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Quando la malattia di una bambina è fonte di numerose grazie

MARYSIA
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Maria (o “Marysia”, per i suoi cari) sta morendo. La diagnosi è crudele: soffre di un medulloblastoma, un tumore maligno del cervello. La bambina si trova ora al Bambino Gesù in Roma.

Dalla primavera Marysia, 3 anni, si batte contro un cancro che distrugge ogni giorno un pezzetto del suo corpo. Eppure la sua malattia e la battaglia dei suoi genitori apportano loro (e attorno a loro) immense grazie. Via social network si alza un’onda di sostegno spirituale che rapidamente raggiunge scala nazionale. Tutta la Polonia prega per Maria. Informato dell’evoluzione della sua battaglia dalla first lady del Paese, anche lo stesso Papa Francesco prega per lei.

Eppure la storia della bimba comincia in modo quasi banale: dal suo compleanno soffre di nausee, reflussi di stomaco. I suoi attacchi di vomito sono sempre più frequenti. Inquieti, i genitori decidono di consultare uno specialista. A partire da questo momento, tutto precipita a un ritmo vertiginoso. Il gastroenterologo consultato la fa trasportare d’urgenza in ospedale per una serie di esami. Il primo controllo è seguito da una diagnosi terribile… Maria sta morendo.

Al cuore della battaglia

È venuto a dircelo un neurochirurgo – ricorda Agata, la madre di Maria –. Ci ha detto che l’esame aveva rilevato un grosso tumore al cervello. Che bisognava fare immediatamente un MRI del cervello di nostra figlia e poi operarla… per asportare il tumore. Non dimenticherò mai quel momento: altri medici mi tenevano per le braccia, temevano che svenissi.

L’MRI rivela che il tumore è più grande di quanto si immaginasse dal primo esame. È vascolare, e questo necessiterà un’operazione molto rischiosa, probabilmente seguita da gravi complicazioni. «Non avevamo scelta: senza operazione Maria sarebbe morta». Fortunatamente l’intervento chirurgico andò bene. Ma due settimane dopo una nuova prova avrebbe colpito la bambina: il monitoraggio medico rivela un medulloblastoma al quarto stadio: un tumore maligno molto aggressivo.

Una volta passato lo choc, i genitori entrano nel cuore della battaglia. Pubblicano informazioni sulla situazione della loro bambina sui social network. E… sorpresa: un’immensa onda di solidarietà si alza, al punto che su Facebook bisogna creare un gruppo chiuso per raccogliere tutti quelli che vogliono aiutare la bimba. All’inizio non era che una piccola comunità di aiuto locale, ma presto assurge a dimensione nazionale. Tutta la Polonia vuole aiutare Maria.



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Sempre di più sono gli internauti che pregano per la bambina. Vengono celebrate messe a quest’intenzione, dei pellegrini offrono per lei il loro cammino, altri organizzano novene. Nessuno aspetta il miracolo a mani basse. Vengono organizzati eventi caritativi e raccolte di fondi per coprire le spese mediche. Il dossier medico di Maria viene tradotto in più lingue prima di essere inviato a specialisti di altri Paesi. Un giorno un gruppo di volontari si fa carico del rinnovamento della camerata di Maria e della sua sorella maggiore. Si moltiplicano numerosi gesti, piccoli e grandi, che testimoniano lo slancio di solidarietà e di compassione di tutto un Paese.

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Il miracolo della piccola Maria

I suoi genitori non perdono la speranza. Cercano di capire se ci sia un significato più profondo nella malattia della figlia.

Tanti cuori toccati, tante altre sensibilità – si commuove Agata –. Mediante la nostra storia, tante persone ritrovano fiducia nella bontà, ritrovano Dio e la preghiera quotidiana. Ce ne sono anche alcuni che tornano ai sacramenti dopo lunghi anni di assenza. Imparano la gratitudine, rivedono le loro priorità. Testimoniare la sofferenza di un bambino è un’esperienza spirituale molto speciale.

Così dichiara la madre di Maria, e la sua testimonianza è confermata da quelli che confessano fino a che punto la sorte di Maria abbia sconvolto le loro vite. Sui forum di sostegno scrivono:

  • Maria, grazie a te prego di più, la mia fede è più profonda. Sento che sono più vicina a Dio. Questa trasformazione non è senza uno scopo. Io credo di non essere l’unica a vivere ciò che descrivo.
  • La vostra piccola Maria e la sua storia hanno cambiato la mia vita. Lavoro da anni in un ospedale, avete risvegliato in me nuove fonti di energia, di empatia e di comprensione, esattamente quello di cui i miei pazienti hanno bisogno. Anche quando sono spossata, la schiena mi duole o le gambe non mi reggono più, voglio occuparmi di loro con questo nuovo sguardo, con questa nuova attenzione. Che il miracolo di Maria prosegua!
  • Maria, è grazie a te che ho ricominciato a credere in Dio, e oggi condivido la fede dei tuoi genitori. Prego perché tu ne venga fuori.

Dichiara ancora Agata: «Credo che in questi ultimi tre mesi la mia bambina malata abbia toccato più cuori di quanti tanti adulti riescano a fare in tutta una vita. Mia figlia mi dà la forza per superare i momenti più difficili».



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La sofferenza dei bambini ha un senso?

Come stare di fronte alla sofferenza dei bambini? Aleteia ha rivolto questa difficile domanda ai genitori di Maria. La lunga risposta della madre è sconvolgente:

Noi abbiamo paura della sofferenza. È qualcosa che non scegliamo. Gesù stesso aveva paura della sofferenza e della morte, e ha chiesto al Padre se potesse allontanarne da lui il calice. È naturale, è umano. Noi vogliamo delle vite felici, gioiose, in buona salute, senza preoccupazioni. È il nostro istinto di sopravvivenza. Eppure la sofferenza esiste, dappertutto attorno a noi. Che sia più o meno grande, corta o lunga, fisica o emotiva. Ci sono le malattie, la morte, i fallimenti, i traumi. La sofferenza esiste, non ci si può fare nulla.

Noi abbiamo la libertà di scegliere come starvi di fronte. Come l’accettiamo, come ci approcciamo ad essa. Possiamo essere tristi, devastati. Possiamo invilupparci nelle nostre lamentazioni, nel volerne agli altri, a Dio, al sistema, alla realtà in quanto tale, talvolta anche a delle persone in particolare. Ma possiamo anche accettare la situazione, cercare un modo per trovare la bontà e il progresso. Gesù ha invitato quelli che lo amano a seguirlo portando la loro croce. Accettandola, supportandola e andando avanti. Facendo il bene. Malgrado le sue sofferenze e la morte, Gesù ha salvato il mondo. Ecco il cammino verso la santità e la Salvezza.

Nostra figlia soffre, e al contempo cambia il cuore di altri. Ispira in loro la bontà, li motiva ad agire, ad aiutare e a pregare. Forse la sofferenza dei bambini permette agli adulti di toccare il proprio cuore: richiama loro le priorità, li rende più attenti e più benevoli verso gli altri? Forse essa ci obbliga a interrompere la nostra corsa diuturna rivolgendo i nostri pensieri a Dio, Signore della vita e della morte? E ancora, forse ci insegna ad apprezzare ciò che abbiamo: le nostre relazioni, i nostri talenti, la nostra salute, i nostri beni materiali? La sofferenza dei bambini ci dà l’energia per aiutare gli altri.

La malattia, la sofferenza inflitta a quelli che ci sono cari… sono prove tra le più difficili, soprattutto quando toccano i nostri bambini. Quelli che le attraversano conoscono momenti di dubbio, di incomprensione, anche il sentimento di essere abbandonati da Dio. Come questa frase terribile di una madre al capezzale del bambino di due anni, come Maria colpito da un cancro: «Dio è assente dai reparti di oncologia pediatrica». E io stessa riconosco l’intensità della battaglia. Sapete, le lezioni e le conclusioni che traiamo da una tale prova dipendono da noi…

Nelle mani di Dio

Oggi Maria si batte. Ha passato quattro mesi in ospedale. I medici ammettono che il suo stato sia fragile, specialmente a causa delle molte infezioni e delle complicazioni susseguitesi all’operazione. Marysia ha appena finito la sua seconda chemioterapia. I suoi genitori comunque conservano la speranza, mentre cercano specialisti di altri Paesi che possano curare la loro bambina. Gli internauti, del resto, sono già riusciti a raccogliere l’equivalente di 100mila euro per un’ospedalizzazione all’estero.

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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