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La gioia è il vento della corsa verso il bene e verso Dio

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Il Cattolico - pubblicato il 01/11/18
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La gioia è un effetto non intenzionale, è il vento della corsa verso il bene e verso Dio. Fa parte di quelle cose che non si possono creare in sé, come il piacere, la soddisfazione, la felicità, la spontaneità, il buonumore.

Viene sperimentata come un dono, qualsiasi cosa io faccia per procurarmela direttamente fallisce. «Voglio divertirmi!» è un assurdo.

Io posso volere il bene e allora mi sarà regalata la gioia. 

Cercare di fermare la gioia è come cercare di fermare il vento. Punta verso il Bene e lascia che scorrano su di te tutti gli stati d’animo senza preoccu­parti troppo di come stai: la gioia si farà così sempre più frequente, come un’acqua che sco­pri ogni giorno con stupore.

Anzi la Gioia sarà in te sempre più radicale accanto al dolore dell’uomo e di ogni uomo. Qui sta il limite essenziale dell’essere umano: proprio ciò che desidera più di ogni altra cosa non se lo può procurare per quanti sforzi faccia.  Pensi di essere tu il padrone della tua vita? Allora fatti felice! Ora!

Ben poca cosa è l’uomo se tutto quello che ha di più importante non dipende da lui!
Gli antichi greci vede­vano tutto come un dio: il sonno era un dio perché veniva quando voleva lui, così l’amore, la morte, la gioia, la salute. Erano ben consci della loro impotenza davanti a queste cose.

Com’è assurdo l’orgoglio dell’uomo che pretende di fare da solo quando non sa rega­larsi neanche un grammo di gioia!  Noi possiamo solo porre le condizioni perché possa venire, come il conta­dino lavora la terra, e aspetta la pioggia, ma non dipen­de da lui.  Così quanto più ci sforziamo di procurare in noi la gioia tanto più l’allontaniamo.

La gioia è il seme dell’eternità nella storia e noi non possiamo “fare” l’eternità, possiamo solo accoglierla, possiamo solo chiederla, possiamo solo (con l’aiuto dello Spirito) custodirla.

La penitenza e la disciplina sono orientate alla Gioia. Sono il lavoro paziente che facciamo ogni giorno senza perdere di vista l’obiettivo della Gioia. Per noi e per chi ci è accanto.

Se pensiamo di essere fautori di gioia siamo costruttori di surrogati scimmieschi che alimentano la nostra autostima come l’aria consumata riempie una stanza già irrespirabile… l’unico effetto positivo di tali tentativi patetici è che se ci diciamo la verità… alla fine la gioia la cerchiamo davvero come l’assetato cerca acqua e come l’amante cerca la propria amata e più ancora come colui che, finalmente, sceglie di amare!

Se solo per un istante la gioia irrompe nella tua storia scopri quanto sei piccolo e quanto sei immensamente grande… nello stupore di capire che essa non è soltanto gaudio della persona (spirito, mente, corpo) ma anche bellezza, giustizia e verità…

Basta un attimo nella vita per cogliere il senso di un lungo cammino fatto di aridità e di semina. 

Solchi tracciati come rughe nella carne della storia… solchi tracciati consapevolmente e inconsapevolmente… frutto di disciplina e di fiducia… frutto di Speranza che non è auto-inganno, anestesia del pensiero, obnubilamento della ragione… ma ricerca di ciò che in qualche maniera hai già trovato dentro di te… come un seme coperto ma sempre vivo che attende di germogliare… per te e per chi ti sta accanto nella meraviglia del riposo e nella gioia dell’inquietudine che attende il compimento.

Sulla gioia si misura la tua autenticità umana e la tua appartenenza a Cristo.  Perché Egli, ed Egli solo, è fonte di Gioia soprannaturale.  Una gioia immarcescibile che alimenta e nutre e “significa” (cioè dono peso, forma e significato) anche la gioia naturale.

Qui l’articolo apparso sul sito “Il Cattolico”

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