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Giuseppe Fanin, sindacalista cattolico ucciso 70 anni fa: “In Dio e nel Paradiso io ci credo”

GIUSEPPE FANIN
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Un cammino chiamato famiglia - pubblicato il 07/11/18
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Era un giovane cristiano, impegnato nel sindacato e desideroso di costruire una famiglia cristiana con la fidanzata Lidia. Quella sera di 70 anni fa era in bicicletta e stava rientrando a casa dopo la recita del Rosario.di Gianluigi Veronesi e Lara Tampellini

Ricorre quest’anno il 70° anniversario dell’uccisione del Servo di Dio Giuseppe Fanin, giovane sindacalista cattolico brutalmente assassinato in una fredda e nebbiosa sera di novembre nelle campagne del bolognese ad opera di tre braccianti su mandato del segretario locale del partito comunista. Stava facendo ritorno a casa in bicicletta, recitando come suo solito il rosario, dopo aver trascorso il pomeriggio con la fidanzata.



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Il 1948 fu un anno di incertezza, speranza ed accese contrapposizioni tra le forze politiche e sociali italiane. Lo scontro ideologico ebbe però il sopravvento sulla discussione dei programmi e delle proposte concrete, in un clima ogni giorno più teso ed arroventato. A grandi speranze per un futuro migliore facevano purtroppo da contraltare forti rancori non ancora sopiti. In questo clima, la componente cattolica del sindacato unico si prefisse di creare un’organizzazione libera estranea a influenze di partito e ciò fu contrastato fortemente dalle forze di sinistra. Giuseppe Fanin, cofondatore dei sindacati liberi nella zona, fu vittima di questa lotta.

In questi giorni a San Giovanni in Persiceto, sua città natale e teatro del tragico agguato, sono in programma una serie di importanti eventi commemorativi: tavole rotonde, eventi musicali (con l’esecuzione di un brano ad hoc scritto e interpretato dal gruppo rock-cristiano dei “Maddalen’s Brothers”), l’apertura di una mostra permanente e la prima visione di un docufilm girato nei luoghi di Fanin, che ha visto il coinvolgimento di giovani attori locali e la partecipazione straordinaria di Paolo Cevoli. Il tutto culminerà con la Santa Messa presieduta da Mons. Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna.

Desideriamo porre qui l’accento su un importante aspetto della sua esistenza, ben evidenziato dal Card. Carlo Caffarra dieci anni or sono, di cui riportiamo le parole:

[Fanin] fu un uomo dalla profonda vita di orazione. Secondo quella spiritualità solida e semplice, che ha caratterizzato quella grande generazione: una profonda devozione mariana (la pratica del Rosario era quotidiana); una grande fedeltà ai sacramenti della fede, Confessione ed Eucarestia; la pratica annuale degli Esercizi Spirituali secondo il metodo ignaziano; una sincera ed affettuosa devozione al Papa. È questa spiritualità che ha nutrito uomini e donne nel loro quotidiano, faticoso e non raramente pericoloso cristianesimo.[…] La sua spiritualità non lo portava fuori dal mondo, in vacue evasioni spiritualistiche. Al contrario. Egli era pienamente consapevole che la sfida che la nuova stagione rivolgeva ai cristiani, doveva essere raccolta in primo luogo dai laici cristiani.[…] Essere dentro la società. Certamente il fedele laico non può non esserci, a causa della sua vita familiare e del suo lavoro e non raramente di impegni civili. Ma il problema è di esservi come cristiani; di non lasciarsi vincere dall’insidia di separare l’esperienza della fede dall’esperienza umana; di separare ciò che si celebra alla domenica da ciò che si vive il lunedì. Circa questa unità, il messaggio che giunge a noi dal Servo di Dio è limpido: è a causa di questa unità che è stato ucciso.

Un’unità di vita che l’ha reso un cristiano solido, non in balia delle mode culturali o della ricerca a tutti i costi del consenso sociale; un cristiano che ha saputo interpretare tutto ciò che accadeva alla luce del Vangelo; un “esempio alto e prezioso si testimonianza evangelica”, come sottolineò il Card. Giacomo Biffi in occasione dell’apertura solenne del processo di beatificazione. Ecco perché, proseguì il Cardinale, “i persecutori non ci hanno interessato più: la nostra attenzione è stata tutta presa dalla figura luminosa che dalla Provvidenza ci veniva indicata come un modello” per i giovani, per i lavoratori e per tutti i laici decisi a seguire le orme del Signore.

Un cristiano autentico, tutto d’un pezzo, capace di andare contro corrente, educato in famiglia ad una visione completa dei valori della vita e che ben conosceva la forza del perdono. A chi gli consigliò di armarsi, a seguito delle minacce ricevute, Fanin rispose semplicemente mettendo la mano in tasca ed estraendo il rosario: “Questa è l’unica arma di cui ho bisogno”.

E ancora, rivelando un senso umano e cristiano superiore, quasi un’accettazione generosa di un possibile martirio:

Se mi dovessi trovare un giorno nella necessità di difendermi e difendendomi uccidessi qualcuno, forse avrei tutti gli anni che mi rimangono amareggiati da un rimorso; potrei rovinare una povera donna, dei bambini innocenti. No, no; non voglio avvelenarmi la vita; nei guai io lascio gli altri, perché in Dio e nel Paradiso io ci credo!


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Ripercorrendo la vita di Fanin, in modo particolare soffermandoci a riflettere su questo punto, ci vengono in mente le celebri parole di San Josemaria:

Che la tua vita non sia una vita sterile. – Sii utile. – Lascia traccia. – Illumina con la fiamma della tua fede e del tuo amore. Cancella, con la tua vita d’apostolo, l’impronta viscida e sudicia che i seminatori impuri dell’odio hanno lasciato. – E incendia tutti i cammini della terra con il fuoco di Cristo che porti nel cuore.

Giuseppe, Pippo come era comunemente chiamato, amava in modo particolare la famiglia. Ricorda il suo primo biografo:

Era fiero della mamma ed era felice d’uscire con lei. Allora le sceglieva l’abito, l’aiutava a pettinarsi, la voleva giovane e bella, le offriva il braccio e ci teneva a farsi vedere con lei. […] Quando era libero lavorava nei campi insieme ai fratelli e al padre. Coltivava il suo giardino del quale era molto geloso poiché amava i fiori ed era sensibilissimo alla loro grazia e bellezza. Quanti fiori! Ce n’erano per tutti: per l’altare, per la fidanzata, per la casa.

GIUSEPPE FANIN

Storia Memoria

Nutriva un forte e limpido amore per la fidanzata Lidia e desiderava formare una famiglia allietata da numerosi figli. In un biglietto a lei indirizzato troviamo scritto:


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So la grandezza dell’amore di cui ti ho fatto dono. In questi giorni ho compreso che cosa significhi amare con amore cristiano, amare nella creatura la bellezza della sua anima e così amare Dio. Io amo te di un amore che giunge fino a Dio. E il mio amore è puro perché anch’io sono puro e voglio portare la mia purezza al talamo matrimoniale. Nella pienezza di questi sentimenti che sono tutti per te, non vedo, non desidero altro che il tuo cuore abbia uguali palpiti per me. Forse chiedo troppo? … A te cui dono amore chiedo amore.

Riportiamo ancora parole del Card. Biffi:

Un ragazzo che era nato da una famiglia di contadini ed era riuscito ad arrivare alla laurea, che aveva scelto di consacrare la sua intelligenza e le sue energie a migliorare la sorte della gente dei campi; un cristiano e un cittadino che sapeva proporre con ardore le sue convinzioni, ma non aveva mai fatto torto ad alcuno né inflitto mai alcuna violenza; un uomo sotto tutti gli aspetti esemplare, trucidato inerme a colpi di sbarra, mentre ritornava dall’aver portato alla fidanzata un mazzo di fiori coltivati con le sue mani: ecco chi siamo oggi invitati a ricordare. […] Sapeva nutrire la sua fede e il suo impegno cristiano dando spazio al silenzio, all’ascolto di Dio e al colloquio con lui, alla meditazione delle verità eterne.

Al momento della morte, conservava nel portafoglio i propositi scaturiti dagli ultimi Esercizi Spirituali ai quali aveva partecipato. Come ben evidenziò il suo primo biografo: “Dopo averli con costanza realizzati in vita, li ha sigillati con il suo sangue”.

Alla luce dei fatti, divenne il Testamento morale di Giuseppe Fanin. Lo riproponiamo nella sua interezza.

Ponendomi dinnanzi a Dio e con il Suo aiuto io intendo ora compilare questo scritto, cercando di mettere sulla carta, con la maggior fedeltà possibile, quelli che sono i pensieri e i propositi maturati nella mia anima e nel mio cuore durante questi, che spero, salutari e santi Esercizi. Per primo punto, pur considerando le mancanze che in seguito per la mia stessa debolezza commetterò, intendo aderire al 3° grado di perfezione spirituale, secondo il pensiero di Sant’Ignazio. Quanto sopra nell’ambito della vocazione e dello stato di vita scelto (benché non sia ancora detta l’ultima parola) che a rigor di termini è definito matrimoniale. In conseguenza di quanto sin qui affermato, declino ora i miei concreti propositi nei miei rapporti con Dio, me stesso e il prossimo.



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  1. Verso Dio: a prescindere dalla mia debolezza e difficoltà nell’evitare specie le occasioni prossime di peccato veniale, io faccio vivo proposito di non ricadervi, e, pertanto, mi impegnerò alla comunione settimanale e, possibilmente, infrasettimanale; alla confessione quindicinale e anche settimanale, alla preghiera quotidiana più devota e mai dimentica; al rispetto del nome di Dio e dei Santi sia nel pronunciarli come nelle immagini.

  2. Verso me stesso: prima di tutto nella purezza evitando: pensieri con relativo lavorio della fantasia che possano portarmi a considerare cose impure o anche desideri cattivi; parole che possano offendere il sentimento della purezza specie nella persona da me amata; opere come sguardi su persone o cose che mi causino pensieri impuri, o toccamenti, abbracci e baci che offendano nelle persona amata o in me sentimenti di purezza; e nella conservazione del mio corpo evitando pericoli non necessari per la mia anima nelle sue facoltà di intelligenza, volontà e sentimento.

  3. Verso il prossimo: usando l’equilibrio cristiano nei miei rapporti con tutto il mio prossimo, evitando tutto quanto può venire meno alla carità. E qui intendo fare un particolare proposito di maggior carità e comprensione nei rapporti con i miei famigliari.

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