Agnieszka Pisuła, medico e madre di 4 figli, ha vissuto pienamente la sua fede nella situazione più drammaticaLa dottoressa Agnieszka Pisuła – psichiatra, psicologa e psicoterapeuta – è morta di cancro il 27 marzo 2018, Martedì Santo. Aveva optato per un trattamento limitato per proteggere la bambina che portava in grembo, poi nata sana. Abbiamo incontrato il marito, il dottor Tomasz Ginter, due settimane dopo la sua morte. Vi offriamo questa toccante testimonianza di un amore che “va oltre”.
Ci racconti di sua moglie. Com’era?
Sorrideva sempre. Sembrava che sorridesse sempre, anche quando era arrabbiata con me. Ho dovuto imparare a capire quando era irritata, e mi ci è voluto del tempo. Quel sorriso si può vedere in quasi tutte le sue foto.
Su Internet ci sono molte opinioni su sua moglie. Si dice che era un ottimo medico e anche che era calorosa, attenta e interessata ai suoi pazienti, che vedeva più di quanto faccia la maggior parte dei medici. Era così anche a casa?
Aga era una psicologa e un medico con due specializzazioni – psichiatra per bambini e adulti e psichiatra giovanile. A volte le bastava guardare una persona per effettuare una diagnosi. E non accadeva solo nel suo settore di specializzazione. Un giorno ha diagnosticato al telefono la malattia di Lyme alla figlia di un’amica che da due mesi passava di medico in medico senza che nessuno riuscisse a capire cosa aveva.
C’erano volte in cui viveva i problemi dei suoi pazienti; la chiamavano spesso. All’inizio mi ci arrabbiavo, ma alla fine l’ho ammirata per questo.
Mi ricordo quando è nato il nostro figlio maggiore. Ad Aga si sono rotte le acque e abbiamo preso tutto l’occorrente per andare in ospedale. Aspettavo con le chiavi della macchina in mano e lei stava ancora in cucina finendo di scrivere il rapporto su un paziente. Ha partorito mezz’ora dopo.
Ha sempre avuto parti rapidi. Diceva sempre che non poteva permettersi un travaglio di 15 ore, come capita ad alcune donne, perché si sarebbe annoiata e se ne sarebbe andata.
Come avete avuto la diagnosi della sua malattia?
Aga era alla quarta gravidanza. L’abbiamo scoperto alla fine di novembre. All’inizio hanno detto che c’era un’elevata possibilità di un tumore, e poi abbiamo scoperto che era un sarcoma. Aga ha iniziato le cure dopo Capodanno.
I medici hanno suggerito di porre fine alla gravidanza?
Una dottoressa sì. Quando le abbiamo comunicato la diagnosi – e quella non è stata la prima visita medica da lei –, ha proposto con grande enfasi di prendere seriamente in considerazione quella soluzione. Aga era alla 19ma, forse 20ma settimana di gravidanza, e quindi ha raccomandato di sbrigarci con tutti i test diagnostici per poter abortire prima della 22ma settimana.
Siamo rimasti scioccati dal fatto che non ci abbia mai proposto un’ecografia. Ha esaminato Aga solo su sua richiesta. Mia moglie ha fatto coraggiosamente buon viso a cattivo gioco, ma dopo che abbiamo lasciato lo studio ha pianto. In qualche modo, al momento non capivo tutta la situazione.
Ci si può preparare a una situazione del genere? Dopo tutto, sapevate cosa significava, cosa sarebbe accaduto se aveste deciso di non porre fine alla gravidanza.
Sospetto che Aga capisse tutto molto meglio di me, ma ha deciso di combattere la malattia. Ci siamo rapidamente messi in contatto con una fondazione che si è presa cura di lei fino alla fine. Eravamo circondati da esempi di molte madri che avevano avuto un cancro, erano sopravvissute e avevano dato alla luce bambini sani.
All’epoca della diagnosi abbiamo saputo che Aga aveva un sarcoma maligno a un polmone, e da nessun’altra parte. È stato sulla base di quell’informazione che abbiamo preso la nostra decisione. La sua chemioterapia è stata più leggera per via della gravidanza.
Abbiamo avuto grandi speranze per tutto il tempo, ma la nostra speranza veniva sistematicamente minata da ulteriori diagnosi, soprattutto dall’ultima risonanza magnetica alla testa, che ha evidenziato 20 punti con presenza di metastasi. Sospetto che capisse la gravità della situazione, ma ha pensato che non cambiava niente: avremmo continuato a lottare.
Durante il discorso funebre, l’arcivescovo Hoser ha sottolineato che sua moglie – che aveva incontrato tre settimane prima della sua morte – era incredibilmente calma e fiduciosa, e che aveva dentro di sé una gioia che si può comprendere solo in una prospettiva di fede.
Aga ha davvero sperato per tutto il tempo e viveva normalmente. All’inizio rideva del fatto che la gente fosse delusa quando veniva a trovarci perché si aspettava che lei fosse una specie di zombie mentre sembrava la stessa di sempre.
Anche dopo la chemioterapia, che le aveva fatto perdere i capelli, non è cambiato nient’altro. Fino all’ultima settimana (perché una settimana prima di morire ha avuto tre attacchi epilettici) diceva che se non avesse saputo la diagnosi tutto sarebbe stato come sempre; a livello somatico non era accaduto niente. È stata fisicamente in forma fino all’ultima settimana.
Quindi nella vostra vita quotidiana non è cambiato niente. E nella vita spirituale?
Quello che è cambiato è che tutto era di più. Aga è stata sempre una persona pia, molto più di me – è stata lei a riavvicinarmi alla Chiesa, in modo molto saggio, attraverso l’incoraggiamento e l’esempio.
Abbiamo pregato di più, abbiamo recitato la novena a Nostra Signora del Rosario, ma penso che nella sua religiosità non sia cambiato niente. Credeva come sempre. La sua era una fede calma, sicura, senza esperienze mistiche ma piena della certezza confortante che Dio ci ama, che ci ascolterà e che dovremmo accettare tutto ciò che ci dà.
Molte persone non riescono a credere che Dio sia buono in momenti come quello che ha sperimentato la sua famiglia. Come siete riusciti a non perdere la fede?
È difficile credere, bisogna solo accettare. Il nostro figlio più piccolo ha chiesto perché Dio ha voluto uccidere la mamma. Sto lottando per spiegargli che non è così.
Senza Dio niente avrebbe senso. C’era una persona, quella persona non c’è più, la fine… Senza una prospettiva più ampia, escatologica (dell’aldilà), non ci sarebbe altro da fare che sedersi e restare lì. L’accettazione del fatto che Dio esiste, con tutte le conseguenze del fatto che crediamo in Lui, presuppone anche la fiducia incondizionata, che è difficile da trovare in una situazione del genere ma è quella che dà un senso ulteriore alla nostra vita.
Lei indossa due fedi nuziali…
Una è la mia, l’altra è di mia moglie. L’ho messa in ospedale quando le stavo dicendo addio. Stavano portando il suo corpo nella morgue e mi è stato detto di prendere tutti i suoi effetti personali. Ho preso la sua fede nuziale e l’ho messa nel primo posto che mi è venuto in mente, e ora la indosso. Probabilmente rimarrà là.
Molte persone pensano che sua moglie sia morta come una santa e l’hanno paragonata a Santa Gianna Beretta Molla – stessa età, stessa professione, stesso numero di figli. Cosa ne pensa?
Conoscevamo la storia di Gianna Beretta Molla, ma continuavo a dirmi che per via di quelle similitudini Aga non doveva preoccuparsi. Dopo tutto, perché Dio avrebbe dovuto volere due persone del genere? Ne ridevamo.
Questa santa ci ha comunque accompagnati durante la malattia. Siamo andati nella chiesa in cui si trovano le sue reliquie, e lì Aga ha trovato una traduzione di una delle lettere di Santa Gianna al marito. L’ho letta e ho capito che rispetto a lei siamo dei pagani! Era chiaro che nella loro famiglia Dio era davvero al primo posto; facevano appello a Lui nelle cose ordinarie di tutti i giorni. E allora dicevo ad Aga: “Vedi, Dio prende i santi, tu non devi preoccuparti!”
Il secondo nome di Bogna (la nostra figlia più piccola) è Joanna (Gianna in polacco), da questa santa. La cappella dell’ospedale ha preso il nome di Santa Gianna. Abbiamo pregato una novena a lei. E all’inizio, quando abbiamo ricevuto la diagnosi, abbiamo anche ricevuto le sue reliquie da portare a casa.
Francamente questa santa mi faceva un po’ paura. Presentava la prospettiva in base alla quale le cose potessero finire male. Ho avuto un atteggiamento molto ambivalente nei suoi confronti, ma a un certo punto ho capito che dovevo dire “Sia fatta la tua volontà”, che è Dio che decide. Anche se ovviamente volevamo evitare questo epilogo.
Quando avete incontrato per la prima volta Santa Gianna lei ha detto a sua moglie che avrebbe dovuto fare molta strada per assomigliarle. Lo pensa ancora?
Nessuno è profeta in casa propria. Per me è davvero difficile parlare di questa prospettiva di santità. Ovviamente sarei estremamente orgoglioso se risultasse che ho condiviso la mia vita con una santa. Dall’altro lato, penso che sia – e lo è – un pensiero piuttosto egoistico, che non sarei in grado di ricoprire il ruolo di marito di una santa perché ho una lunghissima strada da percorrere prima di diventare un santo!
Quando ora guardo indietro noto alcune cose. Ad esempio, Aga non ha mai lottato con la gente, neanche con le persone che erano cattive con lei – io sono il tipo che si arrabbia, lei andava avanti per la sua strada. Aga non ha neanche mai ferito nessuno, e la gente lo conferma.
Una nostra amica, anche lei medico, mi ha detto che nel momento esatto in cui Aga stava morendo ha sentito di essere profondamente immersa nell’amore di Dio. Ha sentito di essere immensamente amata da Dio, quasi assorbita da quell’amore. Si è sentita a casa. Solo quando l’ho chiamata per dirle che Aga era morta ha capito cosa significasse.
La notte in cui Aga è morta, il suo medico ha fatto un sogno in cui l’ha vista felice sotto il sole in un prato pieno di fiori.
Il sacerdote che ha pregato per la resurrezione di Aga dopo la sua morte mi ha detto di aver avuto una visione di Aga felice avvolta in Cristo. Ha detto di non aver mai avuto una visione così felice di una persona per cui aveva pregato.
È questo che possiamo dire oggettivamente. Anche ciò che è accaduto al funerale è stato un segno oggettivo. C’erano moltissime fiori, come non se ne vedono mai nei funerali ordinari. Un vecchio operatore del cimitero mi ha chiesto quale persona importante stavano seppellendo, perché non aveva mai visto tanti fiori. Hanno dovuto essere messi sul vialetto, perché non riuscivano a entrare tutti sulla tomba.
Quando ha saputo come poteva finire questa storia, Agnieszka ha cercato di preparare lei e i bambini?
Onestamente Aga ha protetto tutti noi, e quindi non ha detto ai bambini che stava morendo. Io stesso non ho creduto fino all’ultimo che sarebbe morta. Ho perfino cercato di risuscitarla. Fin dall’inizio, non ho mai colto la gravità della situazione.
Durante la sua malattia abbiamo avuto molti segni positivi da Dio, testimonianze, assicurazioni del fatto che le cose sarebbero andate bene. Continuavo a dirmi che Dio non può essere così falso e cattivo, che ci dava tanti segnali positivi e non avrebbe permesso che finisse male. Non credevo che Aga sarebbe morta.
Oggi, però, credo che Dio, nella sua saggezza, mi abbia protetto da quella consapevolezza perché se avessi saputo fin dall’inizio come sarebbe finita sarei crollato, non sarei riuscito ad essere un grande sostegno come sono invece stato per lei. Non sarei riuscito a sopportare la situazione, e allora lei avrebbe dovuto confortare e sostenere me anziché il contrario.
Suppongo di essere stato risparmiato per via dei miei difetti e delle mie imperfezioni. Parlando a livello logico – se in questa situazione è possibile applicare la logica, ma dev’essere così visto che Dio ci ha dato il cervello e la logica per qualcosa –, Dio mi ha protetto fino alla morte di Aga.