Fa discutere l’affermazione di Cristiano Ceresani per cui una parte di responsabilità per le devastazioni senza precedenti che l’ecosistema soffre andrebbe a Satana. Qualcuno vi ha inteso un tentativo di deresponsabilizzare l’uomo, ma proponendo alla fede l’esistenza e l’azione di satana la dottrina cristiana lumeggia le contraddizioni della coscienza umana, non la solleva dai propri oneri. E proprio in quanto tali, i cristiani hanno degli oneri particolari nei confronti nel mondo – specie negli “ultimi tempi”.
Ha destato polemiche l’affermazione di Cristiano Ceresani, il quale ieri presentando il proprio libro a Uno Mattina ha affermato che «il riscaldamento globale è colpa di Satana». A onor del vero, questo lo hanno riportato i giornali per acchiappare clic: Ceresani invece è stato molto chiaro nel precisare:
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Ovviamente è colpa dell’uomo: della sua incuria, della sua avarizia, della sua ingordigia. Se abbiamo calpestato questo pianeta – che è l’unico che abbiamo e che non possiamo sostituire – è colpa dell’uomo: ma nell’uomo, ma nella storia umana, agiscono forze trascendenti. Nel cuore dell’uomo agisce la tentazione. Io nel libro cerco di spiegare come il fatto che Satana, negli ultimi tempi che precedono la parusia sarà scagliato sulla terra con grande furore sapendo che gli resta poco tempo proprio per prendere di mira il creato e la creazione… è un dato teologico. Dinanzi a questo dato teologico io faccio delle domande. Dico: perché ci viene rivelato questo? Perché – andando a leggere le Scritture – questo tema dello sconvolgimento finale viene evocato? Lo paragono a quel che accade oggi: quel che accade oggi è qualcosa di del tutto inedito nella storia dell’umanità, e gli scenari che abbiamo – che ci hanno raccontato prima – sono molto pericolosi per la sopravvivenza del genere umano.
Penso di non essere stato l’unico ad aver scoperto ieri l’esistenza e il nome di Cristiano Ceresani, che ho appreso essere attuale capo-gabinetto del ministero per la Famiglia e la disabilità, mentre durante il governo Renzi lo stesso aveva lavorato come capo dell’ufficio legislativo della sottosegretaria Maria Elena Boschi: un profilo professionale evidentemente spiccato, più tecnico che politico, e una formazione schiettamente giuridica. Eppure quanta accuratezza ho riscontrato nella metodologia e nella terminologia teologiche adoperate. Difficile che quanti lo irridono – a cominciare dall’ateissimo @dio di Twitter – le padroneggino in misura competente…
Ceresani non ha sparato slogan da acchiappafantasmi, quali ogni giorno ne sfornano quanti vellicano nella gente la paura e la voglia di vedere satana all’opera – che poi sono due fra i primi sintomi della sua sottile azione. Ceresani ha richiamato alcuni dati esperienziali confortati dalla rivelazione giudaico-cristiana: il primo è che nell’uomo e nella storia agiscono forze che trascendono il singolo individuo.
La tentazione nella coscienza individuale e in società
Negare questo implicherebbe disconoscere l’influsso di realtà pervasive come la propaganda politica e la pubblicità commerciale, che sono alcuni tra i più aggressivi elementi che cercano di esercitare una “moral suasion” sugli uomini. Se non si vuole arrivare a tanto bisognerà riconoscere che il pregiudizio verte sul solo punto che né la pubblicità né la propaganda sono agenti preternaturali (gli scientisti dicono “soprannaturali” tout court perché sono ignoranti), mentre di satana si pretende che lo sia. I nipotini di Comte si ritrovano però nel medesimo cul de sac del loro celebre patriarca, ossia non hanno modo di spiegare come mai la coscienza umana – insorgenza unica in tutto il regno animale – si dibatta perennemente tra una sincera aspirazione al bene e una tenace inclinazione al male. A questa esperienza risponde la rivelazione divina che propone a credere «un infelicissimo mistero di cui sappiamo ben poco», quello di «un essere personale perverso e pervertitore», in cui per la prima volta il delicato ingranaggio della libertà è imploso in sé stesso e ha trasformato la persona cui apparteneva in uno schiavo illuso di regnare su qualcosa, un impotente rabbioso il cui intento è persuadere quante più creature possibile di essere il vero martire del creato, una sorta di Spartaco cosmico destinato a vincere.
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Invece – qui sta il nodo geniale tra storia e dogma, che solo la teologia cristiana custodisce in simile modo – il “prodigioso duello” (cf. Victimæ paschali laudes) in cui Dio ha affrontato e sconfitto Satana ha posto in atto nel tempo il giudizio escatologico di Dio, guardando al quale la stessa creazione era stata posta in essere: questo ha comportato una rivoluzione copernicana nella filosofia della storia (sia greca sia giudaica), dal momento che il fatto fondamentale della vicenda umana – quello per cui tutte le cose possono stare o cadere – non era più di là da venire ma era già a disposizione di quanti volessero appoggiarvisi. In una sola parola, questo ha inaugurato gli “ultimi tempi”. Ben lungi da questa semplice chiarezza si muovono quanti di giorno in giorno strillano che “questi sono i tempi ultimi”, come se quelli di ieri non fossero tali. Tutta la storia dopo Cristo è “tempo ultimo”, perché il Giudizio di Dio è già avvenuto.
Il “prodigioso duello” avviene sempre fra due misteri
Ne abbiamo parlato per altri versi pochi giorni fa, ma ricapitoliamo qui: il “prodigioso duello” – che si è compiuto essenzialmente nella persona di Gesù Cristo, «irradiazione della gloria di Dio e impronta della sua sostanza» (Eb 1, 3) – è consistito in realtà nella massima, semplicissima e assolutamente inerme offerta d’amore da parte di Dio. Questo è il mistero di Cristo, il Mistero con la m maiuscola di cui parla l’autore paolino (Col 1, 26-27. 2, 2-3), quello che era rimasto nascosto fin dalla fondazione del mondo: che malgrado le innumerevoli contraddizioni della condizione umana nel mondo Dio è buono, ci ama, ci perdona e ci vuole salvi e santi, con Sé per sempre – al punto da consegnarsi nelle nostre mani a qualunque costo.
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Quest’offerta di amore sfacciato e spudorato – il mysterium pietatis (1Tim 3, 16) – ha urtato e provocato a fatale reazione – come l’acqua ossigenata su una ferita – il mysterium iniquitatis (2Tes 2, 7) che era già in atto. Etimologicamente invidioso, cioè accecato dalla propria rabbia, il diavolo non poteva vedere, non poteva credere: la sua reazione – l’attacco frontale a chi sapeva benissimo essere il Figlio di Dio – è stata la più stupida e sconsiderata di quelle possibili. Il dio collerico che pensava di scatenare finalmente contro la creazione non è stato scatenato (perché non esisteva – non esiste): il Leone di Giuda si è fatto immolare come un Agnello, e a nulla è valso a Satana conoscere a menadito le Scritture (i profeti parlano sotto azione dello Spirito, ma senza lo Spirito è impossibile capire cosa dicono). Satana pensava quindi di scoperchiare per gli uomini il vaso di Pandora… e invece ha fatto aprire lo scrigno dei tesori della misericordia. Ecco quando e come, per il mondo e per il diavolo, sono cominciati i “tempi ultimi”. La Croce ha completato l’abbattimento del Prevaricatore – cominciato nelle regioni celesti (Ap 12, 8) e proseguito con l’annuncio del Regno da parte di Gesù (Lc 10, 18) – e ha fatto sì che cominciasse a vagare rabbiosamente nel mondo, «sapendo che non gli resta più molto tempo».
Questo è dunque il dato teologico che Ceresani richiama, e tanto correttamente da non dare adito a letture deresponsabilizzanti: il tentatore, infatti, può influenzare sempre e soltanto l’intelletto delle creature, non la volontà (se non appunto per il tramite dell’intelletto), così che ogni atto peccaminoso degli uomini è sempre libero e comporta la responsabilità che lo rende colpevole, oltre che a quella dose di inconsapevolezza e debolezza che lo fa emendabile.
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Le domande poste dal tecnico del governo, a quanto lo stesso afferma nel celebre contenitore delle reti Rai, vertono sulla responsabilità dell’uomo in ordine al global warming: penso che – se di fronte a dei poveri materialisti sia normale che passino per folkloristici i riferimenti a Satana – l’anomalia drammatica sia da registrare nel fronte interno, laddove una bella fronda dei cattolici che prendono parte attiva nell’animazione dell’italica blogosfera sembra irridere lo stesso riferimento al riscaldamento globale. E spesso gli argomenti non si alzano di un millimetro dal livello dello straw man argument, dunque se per un attimo i detrattori si stupiscono che Ceresani collabori con un Ministro che va alla messa in latino (intendendo con ciò il vetus ordo) trovano subito di che riprendersi ricordando che lavorava anche con la delfina di Renzi. Dunque «nulla di strano che sia sensibile a temi cattocomunisti».
I distinti fronti di un unico assalto
Anche qui, come in altri casi, si uniscono «fanatismo ideologico, stupidità censoria, indole intollerante, odio politico, rancore da combriccola letteraria offesa per il successo […] di un outsider». Particolarmente grottesco è che quanti si vantano tronfiamente di ridere del global warming (’manco fossero Trump: almeno lui ha da guadagnare – e molto – dal venir meno agli accordi sul clima) sono quelli che più spesso citano le parole che il compianto cardinal Carlo Caffarra riferì di aver raccolto da suor Lucia di Fatima:
Verrà un momento in cui la battaglia decisiva tra il regno di Cristo e Satana sarà sul matrimonio e sulla famiglia. E coloro che lavoreranno per il bene della famiglia sperimenteranno la persecuzione e la tribolazione. Ma non bisogna aver paura, perché la Madonna gli ha già schiacciato la testa.
Come si possa pensare di sostenere la famiglia lasciandone la casa nell’incuria è cosa che desta meraviglia a chiunque si cimenti di tanto in tanto nella riflessione. Proprio sabato scorso il cardinal Bassetti ha richiamato i cattolici a superare certe assurde dicotomie, quando rispondendo a Giacomo Gambassi in un’intervista per Avvenire il porporato ha detto:
La politica per i cristiani non è il luogo per fare soldi o per avere il potere. È all’opposto il luogo del servizio, di chi non si lascia corrompere e del «martirio quotidiano». Come pastore ho il dovere di ricordare e suggerire ai laici di servirsi di quel tesoro prezioso che è la Dottrina sociale della Chiesa. Un tesoro a disposizione dell’umanità intera, ma che non è ancora stato compreso appieno. Se fosse stato veramente recepito, avremmo superato quella sterile divisione del passato tra i cosiddetti “cattolici del sociale” e i “cattolici della morale”. Dobbiamo tornare all’unità del messaggio evangelico e capire fino in fondo che la difesa della vita e della famiglia è collegata inscindibilmente con la cura dei poveri, degli ultimi e degli scarti della società.
Il “ritardo ecologico” di alcune Chiese e lo spunto brillante di quella in Francia
Se posso permettermi una valutazione personale, da osservatore in qualche modo coinvolto nell’attivismo cattolico italiano, credo che la più profonda radice della divisione che vanifica e rende da tempo irrilevante la presenza dei cattolici nella nostra società (e nella sua rappresentanza politica) sia la deformazione che porta a vivere la fede cristiana come una declinazione fra altre (forse la più alta, ma è lo stesso) di un’attitudine politica di base. Così uno decide se essere “di destra” o “di sinistra” e in base a questa previa opzione fondamentale di tipo politico si avvicina all’offerta religiosa – quasi fosse un buffet – per spiluccare quel che meglio gli va a genio. Questo non è un male esclusivo della Chiesa in Italia, anzi per quel che posso vedere (e relativamente a quel poco che conta il mio giudizio) mi pare che negli Stati Uniti il problema sia ben più marcato: il flagello della Chiesa in Germania è senza dubbio la ricchezza, quello delle Chiese ortodosse è certamente la simbiosi con il potere politico… ma devo dire che nel cattolicesimo francese, già animato nel Novecento da fecondissime esperienze, ravviso qualcosa che sembra corrispondere perfettamente a quanto Bassetti, citando La Pira, ricordava.
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Nella prefazione a La vie oubliée (La vita dimenticata), ad esempio, Erwan Le Morhedec (avvocato, scrittore nonché uno dei blogger cattolici più influenti in Francia) scrive di avere un percorso di vita molto distante da quello di Mahaut e Johannes Herrmann, gli autori del libro: ma
[…] noi siamo – anzitutto e soprattutto – cattolici tutti e tre, e una volontà comune ci anima: lasciarci sospingere dall’insegnamento della Chiesa, dargli il primo posto. Tentare il cattolicesimo integrale. La nostra fedeltà non va a un partito né a un campo politico. Essa va anzitutto a Cristo e alla Chiesa. Allora, coi nostri percorsi personali, con le nostre storie e con le nostre culture famigliari, ci sforziamo di lasciarci interpellare.
Erwan Le Morhedec, Préface in Mahaut e Johannes Herrmann, La vie oubliée 5-6
Qualcuno teme che se diamo al migrante lo stesso valore che conferiamo all’embrione stiamo svilendo la potenza del Vangelo della Vita, mentre altri temono che attribuire al nascituro i diritti dei poveri possa rallentare Il Progresso dei popoli: in realtà gli uni e gli altri perdono di vista che uno e medesimo è il presupposto teologico che sospinge la Chiesa alla cura incondizionata del nascituro e dei poveri – la contemplazione di Cristo «che viene nel mondo» (cf. Mt 11, 2-6). È un dato puramente dogmatico – ed è l’uno e il medesimo! – che spinge la ragione a indagare la dignità dell’essere umano, e non è certo stato un caso che il concetto stesso di “persona” sia stato forgiato proprio dalla dogmatica cristiana a vantaggio di tutta l’umanità.
La posta in gioco e l’onere dei cristiani
Ceresani ha ragione: è proprio Satana che lavora perché distruggiamo la nostra casa comune, ed è per lui un ineffabile (per quanto caduco) trionfo riuscire a far dimenticare a molti fra noi che questo mondo è detto “casa comune” perché appartiene già anche ai nascituri, a quelli che ancora non vedono la luce. È un’offensiva differenziata su fronti appena distinti, ma tutti protesi all’abbrutimento dell’uomo, che nella buona vita famigliare trova una valida analogia della comunione trinitaria e nella cura del giardino corrisponde al primo mandato (Gen 2, 15), quello di cui il “siate fecondi” (Gen 1, 28) è un’espansione anticipata con prolessi nel primo dei due racconti.
Nessuna vera ecologia è in realtà possibile al di fuori di questo orizzonte ermeneutico, e difatti le opzioni attualmente in campo oscillano tra lo sfruttamento selvaggio e irresponsabile delle risorse non rinnovabili del pianeta e la demonizzazione della presenza antropica nel mondo. In questo contesto, sui cristiani grava molto concretamente il rischio di rendersi colpevoli di una fatale omissione.
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Non voglio dire che manchi in Italia chi parla di “ecologia integrale”: se ne parla e se ne scrive, sì, ma sempre in contesti di nicchia e autoreferenziali. Fondamentalmente lo si fa in alcuni (pochi) circoli culturali e in qualche istanza accademica o para-accademica (pensiamo al Dicastero vaticano per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale). Manca però, almeno nel panorama italiano, qualche realtà che dia il colpo di reni necessario a produrre un’elaborazione culturale accurata e popolare: non “divulgativa”, perché non è questione di chiedere a qualche accademico di spiegare cose alte a chi si occupa d’altro; si tratta invece di portare le persone ordinarie – tra cui non mancano quelle molto dotate per la riflessione – a una comprensione profonda e intelligente di ciò che tutti vivono.
La posta in gioco è quella che ha detto Ceresani.