato senza disperare. Ci preoccupiamo sempre dell’esito, della forma giusta in cui i fatti dovrebbere presentarsi. Invece il criterio cristiano è andare lieti nel buio. Avere una compagnia così solida da renderci coraggiosi anche quando non lo saremmo. Può essere che ci venga chiesto di attraversare il buio, di scendere nel abisso del dolore, di stentare dentro il pantano delle contraddizioni; non ci occorre essere preservati dal male, ma sapere che vale la pena affrontarlo perché non avrà mai il sopravvento definitivo e noi siamo alleati portavoce del disegno buono della Creazione.


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Così, se l’astrologo è colui che tenta di snebbiare la vista sul futuro, possiamo dire che Maria è colei che ci rassicura che anche nel buio pesto noi abbiamo già una Luce in tasca. Possiamo dire che non temiamo le peggiori previsioni, perché anche sotto un cielo cupo o nel mare il tempesta Qualcuno – misteriosamente e benedettamente – ci sta portando a casa.

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