Il ruolo che il giovane vescovo Karol Wojtyła giocò al Concilio Vaticano II e quanto egli se ne aspettava sono cose che lumeggiano il suo pontificato. La sua preoccupazione essenziale era l’apertura della Chiesa alla dimensione storica dell’incarnazione, attorno ad alcune questioni dottrinali decisive: la persona umana, l’ecumenismo, la missione dei laici, la relazione col mondo.
La partecipazione di Karol Wojtyła al Concilio Vaticano II come “Padre”, vale a dire come vescovo, l’ha preparato al suo ministero di pastore della Chiesa universale. Essa merita di essere meglio conosciuta, a cominciare dalla sua risposta all’inchiesta preparatoria rivolta a partire dal 1959 ai vescovi di tutto il mondo. In essa si domandava a ciascuno di dire liberamente che cosa avrebbe voluto veder trattato da un concilio.
Il tempo della Chiesa
Nella breve risposta di mons. Karol Wojtyła, giovane vescovo di 39 anni, la frase introduttiva colpisce per il suo stile lapidario: «I tempi ai quali la vita della Chiesa è giunta, suggeriscono di elaborare alcune importanti questioni dottrinarie». Il vescovo di Cracovia enumerò allora delle questioni concernenti la fede e la Chiesa, come una conseguenza dei tempi attuali. Da allora, lo abbiamo sentito invitare ogni Chiesa a prendere coscienza dei suoi duemila anni di esistenza, del cammino che Essa percorre con, in mezzo e per il mondo. Non è semplicemente una questione di “adattamento”. Il fondamento è profondo: è quello dell’intimo legame che unisce la Chiesa alla decisione salvifica di Dio, di entrare nella storia mediante l’incarnazione.
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Senza dubbio si riconoscerà qui una duplice influenza filosofica e storica. Il seminarista, il giovane prete e poi il professore a Lublino, è stato segnato dalle filosofie della storia. E soprattutto sappiamo quanto nel solco del cardinal Stefan Wysynski il popolo di Polonia abbia saputo rileggere nella fede la sua propria storia al lume della storia della salvezza. Che cosa non si è detto sull’estrazione polacca di Giovanni Paolo II? Il suo passaggio dalla sede di Cracovia a quella di Roma, lungi dall’essere una chiusura, fu un dono di apertura per tutta la Chiesa a questa dimensione storica.
Questo aspetto della fede è il fondamento che san Giovanni Paolo II diede egli stesso alla sua devozione mariana, espressa dal motto “totus tuus”:
Avverto l’importanza delle parole della preghiera dell’Angelus: «L’angelo del Signore portò l’annuncio a Maria ed ella concepì per opera dello Spirito Santo… E il Verbo si fece carne, e venne ad abitare in mezzo a noi». Esse esprimono il cuore dell’avvenimento più considerevole che si sia prodotto nella storia dell’umanità. Questo spiega l’origine del Totus Tuus.
San Giovanni Paolo II affermò questo senso della storia nel suo grande desiderio di vedere la Chiesa e l’umanità celebrare l’ingresso nel terzo millennio. Fu la grande opera del suo pontificato:
L’incarnazione del Figlio di Dio permette di vedersi realizzare la sintesi definitiva che lo spirito umano, a partire da sé stesso, non avrebbe potuto neppure immaginare: l’Eterno entra nel tempo, il Tutto si nasconde nel frammento.
I temi principali
Molti temi dominano il documento preconciliare del vescovo Karol Wojtyła: la persona umana, l’ecumenismo, la Chiesa e i suoi membri – laici, preti, religiosi… – altrettanti temi che avrebbero segnato il suo pontificato.
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La proposta di Karol Wojtyła, di approfondire la traccia personalista, non è un rigetto degli elementi di metafisica, di antropologia e di etica aristotelico-tomistica, dei quali più tardi avrebbe confessato di dovere tutto ad essi, fino all’incontro col pensiero di Max Scheler, che criticava Kant, e con la fenomenologia.
La prospettiva pastorale condusse Karol Wojtyła a sponsorizzare, in vista del Concilio, il personalismo cristiano. Guardando il mondo al quale è destinato l’Evangelo, il futuro padre conciliare vide tre ostacoli al suo annuncio e alla sua pratica: anzitutto il materialismo, poi l’eccesso di fiducia nell’uomo e, paradossalmente correlato a quest’ultimo, la disperazione di molti. Giunti nel terzo millennio, possiamo portare uno sguardo altro sul pianeta? Il santo Papa Giovanni Paolo II non ha cessato di scrutare l’umanità in sé, la persona umana, per accogliere il suo Redentore.
L’ecumenismo
L’ecumenismo occupa il secondo posto del suo documento. Facendo riferimento alla storia della Polonia, san Giovanni Paolo II ha spiegato che la via ecumenica aperta dal Vaticano II è particolarmente preziosa:
Appartengo infatti a una nazione che – quantunque venga considerata anzitutto cattolica – permane radicata in una lunga tradizione ecumenica. […] L’esperienza polacca è quella di uno Stato che raggruppa diversi popoli e diverse confessioni cristiane… Grazie a questa tradizione, la mentalità dei Polacchi è sempre stata (e sempre resta) impregnata di tolleranza e di apertura verso quelli che pensano differentemente, parlano altre lingue, credono, pregano o celebrano diversamente i medesimi misteri della fede.
Certamente l’origine polacca della caratura ecumenica del pontificato di san Giovanni Paolo II non è ancora stata considerata a fondo nella comprensione del suo magistero.
Il rapporto della Chiesa col mondo
La questione del rapporto della Chiesa col mondo, che sarebbe diventata centrale dopo il concilio, preoccupa mons. Karol Wojtyła. Egli concluse il paragrafo sul personalismo cristiano affermando che «probabilmente gli altri uomini si aspettano che il concilio parli di questo argomento».
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Negli altri paragrafi, la relazione col mondo è direttamente sottolineata: egli fa osservare che i laici hanno delle competenze proprie nella vita del mondo, le quali conferiscono loro una responsabilità particolare; per il clero, egli chiede con insistenza che sia permesso «ai chierici di essere più facilmente in contatto con tanti aspetti ed avvenimenti della vita umana». Egli denuncia un certo “separatismo” che non è cristiano; per la vita religiosa, egli auspica che quella si stabilisca in una «relazione positiva col mondo e coi contemporanei». Si può pure riportare il suo ultimo desiderio, di vedere riformata la pratica dell’Index, che proibiva ai fedeli la lettura di certe opere. Forse che tali domande di riforma non si trovano in quelle di Papa Francesco che si apposta per combattere il clericalismo?
La riflessione dottrinaria
Per Karol Wojtyła la riflessione dottrinaria è la missione del futuro Concilio: «Elaborare alcune importanti questioni dottrinarie». Come mostra il seguito del testo, non si tratta di affermazioni dogmatiche da riesumare dal passato, quasi fosse necessario spolverarle, ma di una vera ricerca come quella di una «definizione dottrinale del personalismo». In campo ecumenico egli sa che bisogna pregare e lavorare, perché esistono «aspetti dottrinali che sono i più difficili». Egli auspica di veder «definire dottrinalmente il carattere proprio» dell’attività dei movimenti laicali. Nei seminari egli paventa un certo moralismo, e chiede una formazione intellettuale più scientifica con dei professori qualificati. In ultimo, egli non esclude una riflessione nuova sul celibato, «con un’immensa prudenza e una grandissima sollecitudine».
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Il programma è compiuto? Il santo papa Giovanni Paolo II si sapeva di passaggio. Preghiamolo di intercedere per la Chiesa, che tanto egli amò e servì.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]