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Che fare quando Dio sembra invisibile e astratto?

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Anna O'Neil - pubblicato il 29/09/18
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Ci ha creati con un corpo e cinque sensi, e non si nasconde dal nostro bisogno di vedere, sentire e toccareDio è invisibile. È ovunque – l’ho imparato quando ero molto giovane – , ma da bambina, e anche ora, mi sembrava che l’aggiunta frettolosa “…ma è invisibile” guastasse tutto. Fantastico, è ovunque e allora voglio vederlo, voi no? Voglio ascoltarlo. Non voglio soltanto parlare, parlare e parlare nel silenzio, costringendomi a ricordare che sta ascoltando.

Perfino l’Eucaristia, che è letteralmente la risposta ai desideri del mio cuore, non ha volto. Anche lì, alla presenza fisica di Dio, dobbiamo comunque vedere, come si suol dire, con gli occhi della fede. I nostri occhi reali non ci aiutano molto. Senza fede ci ritroviamo di fronte a un Dio astratto in modo esasperante. Un Dio astratto che tuttavia vuole avere un rapporto personale con noi. Che senso ha?

Il nostro desiderio di un rapporto più fisico, più tangibile, è del tutto legittimo. Dio ci ha creati per comunicare con il nostro corpo. Ci ha progettati di modo che a volte il nostro conforto più grande sia un forte abbraccio da parte di una persona a cui vogliamo bene, o una voce umana – i riflessi delle onde sonore sul nostro orecchio – che ci dice che siamo importanti. Nell’intimità del matrimonio, uniamo i nostri corpi nel modo più intimo. Questi desideri sono positivi.

Siamo progettati per desiderare un legame fisico, concreto con le persone che amiamo, e Dio non fa eccezione. Ci viene detto che alla fine avremo questa esperienza di Lui quando “asciugherà le lacrime da ogni volto”.

Nel frattempo, però, non dobbiamo essere lasciati a desiderare promemoria fisici della sua esistenza. C’è un modo concreto e reale attraverso il quale Dio tocca i nostri occhi, le nostre orecchie e il nostro corpo, anche ora che il mondo è ancora caduto.

È attraverso gli altri. La sua grazia, che sembra così astratta e teorica, diventa concreta e innegabile sul volto delle persone sante tra di noi che hanno accettato quella grazia.

È questo, più di qualsiasi cosa, che sostiene la mia fede nei giorni in cui Dio sembra troppo distante per crederci. Ogni volta in cui una tragedia particolarlmente gravosa viene riportata sui titoli dei giornali e sullo schermo del mio computer si fa largo nella mia mente la stessa domanda: “Dov’è Dio?” Come potrei non chiederlo? È una domanda che dobbiamo porci tutti, non una volta o due, ma costantemente. Credo davvero in questa Persona invisibile e inudibile?

Non riesco a vedere e a sentire Dio, ma posso vedere e sentire la voce delle persone che mi amano. L’amore viene a noi in tanti modi, e tutto l’amore è di Dio. È una cosa a cui mi aggrappo saldamente. Per me è reale.

Quando non riesco neanche a ricordare perché credo, posso concentrarmi sulle persone che mi mostrano il volto di Dio con la loro bontà, gentilezza e generosità. Dio può essere invisibile, ma posso vederlo sul volto di chi è pieno fino all’orlo della sua grazia.

Prima volevo che mi apparisse almeno una volta per darmi qualcosa a cui aggrapparmi, ora capisco che mi è apparso moltissime volte. L’infermiera in sala travaglio e in sala parto (il suo nome, cosa memorabile, era “Integrity”) che ha pregato per me durante le contrazioni notturne mi stava mostrando la compassione di Dio. La voce di quel sacerdote che posso chiamare e con cui posso sfogare la mia frustrazione – nel suo amore, le sue risposte mescolano la sua voce con quella di Dio, che è amore.

Le voci sono concrete. I volti sono reali. Sto iniziando a vedere che la mia fede si basa – molto più di quanto credessi – sulla bontà e sull’amore di altre persone, che mi mostrano costantemente chi sia e come sia Dio. L’aspetto migliore di tutto questo è che non è un caso. Dio ci ha progettati così.

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