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Umberto Eco inedito: non spegnete la TV, accendete la libertà dei bambini

FAMIGLIA, TV, SCHELETRO
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Annalisa Teggi - pubblicato il 26/10/18
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In un saggio del 1978, che uscirà a breve, il famoso semiologo suggeriva che non solo i piccoli ma anche i loro genitori dovrebbero essere educati a capire i giochi pericolosi del mondo della comunicazione

[…] La mia proposta per una televisione educativa riguarda, credo, non solo i bambini ma anche la formazione permanente degli adulti. – Umberto Eco (da L’espresso)

Ringrazio molto certi amici che mi hanno educato a leggere libri, articoli, commenti senza partire dal giudizio che ho dell’autore. Con una censura autoinflitta, avrei rinunciato a tanti spunti stimolanti che provenivano da voci a me sgradite.


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Nonostante l’aura di competenze e genialità che accompagna il professor Umberto Eco, io non ho mai frequentato molto il suo pensiero; eppure la recente pubblicazione di un testo inedito su L’Espresso ha catturato la mia attenzione.

UMBERTO ECO

shutterstock

Il contenuto è stato il maggiordomo che mi ha introdotto in casa del grande semiologo, perché il problema del tempo che i figli passano davanti al video è urgente nella mia quotidianità, e spesso degenera in comportamenti – miei – esclusivamente proibitivi che non portano altro che a sotterfugi creativi – da parte dei bambini. Password e parental control non sono la via.

Finzione, invenzione, mezze verità, verità, illusione

Sarà presto disponibile in libreria il testo completo del saggio inedito di Eco Sulla televisione, datato 1978; l’anticipazione offerta da L’Espresso è un affondo su quello strumento così complesso che pure ci sembra così facile che è la TV. Telecomando, zapping, divano. Cosa guardo? sembra la domanda. Invece, il punto è – sia che si tratti di piccoli o di adulti – che tipo di messaggio passa e qual è l’impatto con il mio vissuto. Ne è un esempio chiaro quel che capitò al professor Eco in veste di papà di fronte alla figlia:

[…] la informai che le pubblicità di solito mentono. Capì di non doversi fidare della televisione (in quanto, per ragioni edipiche, faceva di tutto per fidarsi di me). Due giorni più tardi stava guardando le notizie, che la informavano del fatto che sarebbe stato imprudente guidare lungo le autostrade del Nord per via della neve (un’informazione che soddisfò i miei più intimi desideri, dato che stavo disperatamente cercando di restare a casa per il fine settimana). Al che mi fulminò con uno sguardo sospettoso, chiedendomi come mai mi fidassi della tv visto che due giorni prima le avevo detto che raccontava bugie. (Ibid)



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Noi genitori siamo quelli che insegnano, molte volte i figli ci ricordano che per insegnar loro dobbiamo prima imparare a nostra volta. La semplicistica distinzione vero-falso non basta di fronte al mezzo televisivo in cui entrano in campo mille armi comunicative che generano un prisma di sfumature che vanno dal reale-raccontato, reale-show, finzione persuasiva, finzione fantastica, cronaca romanzata, romanzo realistico, eccetera eccetera.

Il fatto, che ho scoperto proprio in quell’occasione, è che se si vuole usare la televisione per insegnare qualcosa a qualcuno bisogna prima insegnare come si usa la televisione. (Ibid)

Non so se Eco sarebbe d’accordo con me, ma credo che per farsi trovare pronti ai molti attacchi che escono dallo schermo televisivo non occorra per forza diventare plurilaureati in comunicazione, ma di nuovo radicati nella lettura ed esperienza della realtà. Una delle eredità peggiori che subiamo per colpa della TV è la sovrabbondanza di credibilità data all’apparenza … che è un paradosso!

Dobbiamo far sì che le luci del reale invadano il nostro modo di guardare anche un talk show di bassa lega e non far sì che l’abbaglio dei sorrisi finti della pubblicità invada le nostre tavole. Il verbo essere deve vincere sul sembrare, perché come diceva David Foster Wallace:

Venire a uno show televisivo stimola la ghiandola del “come sembrerò” come nessuna altra esperienza.

UOMO, TESTA, TELEVISIONE

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Una finestra aperta su un mondo chiuso

Concordo pienamente con il professor Eco quando si permette di replicare, a chi suggerisce di spegnere la TV, che è invece importante accendere la libertà dei bambini (… e la nostra aggiungerei). Mi pare eccellente anche la definizione che lui stesso richiama di mezzo televisivo: “una finestra aperta su di un mondo chiuso”.


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Abbiamo così spesso l’impressione di essere svegli e vivi e protagonisti perché seguiamo trasmissioni che stimolano i nostri pensieri, … e le viscere, raccontano storie da ogni parte del mondo, ci portano in salotto le opinioni degli intellettuali famosi. Il mondo sembra pieno, pullullante, luccicoso, prorompente visto dallo schermo ultrapiatto. Ed è davvero così, ma quando ci mettiamo piede dentro sentiamo come uno stridore strano, cioè che sia anche così ripetitivo e uniforme.

Aprire una finestra sul mondo, grazie a un parco di canali digitali che supera il centinaio, ci ha chiuso la capacità di ragionare; ci spegne l’iniziativa personale essere sovraccaricati di opinioni altrui e trasmissioni che hanno confezionato storie adeguate al messaggio che deve passare. Possiamo permetterci di non pensare se lo ha già fatto per noi l’ospite d’onore nello studio di Lilli Gruber.

BAMBINO, MANI, TELECOMANDO

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Questa è la ragione per cui si vorrebbe spegnere tutto; ma vale la pena farne un’occasione di educazione, di esercizio della libertà di immedesimarsi, capire, giudicare. E’ un grande esercizio di realtà imparare che ogni comunicazione richiede una mente viva e sveglia; sarà interessante mettere a tema coi nostri figli l’evidenza che il protagonista di Rocky è un personaggio fittizio che dice cose vere; mentre il politico invitato al talk show in prima serata è un uomo reale che può mentire.



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D’altra parte, un dato viene a darci man forte. L’assioma sulla televisione come sacerdotessa del vero è crollato da tempo, ci informano gli esperti. Alla prova dei fatti, la gente ha sempre mantenuto un residuo di sanità mentale, che la porta a giocare e vincere al gioco che Chesterton chiamava “smentisci il profeta“. E questo deve rincuorarci.

[…] quando la televisione propose capelloni che fumavano marijuana e mettevano fiori nelle canne dei fucili come nuovo modello per uno stile di vita “giovane”, la generazione successiva si tagliò i capelli, iniziò a usare le armi e a preparare bombe. Questo ci suggerisce che i giovani leggono la televisione in maniera diversa da chi la fa. (Ibid)

 

 

 

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