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Cosa possiamo fare noi, in concreto, per rimediare agli abusi ecclesiastici?

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Giovanni Marcotullio - pubblicato il 12/10/18
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In sala stampa i giornalisti continuano a interpellare i Padri sinodali sugli abusi (e li intendono praticamente sempre e solo sessuali); oltralpe un’organizzazione scoutistica scrive un documento con delle richieste ai vescovi francesi e al Papa; tutti noi ci domandiamo quali vie possiamo percorrere per aiutare la Chiesa in questo delicato momento. Ecco alcune considerazioni.

Come già abbiamo avuto modo di dire, dalle 14 relazioni dei circoli minori non risulta che il sinodo si sia particolarmente interessato alla questione degli abusi sessuali nella Chiesa (e ancora meno si è interessato ad altre, quali i “cattolici lgbt”, che alla vigilia dell’assise sinodale venivano date per dominatrici incontrastate).


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I giornali tuttavia non hanno inventato le dichiarazioni di sana pianta: degli abusi si è parlato, sì, ma soprattutto nei quotidiani briefing con la stampa, quando il prefetto Paolo Ruffini e i Padri sinodali che di volta in volta lo accompagnano incontrano i giornalisti nell’aula a ciò deputata in Vaticano. Le domande dei giornalisti allora spaziano (sarebbe ingiusto dire che si riducano a quelle sugli scandali), e spaziando qua e là è quasi impossibile che gli scandali sugli abusi non tornino in ballo. Del resto si può ricordare a tal proposito che era stato il (discusso) arcivescovo di Philadelphia a suggerire di sospendere il Sinodo sui giovani perché «i Vescovi non avrebbero in questo momento assolutamente alcuna credibilità per affrontare questo argomento». Una dichiarazione insipidamente mondana che ci avrebbe fatto perdere le sapide osservazioni sull’incongruità della nomenclatura e della categoria di “lgbt” in un’assise sinodale (finora il più notevole intervento dello stesso Chaput al Sinodo): la verità è che la credibilità dei Vescovi non discende essenzialmente dal loro essere esemplari, bensì dalla fedeltà di Cristo alle proprie promesse. Giustamente i Vescovi non debbono abusare di tale Grazia, altrettanto giustamente essi per primi non debbono dubitarne.



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E che dire delle dichiarazioni rilasciate il 5 ottobre dal cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e presidente della Conferenza episcopale tedesca?

Più volte, i vescovi in Germania e in tutto il mondo hanno espresso il loro orrore e la loro vergogna per la costante rivelazione di nuovi casi di abusi sessuali e violenze fisiche. Anch’io sono senza parole per gli abominevoli crimini che i sacerdoti in particolare, ma anche altri impiegati, hanno commesso per proteggere l’istituzione della Chiesa cattolica. Vorrei essere chiaro: le parole di sgomento non bastano. Dobbiamo agire.

Vero e condivisibile, e tuttavia – malgrado si esprima l’intenzione di «concentrarsi sulle caratteristiche strutturali specifiche della Chiesa cattolica che possono facilitare l’abuso sessuale e rendere più difficile la prevenzione» – lo stesso insistere sul solo abuso sessuale laddove Papa Francesco ha non casualmente indicato la formidabile terna degli abusi sessuali, di coscienza e di potere può allontanare dalla percezione dell’insieme proprio mentre si dichiara di volerci vedere chiaro.


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Un mio amico e collega che si occupa di cose sicule mi ha illustrato con dovizia di dettagli quanto «pure l’antimafia possa a certe condizioni diventare una mafia». È lo stesso, fatalmente, anche per l’anticlericalismo: non solo non bastano le intenzioni e le dichiarazioni… le stesse azioni rischiano dapprima di cadere nel vuoto e poi di risorgere come un’anti-struttura, un anti-sistema che perciò stesso compendierà tutti i difetti del sistema che contrasta… e ne aggiungerà altri.

La Chiesa si è dotata da sempre di momenti sinodali proprio perché anche per dei vescovi esperti e prudenti può essere difficile discernere la via migliore, in un dato momento, per aiutare – diuturno compito dei pastori – la conversione dei cristiani: difficile ai limiti dell’impossibile, se restano isolati, ma possibile al limite della facilità se si riuniscono nello Spirito del Risorto.



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Restano sempre in agguato le tentazioni clericali, anche se annidate sotto cumuli di spergiuri anti-clericali, perfino tra i laici. Ho letto (e tradotto qui di seguito) il testo di un appello scritto da Marie Mullet-Abrassart e Olivier Mathieu, la prima presidente degli Scout e delle Guide di Francia, il secondo delegato generale della medesima associazione. Come si vedrà, il testo si compone di tre parti: una introduzione, una dichiarazione e una petizione (articolata in tre brevi punti). Anticipo soltanto che il tutto vibra di un bell’entusiasmo, il che comporta anche che tremi di una certa instabilità e inesperienza. Un testo naïf, per certi aspetti, che esprime al contempo alcune potenzialità e alcuni limiti delle nostre Chiese in Europa.


Cile, Stati Uniti, Germania: gli scandali legati alla Chiesa si succedono e la Francia non è risparmiata. Bisogna che solleviamo tutte le nostre domande e che, con un intervento esterno e indipendente, portiamo urgentemente alla luce tutto il male che è stato commesso. Gli Scout e le Guide di Francia sono pronti a contribuire a questo compito.

Al di là della gravità dei fatti, ci feriscono anche gli insopportabili silenzi e connivenze che vengono da una Chiesa che dovrebbe avere cura dei più deboli. Oggi non è più tempo del pentimento, non è più solo il tempo indispensabile della preghiera. Papa Francesco ha inviato un’inedita circolare all’insieme dei cattolici del mondo, un appello del quale facciamo ancora fatica a percepire la portata, come a suo tempo non si era dato il giusto valore alla carica del Papa contro le “quindici malattie della Curia”, quattro anni fa. Vogliamo prendere in pienezza il posto che ci compete in questa conversione alla quale il suo appello ci invita – appello rinnovato dalla Conferenza Episcopale Francese in settembre. Se non ci impegniamo «nella trasformazione ecclesiale e sociale di cui abbiamo tanto bisogno», allora tutti gli sforzi per lottare contro la pedocriminalità saranno vani. Non saremo noi a sradicare il Male, però possiamo cambiare la cultura che lo favorisce.

«Vogliamo tornare ad essere resistenza contro il ripiego identitario»

Lungi dall’opporre chierici e laici, il clericalismo minaccia ogni cattolico. Scriveva Bernanos:

In fondo la massa dei cattolici che vediamo a messa ogni domenica non desidera sapere altro, dalla religione, se non quanto può confermarli nella buona opinione che hanno di loro stessi.

Noi siamo la suddetta “massa” oppure seguiamo Cristo?

Avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete accolto; ero nudo e mi avete vestito; ero malato e mi avete visitato, in carcere e siete venuti a trovarmi.

Ognuno ha di che discernere, su questa questione; ma collettivamente noi vogliamo cambiare la Chiesa per rendere più visibile la sua bellezza. Noi vogliamo tornare ad essere resistenza contro il ripiego identitario, contro ogni forma di arroganza. Noi conosciamo l’immenso tesoro della fede ricevuta dalla Chiesa, che noi vogliamo trasmettere dopo di noi con la testimonianza di quei numerosi e anonimi cristiani che dànno una parte della loro vita.

Lo scoutismo è un cammino che continua a nutrire lo slancio missionario di cui abbiamo bisogno. Ma le centinaia di cappellani, di accompagnatori e accompagnatrici spirituali in seno agli Scout e alle Guide di Francia, consacrati o no, soffrono oggi il sospetto. Eppure noi sappiamo fino a che punto il loro impegno sia indispensabile e apportatore di una inestimabile ricchezza. Siamo in prima linea per constatare i danni della crisi attuale sulla gioventù. Troppi giovani, scoraggiati dalla concentrazione da una parte su tematiche di morale e dall’altra sugli affari, se ne vanno in silenzio. La gioventù si aspetta dai cristiani risposte e atti poste su altri livelli, la cui posta riguarda grandi sfide per l’uomo e per il pianeta.

La Chiesa può cambiare, anzi comincia a farlo: in fondo e nella forma, il Sinodo dei giovani aperto da poco lo dimostra. Ci aspettiamo che la Chiesa oggi dia ai giovani, ai laici, alle donne, il posto che spetta loro. Malgrado tutta la loro buona volontà, troppi responsabili sono ancora prigionieri di una cultura piramidale. Le procedure sinodali dei nostri fratelli e sorelle protestanti e ortodossi possono essere fonte d’ispirazione.

Davanti all’urgenza e alla gravità della situazione, ma anche davanti alla Speranza che dobbiamo portare – di una Chiesa atemporale ancorata nel proprio tempo – noi domandiamo ai nostri vescovi:

  • di accettare e di accelerare la necessaria conversione radicale di una Chiesa che deve dare alle donne, ai giovani e ai laici il posto che spetta loro, ovunque e a tutti i livelli, compresi quelli del governo della Chiesa di Francia;
  • di organizzare un primo incontro tra movimenti e l’Assemblea plenaria dei vescovi prima del summit sugli abusi sessuali convocato dal papa per febbraio;
  • di organizzare un sinodo nell’autunno 2018 che permetta il dibattito su questi argomenti, e la cui attuazione avvenga in co-responsabilità tra chierici e laici, donne e uomini, in una dimensione intergenerazionale.

Per tutto questo e per molto altro ancora, essi sanno di poter contare sull’impegno infaticabile degli Scout e delle Guide di Francia affianco a loro.


Fortunatamente questi due giovani sono riusciti a condensare nei tre punti della petizione dei vividi segnali di inesperienza e perfino di ignoranza: così prendono un nome le piccole stonature che di quando in quando affioravano a increspare un testo tutto teso dalle buone intenzioni (le quali, come è noto, pavimentano la via dell’inferno).


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Anzitutto mostrano di non sapere che non esiste alcuna “Chiesa di Francia”, ma semmai una Chiesa universale sussistente in molte Chiese particolari in Francia: la questione non è di lana caprina, tenerla a mente è utile proprio per evitare quegli eccessi del tipo “non siamo una filiale di Roma” che non a caso prendono il nome di “gallicanesimo”. La conversione della Chiesa è sì necessaria ed è radicale, ma la Chiesa deve convertirsi anzitutto e soprattutto al suo Signore, non a presunte e non meglio giustificate “necessità”: bisognerebbe capire meglio quale sia il concetto di “dare a donne, giovani e laici il posto che spetta loro”, ma a quanto si legge sembra di assistere a una sorta di convocazione degli “stati generali della Chiesa”. Il che semplicemente non esiste: difficile poi dimenticare che dalla riunione nella sala della Pallacorda all’avvio del Terrore passarono appena quattro anni e pochi mesi. Una lezione cruenta della storia francese che meriterebbe studenti più attenti.


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Più comica è la richiesta di “organizzare” un sinodo per l’autunno del 2019: evidentemente gli estensori sono così pronti ad assurgere a ruoli di governo nella Chiesa da ignorare che Papa Francesco ha convocato un sinodo “per l’autunno del 2019” quasi un anno fa – e il tema sarà l’Amazzonia.

Paradossalmente, la richiesta più sensata è la seconda, quella che appare la meno fattibile: degli incontri periodici e strutturati fra l’assemblea plenaria dell’episcopato di un Paese e una rappresentanza qualificata del laicato – scongiurando in radice la sciagurata ipotesi di concepirle come due camere di un governo – sarebbe certamente uno strumento utilissimo per il nostro tempo, ma non mancherebbero le difficoltà. Ad esempio:

  1. chi decide quali movimenti vengono convocati? Ve ne sono di piccolissimi… si stabilisce una soglia?
  2. come si sceglie la rappresentanza dei cattolici “di parrocchia”, che magari praticano anche più assiduamente di quelli coinvolti in un movimento ma sono immersi in un estraniante anonimato? Li convoca il parroco? Il Vescovo? Dunque diventano variabili dipendenti del clero… e a che scopo portarli in una simile assemblea?

A mio avviso una vera assemblea dei laici avrebbe, ad esempio, un grande ruolo da giocare all’interno dei media: televisioni e giornali “cattolici” gestiti responsabilmente dai laici sarebbero senza dubbio più autentici e più incisivi di quanto attualmente risultino, ma mettere mano a un simile progetto significherebbe porre condizioni quasi irresistibili per feroci lotte di potere. Molto denaro, molto prestigio, molta influenza… disporre di centinaia di posti di lavoro significa avere forti leve per consolidare clientele, nonché di una longa manus capace di formare (e piegare) capillarmente l’opinione pubblica. E certo, il fatto che attualmente queste cose non siano in mano ai laici non significa che siano al sicuro: oltre a correre i medesimi rischi dei laici (se non peggiori), i vescovi usurpano anche, per così dire, realtà eminentemente temporali, la cui animazione evangelica spetta «propriamente, anche se non esclusivamente», ai laici (Gaudium et spes 43).

Insomma, l’idea non è affatto sciocca ma forse è più grande di quanto possano immaginare dei ragazzi che chiedono di “organizzare” un sinodo già convocato: sicuramente sarebbe titanica l’impresa di organizzare una simile assemblea, o anche solo di avviarla, prima di febbraio. Ma sarebbe bellissimo essere smentiti in tal senso.



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Non se ne può volere a questi giovani esuberanti: proprio la loro lettera comprova che hanno bisogno di essere ascoltati, incoraggiati e guidati. Sicuramente avrebbero molte cose importanti da dire sulle difficoltà che gli assistenti vivono a vedersi ingiustamente sospettati di avere attenzioni efebofile; lo stesso dicasi per la delusione e l’allontanamento di molti, ma se è vero che certo modo di integrare sanamente le frustrazioni aiuta a temprare la personalità dei leader non è vero il contrario, ossia che chi viene collocato in un posto di comando impari perciò ad essere un capo, nel senso umano, bello e cristiano del termine.

Forse è più rivelativo di tutti il passaggio in cui ci si lamenta del fatto che «troppi responsabili sono ancora prigionieri di una cultura piramidale». È vero. E ho trovato bello che dei giovani abbiano notato (e abbiano ammesso di aver sottovalutato a suo tempo) il discorso del Santo Padre sulle “malattie curiali”: proprio da quel discorso, però, dovrebbero aver imparato che si dà “cattivo coordinamento”

quando le membra perdono la comunione tra di loro e il corpo smarrisce la sua armoniosa funzionalità e la sua temperanza, diventando un’orchestra che produce chiasso, perché le sue membra non collaborano e non vivono lo spirito di comunione e di squadra. Quando il piede dice al braccio: “non ho bisogno di te”, o la mano alla testa: “comando io”, causando così disagio e scandalo.

E che «la malattia del sentirsi “immortale”, “immune” o addirittura “indispensabile”, trascurando i necessari e abituali controlli» non è certo una prerogativa del clero.

Il riferimento alla “cultura piramidale” sembra insomma confondere le istanze marxiste-leniniste, che di quella cultura propongono una sovversione (fonte di immani drammi: metti davvero la cuoca a capo dello Stato, come diceva Lenin, e vedi che succede), con quelle cristiane, che ne propongono una conversione.

Gesù stesso non finiva mai di spiegare e rispiegare ai suoi discepoli che

«Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

Mc 9, 33-37 (cf. Mt 18, 1-5; Lc 9, 46-48)

Una lezione così importante che l’autore del Quarto Vangelo – il quale già aveva dedicato un intero capitolo all’Eucaristia – salta il racconto dell’istituzione del sacramentum caritatis e ne descrive la natura lasciando tutta la scena all’episodio della lavanda dei piedi:

Quando dunque ebbe lavato loro i piedi e riprese le vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Sapete ciò che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi. In verità, in verità vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un apostolo è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica.

Gv 13, 12-17

Gesù non distrugge la piramide, non la contesta: la rovescia. Si mette lui all’ultimo posto, così che quando col cuore fisso in Cristo accettiamo di non essere considerati, valutati, interpellati, considerati… ci stiamo avvicinando a Lui.

Forse a quei due giovani – e a tanti, chierici e laici – i quali dicono anche cose belle e vere, manca questo passaggio. Che però è decisivo, perché senza di esso si è fatalmente destinati a reiterare tutti gli errori che si pretende di correggere… aggravandone il peso con la superbia di chi pensa di star facendo meglio.

Come a dire, tolkienianamente, che soltanto gli hobbit possono portare l’unico Anello: non gli elfi, non i nani, non gli umani, così deboli davanti al potere dell’Anello… E anche questo non è precisamente corretto, perché neanche tutti gli hobbit ne sono capaci, ma soltanto uno – nella precisa era del racconto di Bilbo – e questi è Frodo. Quando la salita sul monte Fato trasforma l’eletto nell’uomo dei dolori è Samwise, lo “sciocco”, il Cireneo di Tolkien, a intervenire con una mossa umile ed alta, realmente decisiva: «Non posso portare io l’Anello, ma posso trasportare voi ed esso insieme».



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Ecco, cari Marie e Olivier, uno dei grossi problemi è che quando parliamo di “riforma della Chiesa” e del contributo che noi (e chi altri?!) potremmo dare ad essa la prima cosa che abbiamo in mente – anche se di rado ce la confessiamo – è il progetto di impadronirci dell’Anello (per fare tante cose belle e buone, certamente…). Mentre quel peso – «il peccato del mondo» (Gv 1, 29b) – può realmente portarlo solo Cristo: requisito base di ogni nostra riforma è che, da parte nostra, noi siamo disposti a «portare i pesi gli uni degli altri» (Gal 6, 2).


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Ciò detto, è senz’altro vero che i silenzi e le connivenze degli ecclesiastici sui loro abusi (che non sono solo sessuali, come ha ricordato il Papa!) sono vergognosi e intollerabili, ma perfino Alessandro Gnocchi ha detto ad Aldo Maria Valli (insomma due così critici coi problemi da essere critici anche nei confronti del Papa) una cosa importante e che – mi sembra – va nella medesima direzione che indicavo poco fa:

Ammesso che vi sia mai stato, è finito il tempo di cercare o creare piccole riserve, anche con la buona intenzione di conservarvi la fede. Questi ambienti finiscono sempre per essere luoghi in cui prevale la necessità di “fare”, perché bisogna dimostrare al mondo la propria esistenza: ma il mondo, per concedere la sua considerazione, pretende che si facciano solo cose che è in grado di comprendere. Inoltre, inesorabilmente, questi luoghi diventano piccoli luoghi di un piccolo potere che finiscono sempre per “fare” cose comprensibili al grande potere in un rapporto a conflittualità limitata. Si potrà anche ottenere un po’ di successo e di visibilità, ma niente di più.

Solo la santità è eversiva rispetto a questo ordine infernale nel quale siamo immersi. Non so se sono arrivato a queste conclusioni perché sono malato, sono stanco, sto invecchiando e, mentre ti sto rispondendo, i dolori si fanno sentire. Ma ti assicuro che questa debolezza purifica, permette di vedere chiaramente e rende molto liberi. Alla fine di tutto se ho un insegnamento che penso di poter trasmettere a coloro ai quali voglio bene, a cominciare dai miei figli, è quello che ho appreso da Padre Pio: fate i buoni cristiani.

Volete aiutare la riforma della Chiesa, ragazzi? Allora siate santi (e magari in-formatevi un poco). Se proprio volete strafare, prima di fare progetti meditate a fondo il testo che segue, lo scrisse l’uomo più potente della Chiesa Cattolica dopo il Papa ai tempi di san Pio X, ossia un secolo fa. Si chiamava Rafael Merry del Val, e questa sua composizione va sotto il nome di “litanie dell’umiltà”.


Signore, pietà
Cristo, pietà
Signore, pietà
Cristo, ascoltaci
Cristo, esaudiscici
Padre del cielo, che sei Dio abbi pietà di noi
Spirito Santo, che sei Dio
Santa Trinità, unico Dio

Dal desiderio di essere stimato liberami, Signore
Dal desiderio di essere lodato
Dal desiderio di essere esaltato
Dal desiderio di essere ricercato
Dal desiderio di essere amato
Dal desiderio di essere onorato
Dal desiderio di essere preferito agli altri
Dal desiderio di essere consultato
Dal desiderio di essere approvato

Da ogni odio e da ogni invidia liberaci, Signore
Da ogni risentimento e rancore
Da ogni rivalsa
Da ogni pregiudizio
Da ogni forma di egoismo
Da ogni ingiustizia e da ogni viltà
Da ogni tendenza a giudicare e condannare
Dalla mormorazione e dalla critica
Da ogni giudizio affrettato e da ogni calunnia
Dall’orgoglio e dalla ostentazione
Da ogni permalosità e impazienza
Dalla tendenza ad appartarci
Dal sospetto e dalla sfiducia
Da ogni cattiva disposizione
Da ogni forma d’indifferenza
Da ogni prepotenza
Da ogni scortesia e sospetto
Da ogni suggestione del demonio
Da ogni offuscamento delle passioni

Dal timore di essere umiliato liberami, Signore
Dal timore di essere disprezzato
Dal timore di essere rifiutato
Dal timore di essere calunniato
Dal timore di essere sospettato
Dal timore di essere dimenticato
Dal timore di essere schernito
Dal timore di essere ingiuriato
Dal timore di essere abbandonato

Che gli altri siano amati più di me Gesù, datemi la grazia di desiderarlo!
Che gli altri siano stimati più di me
Che gli altri possano crescere nell’opinione del mondo e che io possa diminuire
Che gli altri possano essere prescelti ed io messo in disparte
Che gli altri possano essere lodati ed io dimenticato
Che gli altri possano essere preferiti a me in ogni cosa
Che gli altri possano essere più santi di me, purché lo divenga santo in quanto posso

San Giuseppe, protettore degli umili prega per me
San Michele Arcangelo, che fosti il primo ad abbattere l’orgoglio prega per me
O Giusti tutti santificati specialmente dallo spirito di umiltà pregate per me
O Gesù, la cui prima lezione è stata questa: “Imparate da me che sono mite e umile di Cuore” insegnami a divenire umile come lo sei Tu

Perché vogliamo veramente bene ai nostri fratelli esaudiscici, Signore
perché siamo tra noi un cuore solo e un’anima sola
perché i nostri sentimenti siano come quelli del tuo cuore
perché rimaniamo uniti nello spirito
perché siamo concordi nell’azione
perché sappiamo comprenderci
perché sappiamo ammettere i torti e perdonarci reciprocamente
perché diveniamo servi premurosi gli uni degli altri
perché siamo sempre sinceri e aperti fra di noi
perché nelle nostre case regni la gioia della carità
perché nella nostra carità il mondo veda il Signore
perché nella nostra Patria regni la concordia
perché cessino le lotte di classe
perché la giustizia sociale sia compiuta nella carità
perché tutti gli uomini si amino

Gesù, che sei venuto sulla terra per servire gli uomini rendi il nostro cuore simile al Tuo
Gesù, che hai amato i poveri
Gesù, che hai consolato i sofferenti
Gesù, che hai sofferto per i peccatori
Gesù, che hai parlato dolcemente a chi ti schiaffeggiava e ti tradiva
Gesù, che hai raccolto l’invocazione del ladrone
Gesù, che hai lodato il buon Samaritano
Gesù, che sei morto sulla croce
Gesù, che continui a rinnovare il tuo sacrificio d’Amore per noi
Gesù, che ti fai cibo per sostenerci nel nostro cammino

Santa Maria, Vergine piccola ed umile prega per noi
Santa Maria, Vergine piena d’Amore e di carità

Agnello di Dio, che vivi nell’Amore del Padre
abbi pietà di noi
Agnello di Dio, che hai portato agli uomini l’amore del Padre
esaudiscici
Agnello di Dio, che t’immoli per amore degli uomini
convertici

Perdonaci, o Signore tutti i nostri peccati
come noi perdoniamo a coloro che ci hanno offeso.

Preghiamo:
O Dio, che resisti ai superbi e dai la grazia agli umili: concedici la virtù della vera umiltà,
di cui l’Unigenito tuo Figlio s’è fatto esempio, affinché non provochiamo mai il tuo sdegno
con l’orgoglio, ma otteniamo piuttosto il dono del tuo Amore ubbidendo umilmente alla tua Parola.
Per Cristo nostro Signore.
Amen.

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