Dalla disposizione al tavolo a come distribuire la parola. Alcuni “trucchi” per sacerdoti e organizzatori
Una qualsiasi riunione formale in parrocchia può trasformarsi in uno scocciante dibattito che fatica a prendere l’attenzione dei presenti. Per evitare che accada ciò, in “Poche chiacchiere! (Collana I PRATICI ELLEDICI)” Giorgio Agagliati offre alcuni consigli utili a sacerdoti e coordinatori.
Prima di spiegarvi questi utili suggerimenti, vanno rapidamente evidenziati gli errori da non commettere nella fase di preparazione della riunione.
La sala
Il locale deve essere preferibilmente ampio, ben illuminato e aerato, con un arredo essenziale o comunque ben organizzato. Aggiungendo eventualmente qualche genere di conforto (bevande, qualche dolce, che potrebbe anche diventare una piacevole contribuzione comune o svolta a turno dai partecipanti), avendo cura di non eccedere perché l’evento non si trasformi in un party. Questo, almeno, è l’ideale. Poiché nella realtà dobbiamo fare i conti con una logistica che spesso non dipende da noi, cerchiamo almeno la migliore approssimazione possibile.
Chi convoca e presiede avrà cura di arrivare in anticipo e disporre le cose nel miglior modo possibile. Con altrettanto anticipo avrà dovuto far pervenire a chi è stato convocato materiale cartaceo e on line inerente il confronto.
E adesso veniamo alla riunione, pensando ad alcuni “trucchetti” per renderla meno noiosa possibile ed efficace.
1) L’ordine del giorno
Perché una riunione sia fruttuosa devono esserne chiari anzitutto gli obiettivi. Ed è bene che siano formulati in un ordine del giorno comunicato con congruo anticipo ai partecipanti. Un ordine del giorno troppo ricco di punti fa presagire che una parte di essi non potrà essere trattata adeguatamente, e ciò predisporrà negativamente i partecipanti.
Altro aspetto importante dell’ordine del giorno è… l’ordine: per quanto ovvio, i punti dovrebbero essere collocati secondo la complessità, e questo significa che l’argomento che richiede più tempo non sarà necessariamente il primo, se gli altri sono più semplici e rapidi da definire.
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2) Il tavolo
Se il numero dei partecipanti lo consente, una riunione si svolge meglio attorno a un tavolo, per poter appoggiare la documentazione e prendere appunti comodamente. In ogni caso è preferibile una disposizione circolare e non a platea, perché non si tratta di una lezione né di un parlamentino, ma di una discussione tra pari, sia pure con una persona che presiede.
3) Gli “opposti”
Se si usa un tavolo, un piccolo accorgimento, se praticabile con discrezione, può risultare utile: all’opposto del punto dove siederà chi presiede, sarebbe bene sedesse una persona dall’atteggiamento notoriamente costruttivo, che non significa necessariamente d’accordo sulle proposte, ma positiva nel contribuire alla discussione.
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4) La relazione d’apertura
Chi presiede la riunione ha l’onere di introdurla, non il privilegio di monopolizzarla. Se è necessaria una relazione di apertura, che sia concisa e concreta, secondo una scaletta rigorosa il cui obiettivo è aiutare la discussione a focalizzarsi sulle questioni più importanti e secondo un ordine logico. Concisione e concretezza dovrebbero ispirare tutti gli interventi
5) La parola a tutti
Se la riunione deve valutare o deliberare o esprimere un orientamento, sarebbe bene che tutti i partecipanti si pronunciassero. C’è chi è naturalmente più propenso e chi tende a tacere. Stanare i timidi facendo pressione perché si esprimano non è mai positivo: mette in imbarazzo e non garantisce un apporto realmente utile ed efficace.
Garantire che tutti possano esprimersi significa anche e prima di tutto presiedere con dolce fermezza: i ping-pong tra due partecipanti, per esempio, fanno perdere tempo e avvitare la discussione spesso su dettagli. I monopolizzatori logorroici non mancano quasi mai in un consesso: il conduttore o moderatore deve contenerli, e per farlo in modo da non apparire persecutorio ad personam (anche se la maggior parte dei presenti lo ringrazierebbe per questo), l’unica via è stabilire prima un tempo massimo per gli interventi e farlo rispettare da tutti.
Dare la parola in ordine di richiesta è la modalità più consueta e va da sé che l’ordine delle richieste deve essere rispettato.
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6) La sintesi
Fare sintesi è, ancora, compito di chi presiede. Secondo il tipo di gruppo e il tema affrontato, fare sintesi può significare semplicemente un riepilogo succinto e corretto delle cose dette, oppure formalizzare l’esito dell’incontro.
Se la riunione presuppone un verbale, gli appunti della discussione vanno affidati a persona diversa da chi presiede, perché è impossibile fare bene entrambe le cose.
Chi prende appunti può fornirli al responsabile per la redazione, o può redigere una prima bozza che il responsabile verificherà e integrerà o correggerà al bisogno, sempre ovviamente nell’ottica della massima aderenza alla discussione.
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7) Le due preghiere
Introdurre con una breve preghiera e con la preghiera concludere (se la riunione è serale, con la Compieta, se pomeridiana con Ora Media Nona o con i Vespri) è buona prassi, perché l’affidamento al Signore non è accessorio nell’attività ecclesiale. La preghiera iniziale può essere scelta anche con attinenza al tema principale all’ordine del giorno, e la cura dei due momenti di preghiera può essere affidata a turno a un paio di membri del gruppo. In questo modo, oltre che una comunicazione tra la comunità degli uomini e Dio, la preghiera diviene anche un’esperienza in se stessa di comunicazione interpersonale.