All’Atelier dell’Errore questi ragazzi lavorano insieme come nelle botteghe rinascimentali e disegnano animali fantastici sulle cui possenti spalle depositano tutto il peso delle loro ferite. La settimana scorsa è stata premiata a Bologna una onlus di Reggio Emilia che lavora in collaborazione con il dipartimento di Neuropsichiatria Infantile dell’Ausl: un’esperienza nata nel 2002 con il nome di Atelier dell’Errore, dal 2015 si è ampliata in Atelier dell’Errore BIG per ospitare i giovani pazienti neuropsichiatrici che hanno compiuto la maggiore età. La loro sede è all’interno della Collezione Maramotti, galleria d’arte allestita nella sede originaria della fabbrica tessile di Achille Maramotti e nota ai più come Max Mara.
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L’Atelier, dunque, ha allargato l’orizzonte, da percorso terapeutico per i giovani pazienti è diventato anche occasione concreta di opportunità lavorativa, perché la creatività vissuta nei laboratori diretti da Luca Santiago Mora ha permesso a 7 ragazzi di diventare disegnatori per il gruppo Max Mara. Ad altri permetterà un inserimento lavorativo nell’ambito dell’arte e della creatività, a coronamento del desiderio dei loro genitori che avevano sollecitato il direttore Mora a non lasciare che l’esperienza artistica dell’Atelier fosse solo una parantesi virtuosa in vite segnate dalla sofferenza:
Non puoi pensare, Luca, di aprire la testa a ragazzini come i nostri con un percorso di 5, 6, 7, 10 anni in atelier, che sono per loro tesoro inestimabile, per poi pensare che maggiorenni, compiuti i 18 anni, tanti saluti e noi torniamo nel riempimento quotidiano della terapia occupazionale: avvitar bulloni, pulir polisportive, confezionar custodie per telefonini. (da Atelier dell’Errore)
Lavoro e disabilità
È un tema scottante, di cui ci si occupa per lamentare carenze soprattutto. I dati diffusi lo scorso novembre dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute ci informano che
soltanto il 18% dei 775.000 disabili iscritti alle listi di collocamento ha trovato un’occupazione. (da Disabili. com)
Fanno scalpore e suscitano scandalo i casi di falsi disabili che il mondo dell’informazione urla ai quattro venti, generando un malsano clima di diffidenza nel pensiero comune; passano quasi sotto silenzio gli inferni e le odissee dei veri disabili, capaci e capacissimi nei loro diversi modi di essere parte attiva della cosa pubblica. Sull’altro fronte le aziende: anche in questo caso si preferisce rendere noto e pubblico il lato oscuro, cioè la tendenza di molte ditte a pagare una multa piuttosto che rispettare i termini di legge sul numero di assunzioni di disabili. Il tornaconto cinico si fa due conti in tasca e segue la strada più comoda.
I casi virtuosi di aziende come la Teddy (che assume un disabile ogni cinque lavoratori e non ogni 15 come richiede la legge) vengono relegati a trafiletti naif quasi nostalgici, come fossero cose tanto belle che lasciamo fare agli altri.
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Solo un mese fa è stata celebrata la Giornata della Disabilità, che ha visto anche l’intervento del Presidente Mattarella a sostegno della valorizzazione dei talenti di tutti i portatori di handicap. In quell’occasione sono intervenuti i portavoce degli enti che operano nel settore, tra cui Daniele Regolo fondatore di Jobmetoo, l’agenzia nata con l’idea di allargare le possibilità di lavoro dei disabili in Italia, le cui parole hanno tracciato la cornice entro cui guardare al tema in modo sincero e propositivo:
In linea con quanto definito dalla Convenzione ONU sui Diritti delle persone con disabilità, il nuovo paradigma non mette più al centro la disabilità della persona ma la relazione che si instaura tra questa e il suo ambiente: è infatti in questo campo che si gioca la maggior o minore partecipazione alla vita sociale e produttiva della persona disabile. (da SuperAbile)
La bottega rinascimentale è una boutique
Al regno del homo homini lupus che è la selva del lavoro, una macchina il cui motore è alimentato da competizione sfrenata ed egoismo, la onlus Atelier dell’Errore risponde con una visione davvero umana dell’impegno: l’errore, appunto. Non l’idolo della meritocrazia – così osannata fino a trasformarla in un’eccellenza esclusiva … che esclude -, ma l’operosa gioia di essere insieme a fare qualcosa che nasce dalle nostre mani imperfette.
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L’errore è nelle storia di questi ragazzi con patologie neuropsichiatriche, è la loro ferita ma può essere il loro dono al mondo. Spiega Luca Santiago Mora:
Da 13 anni, come artista visivo ho dedicato un atelier ai bambini della Neuropsichiatria Infantile dell’AUSL di Reggio Emilia.
Ho iniziato per caso, se mai il caso esistesse, e all’inizio mi sembrava un errore essere lì, con loro.
Poi ho scoperto che loro si sentono quasi sempre errori, grazie a noi normali: a scuola, sull’autobus, alle feste di compleanno dove non vengono invitati mai…
Ma anche che sull’erroresi può costruire un meraviglioso metodo di lavoro per riscattare la potenzialità poeticadi questi ragazzini, sconosciuta a molti, a me per primo.
Almeno per questi tre motivi il nostro lo abbiamo chiamato Atelier dell’Errore.
In atelier abbiamo disegnato sempre e solo animali. Animali che nessuno ha visto mai, animali che, contrariamente all’aspetto spesso feroce ed aggressivo (è solo timidezza, o legittima difesa, dicono di loro in atelier) si fanno docili e con infinita pazienza portano sulle loro spalle molte proiezioni delle problematicità di questi ragazzini, portandole lontano, almeno per un po’, con grande sollievo, di tutti noi. ( da Atelier dell’errore)
L’errore, dunque, è anche un metodo di lavoro collettivo. I ragazzi disegnano dentro un museo e raffigurano solo animali immaginari, una specie di “oltrezoologia” – spiegano loro – bestie che i nostri scienziati non conoscono ma forse conosceranno negli anni. Perché non cancellare? Perché l’errore stimola a creare partendo da un imprevisto, e andando perciò a pescare risorse nell’inconscio lì dove le ferite urlano e chiedono di parlare.
Ciascuno di questi animali porta sulle sue larghe spalle tutte le loro esperienze di difficoltà- spiega Mora.
Perché lavorare insieme? L’esempio è quelle delle botteghe medievali e rinascimentali, in cui si formarono grandi talenti come quelli di Leonardo e Michelangelo. È solo un’abbaglio moderno quello di credere che per eccellere bisogna isolarsi; al contrario è nella partecipazione a un’opera comune che il singolo ha modo di scoprire meglio le proprie qualità. Lo sguardo di un altro che mi affianca, collabora, anche trasforma radicalmente, un progetto è occasione per stimolare competenze e doti che in solitudine rimarrebbero in letargo. E non riguardano il mero meccanismo della competitività, ma lo stupore verso l’imprevisto e l’accoglienza di una novità.
E, da ultimo, vale la pena ricordare che quel termine molto chic che è la boutique ha proprio la stessa etimologia di bottega. È un bene che questi ragazzi, che ora lavoreranno per una firma prestigiosa, siano un messaggio vivente per il mondo eclettico e convulso della moda. Certe collezioni di haute couture sembrano uscite dagli incubi di mostro cattivo e confuso, non c’è nulla di cui vantarsi nello spendere un mucchio di soldi per indossare l’ultimo tentativo chic di scandalizzare il pubblico.
Un vestito è ciò che si mette sopra la nostra persona, ed è formidabile che – per una volta, grazie a questo manipolo di giovani – possa assumere una sembianza autenticamente bella, che parla del tumulto irrisolto che tutti ci portiamo dentro.
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