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Assassinata dallo “stupratore dell’ascensore”, prima santa neocatecumenale?

MARTA OBREGON
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Alfa y Omega - pubblicato il 16/11/18
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Lottò per evitare un’aggressione sessuale e ricevette 14 pugnalatedi José Calderero de Aldecoa @jcalderero

La giovane spagnola Marta Obregón, assassinata a 23 anni nel 1992 dallo “stupratore dell’ascensore”, potrebbe essere la prima santa del Cammino Neocatecumenale.

La sua causa è quella più avanzata all’interno del movimento, e si spera che prossimamente salga un altro gradino della lunga scala che porta agli altari.

“Non è ancora stata fissata la data, ma nell’arco di uno o due mesi speriamo di concludere la fase diocesana e di inviare tutta la documentazione in Vaticano”, ha spiegato Saturnino López Santidrián, postulatore della causa, ad Alfa y Omega.

Il processo è iniziato in modo inaspettato il giorno stesso del funerale della ragazza. “Alla Messa ha partecipato Montserrat, amministratrice di una fabbrica” vicina, che “si è convertita durante la celebrazione”.

Dopo essere tornata alla fede, “questa signora ha assistito a un ritiro spirituale, e lì ha condiviso il modo in cui si era riavvicinata a Dio”.

La direttrice del ritiro “l’ha esortata a mettere la sua storia per iscritto”, e attraverso un sacerdote l’ha fatta arrivare all’arcivescovo di Burgos.

“La sua intenzione era diffonderla tra i giovani, ma in un consiglio episcopale si è parlato della necessità di studiare il caso in modo approfondito”. L’incarico è stato affidato a López Santidrián, che in seguito è stato nominato postulatore della causa.

La conversione dell’amministratrice non è stata l’unico fatto insolito del funerale. Nella memoria dei presenti sono rimaste impresse le parole del padre di Marta, che “alla fine della Messa ha detto che perdonava l’assassino”, ha ricordato il sacerdote.

“La madre ci ha messo un po’ di più a perdonare, ma è accaduto comunque entro un anno dal crimine, pregando ogni giorno un Memorare per l’assassino di sua figlia”.

Oltre alla conversione di Montserrat, “attualmente ci sono cinque monache di clausura che affermano di essere entrate in convento influenzate da Marta”, sostiene il postulatore, che una settimana fa ha presentato il libro Marta Obregón, Hágase, Yo pertenezco a mi amado (Editorial Fonte-Monte Carmelo).

Crisi di fede e Taizé

Marta Obregón è nata a La Coruña il 1° gennaio 1969, e un anno dopo, per via del lavoro del padre, militare di carriera, si è trasferita a Burgos con la famiglia.

Lì ha trascorso tutta la vita scolastica fino al 1988, quando si è trasferita a Madrid per studiare Giornalismo all’Universidad Complutense.

Due anni dopo essere giunta nella capitale, e dopo aver attraversato una crisi di fede nell’adolescenza, la ragazza ha deciso di recarsi a Taizé insieme ai giovani della parrocchia che frequentava.

“Ne è tornata irrevocabilmente toccata dal Signore”, e ha cercato un sacerdote per confessarsi in modo approfondito, sostiene il postulatore.

“Non si sa bene perché in quella Confessione non abbia ricevuto l’assoluzione, e con una certa inquietudine ha dovuto cercare un altro presbitero che la ascoltasse di nuovo”.

Da quel momento, riferisce López Santidrián, “si è resa conto dell’amore e della misericordia di Dio, ed è entrata nel Cammino Neocatecumenale”.

“Ha così iniziato una vita ascendente verso Dio, che l’ha portata a cambiare atteggiamento all’università e a difendere i valori cristiani davanti ai professori”.

Marta ha anche modificato il suo sogno. Da allora ha smesso di aspirare a raggiungere la fama nel settore giornalistico e ha cominciato ad essere missionaria itinerante. Un sequestro e 14 pugnalate l’hanno però separata da entrambe le possibilità.

Sequestro e omicidio

Pochi mesi prima della tragedia, la ragazza è tornata a Burgos, proponendosi di terminare gli studi da lì.

La sua vita scorreva tranquillamente tra studio, sport e Dio, finché l’uomo noto come lo “stupratore dell’ascensore” ha incrociato la sua strada.

La sera del 21 gennaio 1992, quella del suo assassinio, Marta è andata al Club Arlanza, dell’Opus Dei, dove si recava abitualmente a studiare perché era un posto tranquillo e vicino casa.

“Quel giorno, come tutti quelli precedenti, ha finito di studiare e ha pregato per mezz’ora inginocchiata davanti al tabernacolo”.

Prima di lasciare il centro per tornare a casa per cena, Marta “ha chiesto ai responsabili del club di non ritirarle i libri, perché la mattina dopo sarebbe andata a Messa e poi sarebbe tornata a studiare”.

Al portone di casa, però, è stata rapita. È stata ritrovata cinque giorni dopo senza vita alla periferia della città.

Il rapporto del medico legale ha notificato 14 ferite di arma bianca alla parte sinistra del petto – una di loro al centro del cuore – e ha descritto anche i numerosi ematomi e le bruciature che presentava il corpo della ragazza, secondo gli esperti legati a un tentativo di sfuggire all’aggressione.

“L’imputato del crimine era stato giudicato già in quattro occasioni per abusi e violenza, ma non era mai arrivato all’omicidio”.

Marta Obregón è invece morta difendendo la virtù della castità proprio nel giorno in cui la Chiesa commemora Santa Agnese, martirizzata nel IV secolo per difendere il voto di verginità che aveva fatto.

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