A un parrocco sfugge Dio proprio la notte di Natale! Ritrovarlo sarà riscoprire che il vero tesoro prezioso si possiede solo quando si dona. Così il non credente Buzzati racconta il mistero di un Dio che si fa Bambino. “Dio che non esisti, ti prego” è l’incipit di una preghiera scritta da Dino Buzzati nel 1957 ed è anche il titolo di un bellissimo saggio di Lucia Bellaspiga, in cui si esplora il rapporto dello scrittore bellunese con il divino ed è lei a specificare che di quest’uomo non si può dire che sia stato ateo, bensì non credente. Rifiutò l’estrema unzione sul letto di morte, ma ogni suo frammento di sguardo, parola, giudizio parla di un rapporto intenso con Dio, una strada tortuosa verso un incontro che – anche se non ci fu nelle forme canoniche – fu desiderato con una forza e lucidità da cui noi praticanti dobbiamo attingere senza parsimonia.
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E così in questo periodo d’Avvento sono anche io ritornata alle sue parole, mentre attorno tutti puntano il dito verso quei tanti luoghi pubblici dove – ahimé! – è bandito il Natale nella sua accezione cristiana, Buzzati rivolta la questione come si fa con un calzino. Sembra volerci chiedere, uno per uno: e tu che ne fai della Buona Notizia di Betlemme? La custodisci chiusa a chiave in casa tua o la doni a chi ti circonda?
La vera natura del Dio che si fa Uomo è il donarsi; se gli uomini tradiscono questo dato, Dio sparisce letteralmente. È quello che Buzzati immagina nel suo Racconto di Natale e che dimostra una sua conoscenza approfondita e puntuale dei testi sacri. La premessa, o lo spunto, di questa storia fantastica pare proprio quel passo della Lettera ai Filippesi in cui San Paolo nota:
Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù,
il quale, pur essendo di natura divina,
non considerò un tesoro geloso
la sua uguaglianza con Dio.
L’uomo è geloso, invece. Chiude le porte e sbarra le finestre, sigilla i suoi tesori e smette di meravigliarsi di quelli che stanno fuori. Da questo non credente che fu Buzzati sono disposta a farmi insegnare che il Dio in cui credo è proprio quel tesoro che più si condivide più aumenta.
Dio, pazientissimo, giorno e notte ci insegue, dove meno si pensa ci attende all’agguato, non ha bisogno di croce o di altari. (da Acqua chiusa)
Dove un uomo prega davvero c’è una luce pazzesca
Una cattedrale enorme, di notte, fa paura: è un luogo freddo e intricato come un labirinto.
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Peccato per l’Arcivescovo, che è solo e deve stare proprio lì dentro la notte di Natale, quando tutti fanno festa al calduccio a casa propria, ridendo coi parenti e mangiando a sazietà. Peccato? Proprio no. Il Racconto di Natale di Buzzati comincia con un traboccare di luce, quella di chi sta in vera compagnia con Dio, pregando:
L’arcivescovo ha Dio, la sera di Natale. Inginocchiato solo soletto nel mezzo della cattedrale gelida e deserta a prima vista potrebbe quasi far pena, e invece se si sapesse! Solo soletto non è, non ha neanche freddo, né si sente abbandonato. Nella sera di Natale Dio dilaga nel tempio, per l’arcivescovo, le navate ne rigurgitano letteralmente, al punto che le porte stentano a chiudersi; e, pur mancando le stufe, fa così caldo che le vecchie bisce bianche si risvegliano nei sepolcri degli storici abati e salgono dagli sfiatatoi dei sotterranei sporgendo gentilmente la testa dalle balaustre dei confessionali. Così, quella sera il Duomo; traboccante di Dio.
Il rapporto vivo dell’Arcivescovo con Dio genera un dilatarsi di luce incarnata che si fa accoglienza, infatti un poveretto che passa per strada si ferma per elemosinare un po’ di quel bello. Ma trova, come un cane da guardia, Don Valentino preoccupatissimo che l’Arcivescovo non sia disturbato e, soprattutto, che i preparativi per la Messa di Natale non vengano alterati. Il povero Don Valentino si caccia in un bel guaio, mandando via il questuante fa sparire la presenza di Dio nella Cattedrale:
“Che quantità di Dio! ” esclamò sorridendo costui guardandosi intorno – “Che bellezza! Lo si sente perfino di fuori. Monsignore, non me ne potrebbe lasciare un pochino? Pensi, è la sera di Natale.”
“E’ di sua eccellenza l’arcivescovo” rispose il prete. “Serve a lui, fra un paio d’ore”. […]
Ma come il disgraziato uscì dalla chiesa, nello stesso istante Dio disparve. Sgomento, don Valentino si guardava intorno, scrutando le volte tenebrose: Dio non c’era neppure lassù. Lo spettacoloso apparato di colonne, statue, baldacchini, altari, catafalchi, candelabri, panneggi, di solito così misterioso e potente, era diventato all’improvviso inospitale e sinistro.
Chi aveva davvero bussato alla porta? Forse Dio scappa via insieme al poveretto scacciato dalla chiesa, fa quello che Don Valentino non ha voluto fare.
Chi adoriamo in Chiesa, un idolo o una Presenza? Forse Dio smette di esistere tra gli uomini proprio quando è oggetto di venerazione e non motore di una compagnia.
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Don Valentino deve rimediare all’intoppo: non può esserci una Messa di Natale senza Dio, dunque esce di chiesa e cerca di ritrovarlo. In fondo, compie su di sé il passo gigantesco dell’Incarnazione, quando Dio scelse di uscire dalla Luce perfetta e maestosa del Cielo per camminare da uomo tra gli uomini. Sarà una ricerca difficile quella del parroco, perché proprio dove trova una compagnia umana che festeggia Dio nessuno è disposto a condividerlo con lui. Bussa alla porta di casa di una famiglia e viene gentilmente rifiutato:
“Caro il mio don Valentino” fece il capofamiglia. “Lei dimentica, direi, che oggi è Natale. Proprio oggi i miei figli dovrebbero far a meno di Dio? Mi meraviglio, don Valentino.”
E nell’attimo stesso che l’uomo diceva così Iddio sgusciò fuori dalla stanza, i sorrisi giocondi si spensero e il cappone arrosto sembrò sabbia tra i denti.
Non solo il buio avanza, ma ogni cosa perde gusto se l’egoismo prevale. Quante volte abbiamo sentito o ripetuto: “E venne ad abitare in mezzo a noi”? Eppure spesso Dio non è il centro di una casa viva, ma di un’adorazione privata intermittente.
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Come alla Sacra Famiglia fu rifiutato un alloggio, anche Don Valentino deve scarpinare al freddo e al buio per ritrovare il calore della grotta dove nacque Gesù.
Andò ancora più lontano, cercando. Dio pareva farsi sempre più raro e chi ne possedeva un poco non voleva cederlo (ma nell’atto stesso che lui rispondeva di no, Dio scompariva, allontanandosi progressivamente).
Non donare Dio equivale a perderlo anche per sé. A Natale è tutto un tripudio di regali, abbiamo forse perso la memoria del perché: l’Amore vero si è donato a noi, senza limiti. Maria e Giuseppe hanno fin da subito donato la presenza di quel Bambino ai pastori e ai Magi. Non hanno fatto della grotta di Betlemme un rifugio segreto, ma una casa … un luogo domestico … in cui hanno accolto degli sconosciuti. Per quanto fossero essi stessi stranieri lì, fecero una casa. Perché da quel giorno ciascuno poté guardare in faccia il proprio Padre.
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La sorpresa finale a cui ci accompagna il bravo Buzzati è un ulteriore ribaltamento, peraltro ancora fedelissimo al San Paolo della lettera ai Filippesi …. che, quindi – viene da pensare -, il non credente abbia meditato molto bene: “Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù” (3,12). Don Valentino cammina, corre per riagguantare Dio e in realtà non deve fare altro che riscoprire che è Dio che per primo ci riagguanta tutte le volte che scappiamo. Modificando leggermente la canzoncina di “Aggiungi un posto a tavola”, la Sua porta è sempre aperta, la Sua luce è sempre accesa. E noi siamo il figliol prodigo che di anno in anno, smarrendosi lungo mille percorsi, si stupisce di essere arrivato di nuovo a casa, a Betlemme:
Finché [Don Valentino] udì un coro disteso e patetico, voci d’angelo, un raggio di luce filtrava nella nebbia. Aprì una porticina di legno: era una grandissima chiesa e nel mezzo, tra pochi lumini, un prete stava pregando. E la chiesa era piena di paradiso.
“Fratello” gemette don Valentino, al limite delle forze, irto di ghiaccioli “abbi pietà di me. Il mio arcivescovo per colpa mia è rimasto solo e ha bisogno di Dio. Dammene un poco, ti prego.” Lentamente si voltò colui che stava pregando. E don Valentino, riconoscendolo, si fece, se era possibile, ancora più pallido. “Buon Natale a te, don Valentino” esclamò l’arcivescovo facendosi incontro, tutto recinto di Dio. “Benedetto ragazzo, ma dove ti eri cacciato? Si può sapere che cosa sei andato a cercar fuori in questa notte da lupi?”