La misericordia è tale solo perché il peccato è distruttivoNelle letture di questa domenica, 26ma del Tempo Ordinario (Anno B), la Chiesa mette in guardia sulla realtà del peccato.
Il peccato ci intrappola più facilmente di quanto crediamo, e ci distrugge in modo più profondo di quanto ci piaccia ammettere. Amiamo sentir parlare della misericordia, ma la misericordia è tale solo perché il peccato è davvero distruttivo.
Nel Vangelo in questione, Gesù dice che il peccato porta direttamente alla dannazione, “dove il verme non muore e il fuoco non si estingue”. Secondo Giacomo è molto facile cadere nel peccato. Una vita di ricchezza “divorerà le vostre carni come un fuoco”. Il Salmo vede un nel peccato un pericolo così grave da recitare: “Anche dall’orgoglio salva il tuo servo perché su di me non abbia potere”.
Ma cosa c’è di così terribile nel peccato?
Le letture domenicali evidenziano ben due volte un errore fondamentale nel nostro rapporto con Dio: pensiamo che la nostra amicizia con Lui riguardi l’affiliazione, mentre Dio pensa all’affinità.
Giovanni dice che vedeva altri scacciare demoni nel nome di Gesù e ha cercato di fermarli, ma Gesù replica: “Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me”.
Giosuè obietta nella stesso modo quando Eldad e Medad condividono lo spirito di Dio anche quando non erano con Mosè quando si supponeva dovessero esserci. Mosè lo rimprovera dicendo: “Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore dare loro il suo spirito!”
Per Dio, l’amicizia non significa far parte della sua “squadra”, ma agire come Lui.
Immaginate di prestare la vostra casa per il weekend al vostro migliore amico. Immaginate che porti una bicicletta infangata in casa, si rifiuti di dar da mangiare ai vostri animali, rompa il frullatore e il microonde per noncuranza e lasci il frigorifero spalancato facendo rovinare tutto.
Rivendicare di essere il vostro migliore amico non servirebbe a niente, visto che non ha rispettato la vostra casa e tutto ciò che vi sta a cuore.
È così che trattiamo Dio quando pecchiamo.
Contiamo i modi in cui manchiamo di rispetto a ciò che è di proprietà di Dio.
I cattolici spesso enfatizzano l’importanza di essere cattolici “ortodossi”, cioè di pensare in modo corretto.
Abbiamo ragione. È importante. Come dice Gesù, “In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna”.
Ma Gesù ha anche detto: “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli”.
Nel Vangelo domenicale, Gesù delinea il ritratto di un cattolico dell’“ortoprassi” – che agisce in modo corretto.
Dobbiamo offrire agli altri un bicchier d’acqua nel suo nome – in altri termini, dobbiamo amare coloro che Egli ama nel modo in cui li ama. Se li deludiamo, deludiamo Lui.
Dobbiamo aiutare ad assicurare che “i piccoli” che credono in Lui non pecchino. Possiamo condurli al peccato mediante ciò che facciamo – o che non facciamo. Possiamo portarli a peccare rendendo Internet e la televisione la loro compagnia costante, o fallendo nell’insegnar loro a distinguere il bene dal male.
Dobbiamo eliminare tutto ciò che nella nostra vita ci porta a peccare.
Spesso l’ammonizione di Gesù “se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala… se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo… se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via” è definita “iperbole”.
Mi piace quello che dice Gus Lloyd del The Catholic Channel di Sirius – che non è affatto un’iperbole. Se la tua mano o il tuo piede o il tuo occhio ti ha fatto peccare, dovresti davvero eliminarlo. Ma non sono loro a farti peccare. Sei tu che fai peccare loro.
Cos’è che ci fa peccare davvero? Alcune amicizie, ad esempio. Liberatene, dice Gesù. Certi posti. Stanne lontano. Forse è il fatto di rimanere soli al computer – qualunque cosa sia, elimina questa cosa dalla tua vita.
Non c’è niente che abbia la priorità sul fatto di fermare il peccato – neanche la capacità di camminare, vedere o lavorare –, e sicuramente non “piaceri e delizie”, che non fanno altro che far “ingrassare per il giorno della strage”.
Come ha detto Gesù in altre occasioni, “Va’, e non peccare più”. Non c’è messaggio più urgente al mondo o nella Chiesa oggi. L’eternità dipende da questo.