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L’aborto è omicidio, dice un medico francese. E così difende il feto e la libertà di coscienza

Bertrand de Rochambeau
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Paola Belletti - pubblicato il 27/09/18
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Il ginecologo Bertrand de Rochambeau, presidente del sindacato nazionale dei ginecologi francesi (Syngof), difende in diretta tv durante il programma Quotidien l’obiezione di coscienza suscitando grande agitazione nell’opinione pubblica e nelle istituzioni«Si, Madame».

Ricordo ancora un po’ di francese e questa la so. Il si, nella lingua dei cugini d’Oltralpe, si usa per dare una risposta affermativa a domanda negativa. Ed è proprio così che risponde Bertrand de Rochambeau all’incalzare della sua interlocutrice. Ha appena detto che si alza la notte a qualsiasi ora per interventi difficilissimi ma che lui e gli altri medici non sono lì per rimuovere vite, non più. Perché ora le cose in cui non crede non le fa più.

«Un nascituro non è una vita in senso giuridico. Fare un aborto non è un omicidio» afferma, nemmeno domanda, la giornalista Valentine Oberti. Ma il ginecologo dall’altra parte del microfono risponde con calma e fermezza che invece è proprio così. E la giornalista incalza: «è falso, in senso giuridico il feto non è persona, compiere un’ IVG non è commettere omicidio. E tutte le donne, io sono una di loro, non ritengono che avere un embrione nel ventre sia avere una vita.»

E qua il medico, forse comprendendo che se la donna stessa che ha di fronte rinnega categoricamente un’esperienza che proprio lei è titolata a fare e riconoscere, decide di usare proprio l’argomento al quale lei si appella con una sicurezza un po’ nervosa e una generalizzazione davvero sospetta (tutte le donne? Signora Valentine, rifaccia i sondaggi per favore), quello di avere un’opinione in merito.

«Questa è la sua opinione e io come medico non sono obbligato ad avere la sua opinione e se non ce l’ho la legge mi protegge». Pausa. Questo è il limite dove arriva la giornalista e il credo che lei si incarica di rappresentare. Ma l’argomentazione non è conclusa, manca l’argine più alto: et ma conscience aussi. E la mia coscienza anche. Sorride.

E commenta Leone Grotti su Tempi:

Il sorriso di de Rochambeau, mentre esponeva con calma e semplicità quella che tutti in Francia sanno essere la verità, anche se non la vogliono riconoscere, ha fatto imbestialire i giornali e le femministe. Soprattutto nel governo. Il ministro della Salute, Agnès Buzyn, e il segretario di Stato per l’uguaglianza tra uomini e donne, Marlène Schiappa, hanno subito emesso un comunicato di fuoco scritto a quattro mani: «Condanniamo fermamente le parole del presidente di Syngof e siamo determinate a proteggere dovunque il diritto all’aborto. Ogni donna deve poterlo esercitare liberamente».

Non può essere che restiamo sani di mente, equilibrati nel guardare la realtà e nell’agire in essa se la massima istituzione, lo Stato, nel suo ministero deputato alla tutela e promozione della salute dei propri cittadini, da una parte sancisce o addirittura incentiva l’esercizio del diritto all’aborto e dall’altro si prodiga a diffondere buone pratiche perché i feti si sviluppino correttamente e nascano sani. E questo vale in Francia, dove hanno da poco lanciato una campagna di prevenzione dell’abuso di alcol in gravidanza perché fa male al bambino, ma anche in Italia dove queste e altre iniziative si moltiplicano.


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Basta la prescrizione di assumere acido folico in gravidanza o addirittura durante il ciclo mestruale per far crollare il castello di carte, protocolli, leggi, bisturi, pillole e aspiratori sui quali si regge l’assurdo, infondato eppure ostinatamente o ovunque praticato “diritto all’aborto”.

In attesa che la coscienza si risvegli in tanti fratelli smarriti allora occorre che difendiamo le leggi. Ora che da decenni quella per la liberalizzazione dell’aborto è passata conviene concentrarsi su quelle che tutelano la libertà di coscienza e di opinione.


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