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CAV Mangiagalli, un giorno qualunque. Una donna chiede di essere ascoltata perché incinta

YOUNG WOMAN WITH DEPRESSION
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Paola Bonzi - pubblicato il 11/10/18
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Non è quello che dovremmo fare sempre? Ascoltare davvero la donna, fare nostre le sue paure, i suoi bisogni e le sue tante fatiche? come è il caso di Irene che però ha avuto la forza di andare a bussare alla porta del CAV e la grazia di incontrare Paola Bonzi

Ieri, mercoledì (3 ottobre, ndr), ho avuto una mattinata particolarmente intensa: Antonella, venuta a conoscere meglio il CAV; Maria, che ha dato tutta la sua disponibilità; un progetto scientifico sull’alimentazione che avrei dovuto esaminare con le carissime Donatella e Carla. Ma qualcuno però si è infilato in mezzo. Infatti, appena dopo le 11, una giovane donna chiede di essere ascoltata perché incinta e decisa ad abortire. Naturalmente mi permetto di lasciare tutto il resto per dedicarmi a lei.


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Mi sento persa, completamente persa e non so che strada prendere.

Così Irene racconta:

Ho 38 anni.
Sono già madre di tre figli: 13, 2 anni e mezzo e l’ultimo di 7 mesi.
Ho dentro di me una grande sofferenza.
Sono incinta di 7 settimane e quella sera ho commesso l’errore più grave della mia vita. Mi sentivo abbandonata dal mondo intero.
Avevo bisogno di un po’ di calore, così mi sono lasciata andare tra le braccia di un uomo praticamente sconosciuto, che ora non vuole sapere nulla del bambino che aspetto. “Sono fatti tuoi e non voglio essere coinvolto. Vai ad abortire!” Sono già stata all’ospedale e mi hanno prenotato l’interruzione. Io però sto male.
All’ospedale mi hanno consigliato di venire qui, anche se sono assolutamente convinta che non ce la farò.

Solito pugno nello stomaco e il silenzio che segue dice anche il mio dolore.

Forse possiamo trovare insieme la strada che sta cercando, perché non si senta persa.



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E così, come tante altre volte, a piccoli passi, affrontiamo ogni sua difficoltà. Scopriamo che ci sono delle risposte e Irene, ad ogni mia proposta di aiuto, dice:

Così va un po’ meglio.

Arriviamo allora in fondo al progetto proposto per sostenerla:

Posso dire solo grazie, credo di aver trovato la strada. Così aiutata riuscirò a far nascere il mio bambino. Sarà il quarto parto cesareo, ma non ho più paura. La mia pressione sanguigna avrà dei picchi altissimi, ma so che la terremo sotto controllo.

E’ tanta la fatica di Irene ed è di tutti i tipi.
Ci abbracciamo più volte e in questi gesti c’è tutto l’affetto che si è sviluppato tra di noi.

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