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Un “segno di Dio” dietro l’11ma ora dell’11° giorno dell’11° mese

ARMISTICE DAY,CROWD,PARIS
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Nicholas Senz - pubblicato il 12/11/18
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Più che una coincidenza, il santo che si celebra quel giorno è stato indubbiamente scelto dalla ProvvidenzaL’11 novembre abbiamo commemorato il 100° anniversario della fine della I Guerra Mondiale. Dopo una lotta di quattro anni che ha provocato in Europa uno spargimento di sangue su una scala mai vista prima, con gas velenosi, mitragliatrici e trincee che punteggiano ancora oggi le campagne francesi, alla fine venne mediata la pace e le armi tacquero alle 11.00 dell’11 novembre 1918: l’undicesima ora dell’undicesimo giorno dell’undicesimo mese.

Quella giornata viene commemorata ancora oggi come Giorno dell’Armistizio in molti Paesi, anche se negli Stati Uniti è diventata nota come Veterans Day e ricorda non solo la “Grande Guerra”, ma anche tutti coloro che hanno servito nelle Forze Armate.

Se si dovesse sovrapporre un calendario liturgico a quello secolare, si scoprirebbe che il Giorno dell’Armistizio è anche la festa di uno dei santi più popolari della Chiesa delle origini, San Martino di Tours, e se si legge qualcosa sulla vita di questo santo ci si accorge di quanto sia adatto e provvidenziale ricordarlo in un giorno che celebra il fatto di aver finalmente deposto le armi.

San Martino è nato nel 316 o nel 336 a Savaria, nell’attuale Ungheria. Suo padre era tribuno della Guardia Imperiale a Cavallo dell’esercito romano, e quando Martino era giovane la famiglia si trasferì in Italia. Anche se all’epoca il cristianesimo era una religione legale nell’Impero romano, non era ancora molto popolare negli strati più elevati della società. Quando Martino, a 10 anni, divenne catecumeno, quindi, i suoi genitori obiettarono, anche se non glielo impedirono.

A 15 anni, Martino seguì il padre nell’esercito e si unì a un’unità di cavalleria pesante. Venne assegnato ad Amiens, in Francia, dove visse l’esperienza per la quale è più ricordato. In una giornata molto fredda, Martino vide un povero mendicante dai vestiti lacerati alle porte della città. Tagliò in due il suo mantello e ne diede metà al mendicante. Quella notte Martino sognò che il mendicante a cui aveva donato il mantello era Cristo, che lodava il suo atto davanti agli angeli e ai santi.

Mentre si rafforzava nella fede e il nuovo imperatore, Giuliano l’Apostata, prendeva il potere a Roma, Martino non si sentì più a suo agio a servire nell’esercito. Disse: “Sono un soldato di Cristo” e rifiutò di combattere per conto dell’imperatore pagano. Alla fine venne esentato dal servizio militare.

Cercò quindi di vivere da eremita, studiando sotto la tutela del grande Dottore della Chiesa Sant’Ilario di Poitiers, ma la fama della sua santità si diffuse molto presto, e quindi venne strappato alla sua vita tranquilla ed esortato a fondare dei monasteri, diventando poi vescovo di Tours. Martino non voleva l’episcopato, e cercò di nascondersi dalla folla che lo acclamava rifugiandosi in un fienile pieno di oche i cui versi attirarono però l’attenzione su di lui (per questo motivo, San Martino viene spesso rappresentato nell’iconografia accompagnato da un’oca, e l’oca arrosto è il cibo tradizionale della sua festa). Fu consacrato vescovo e servì la sua diocesi con grande attenzione pastorale.

San Martino era da tempo considerato un patrono speciale dei soldati. La metà del mantello della famosa storia divenne una reliquia del santo apprezzata dai re franchi medievali e veniva portata in battaglia affidata a un sacerdote, chiamato cappellano, in francese chapelain. Alla fine, tutti i sacerdoti che si occupavano dei soldati vennero chiamati cappellani. Man mano che la reliquia viaggiava, poi, venivano allestite piccole chiese temporanee per ospitarla, chiamate “cappella”. Il canto per la preghiera in queste cappelle, non accompagnato da strumenti perché si trattava di strutture troppo piccole per poter ospitare un organo, divenne noto come canto a cappella.

Anche se San Martino ha sempre avuto un rapporto con i soldati, non ci sono indicazioni storiche che facciano capire che il giorno della sua festa sia stato scelto per l’armistizio per questa ragione. La Provvidenza divina, però, unisce spesso le cose apparentemente per caso. In questa circostanza, la festa del soldato santo che ha abbandonato le armi per servire il Principe della Pace è diventata il giorno in cui è giunto al termine il conflitto più sanguinoso che la storia europea avesse visto fino a quel momento. Gli architetti del cessate il fuoco possono aver gradito il tratto poetico dell’“undicesimo giorno dell’undicesimo mese”, ma in questo Dio ci offre un messaggio più profondo.

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