La fatica di essere il secondogenito quando l’amato fratello maggiore è morto; il peso delle aspettative altrui e proprie e la grazia di essere stati messi al mondo. Francesco, fratello di Filippo Bataloni, è un miracolo nelle vite dei suoi genitori per innumerevoli motivi, uno dei quali il non lasciarli mai tranquilli…di Anna Mazzitelli
Un anno fa, in questi giorni di fine novembre, io e Stefano abbiamo diffuso la notizia dell’uscita del nostro libro. Libro che racconta la storia della malattia e della nascita al cielo di Filippo. Libro che poi è uscito a marzo scorso, e che abbiamo portato un po’ in giro per testimoniare quello che ci è successo e quanto e come Dio sia intervenuto nelle nostre vite, rovesciandole, e riempiendole di Lui.
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Ieri qualcuno mi ha chiesto di buttare giù un nuovo post, e in realtà questo post già girava nella mia testa da qualche giorno, ma novembre non è un mese facile, e quindi mi stavo trastullando nella malinconia e l’avevo messo in un cantuccio, in attesa di tempi migliori.
Oggi però, mentre portavo a catechismo Francesco, nel traffico di Roma ascoltavamo uno dei 5 Passi di Padre Maurizio, e lui a un certo punto ha usato la parola INENARRABILE, che ho trovato affascinante, e allora ho deciso di sforzarmi di scrivere, pur di usarla. E vediamo se riesco a infilarla da qualche parte.
Dopo l’uscita del libro, Francesco, che ora ha 10 anni e vive una prematura preadolescenza, ci ha chiesto più volte di scriverne un altro, che parlasse di lui.
Per tutta la vita gravato del peso di un fratello maggiore malato e ingombrante, Francesco non sa fare ora il fratello maggiore, è un eterno figlio di mezzo al quale manca una delle due sponde, fa del suo meglio, ma inevitabilmente finisce con lo girare a vuoto, e adesso che si è liberato del peso della malattia del fratello, vive quello delle aspettative dei genitori, che si ritrovano lui per casa, e quindi lo rendono vittima del doppio delle attenzioni (positive e negative) che gli sarebbero spettate in condizioni più normali.
Il figlio sopravvissuto, ma non solo.
Se Filippo era il figlio che rispecchiava il nostro carattere, che condivideva le nostre passioni, che ascoltava interessato i nostri discorsi (e i miei sermoni), il figlio docile, che si fidava e si affidava a noi in tutto, anche nelle cose dolorose e spaventose, il figlio che dimostrava il suo amore in una maniera a noi comprensibile e che comprendeva le manifestazioni del nostro amore per lui… Francesco è il figlio diverso, il figlio incomprensibile, il figlio che non ci comprende, col quale ogni cosa diventa una battaglia, una questione, un dramma.
Francesco è il figlio difficile, quello a cui cerchi di spiegare le cose e dopo un’ora passata a ragionare ti accorgi che parla una lingua diversa, il figlio che non sai come abbracciare, perché si divincola, e che non trovi il modo giusto di coccolare anche quando sai con certezza che sarebbe l’unica cosa da fare. Il figlio che non molla, e tiene il punto per ore, e tu, genitore, sai bene che fare muro contro muro non ha mai pagato con lui, e nonostante questo non riesci a trovare la chiave per sbloccare certe situazioni, certe impuntature, certe battaglie.
Francesco è il figlio col quale una strategia vincente funziona una volta sola, e a te sembra di aver trovato la soluzione, e la volta successiva stai da capo a morire e a sentirti una pessima madre, la peggiore, perché non riesci di nuovo a capirlo e ad aiutarlo.
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Francesco è il figlio che ti fa impazzire perché quando si alza la mattina è di umore nero perché ha un ciuffo di capelli dritto sulla testa, è quello che non esprime le sue difficoltà, ma resta muto a guardare nel vuoto e non risponde, è il figlio che dice le bugie, che nega l’evidenza, che non ti dà soddisfazione nemmeno a pagarlo, che dice sempre no, e sbuffa, e fa le spallucce, e alza gli occhi al cielo…
Francesco è tutto questo, e anche altro. E più cerco di comprenderlo, più mi scontro contro un muro. Ma ho imparato a capire che Francesco è prima di tutto il nostro miracolo, viste le condizioni nelle quali è nato e viste le possibili conseguenze della sua prematurità, nessuna delle quali si è verificata. E non è il nostro miracolo solo per questo.
Francesco è il regalo più grande che Dio ci ha fatto, perché è quello che mi mette continuamente in discussione, che non mi lascia riposare, ma mi impone un cammino, è quello che mi costringe a tirare fuori da non si sa dove doti materne improvvisate, e a volte addirittura efficaci. E’ quello che costringe me e Stefano a essere coerenti, a ricercare l’unità di intenti, a scendere a compromessi tra noi per il maggior bene che è il suo.
Poi, in mezzo a tutta questa confusione e a tutte queste contraddizioni, succedono cose che ti spiazzano completamente, come ieri sera, quando, prima di andare a letto, forse euforico per il fatto che, mancando l’acqua, poteva evitare di lavarsi i denti, Francesco mi ha abbracciato e mi ha detto: “Mamma, grazie di avermi messo al mondo”.
Francesco è il figlio che ci fa realizzare l’augurio che don Giussani soleva rivolgere ai suoi ragazzi: “Vi auguro di non essere mai tranquilli”.
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Guardo Francesco e mi viene un groppo alla bocca dello stomaco, non so come prenderlo, non so come trattarlo, con lui faccio un errore dietro l’altro, eppure attraverso di lui vedo che Dio mi ha amato di un amore inenarrabile, perché mi ha dato questo bambino così diverso da me, per non farmi stare tranquilla, e perché possa conservare sempre il desiderio di comprenderlo e la capacità di mettermi in gioco.