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Il Papa ai giovani: “la sessualità, il sesso, è un dono di Dio. Niente tabù”

POPE FRANCIS GENERAL AUDIENCE
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Vatican News - pubblicato il 19/09/18
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Nell’incontrare una ventina di giovani della diocesi di Grenoble-Vienne: “Seguire Gesù sempre, quando la Chiesa fiorisce e quando è in crisi”di Cecilia Seppia – Città del Vaticano

I mali che affliggono la Chiesa, la vicinanza ai poveri, le vocazioni, la sessualità, l’impegno dei cristiani nella società. L’udienza di ieri di Papa Francesco ai giovani della diocesi di Grenoble-Vienne, il cui contenuto è stato reso noto oggi dalla Sala Stampa, si trasforma in un dialogo ampio e franco, ma soprattutto paterno, in cui senza tabù il Pontefice risponde alle domande dei ragazzi dai 14 anni in su. Quesiti, che lui stesso definisce realistici e ai quali con passione e con esempi concreti, risponde apertamente.

La testimonianza prima della parola

Non dire, non parlare ma ascoltare e fare, sempre camminando sui binari della prossimità e della vicinanza: questa secondo il Papa è la prima regola, nonché il segreto per trasmettere il messaggio cristiano anche a coloro che – come chiede Mathieu di 16 anni al Pontefice –  criticano la Chiesa,  le puntano il dito contro, stigmatizzandola per l’omosessualità e la pedofilia.

La testimonianza prima della parola. Questa è la cornice del messaggio cristiano. Ecouter, faire, e poi dire, parlare. Inoltre, il messaggio cristiano non si può trasmettere “in poltrona”: sempre è in cammino. Sempre. Se tu non ti metti in cammino non potrai trasmetterlo. Gesù è stato tre anni in cammino. Sembrava che vivesse sulla strada

Chinarsi sui poveri

Altro punto su cui insiste il Papa è il radicamento al Vangelo, che trova il suo cuore nei poveri, immagine di Cristo. Servire i poveri non è comunismo, ma Vangelo, i giovani dice il Pontefice devono imparare a mettersi al loro servizio, senza guardarli dall’alto verso il basso, piuttosto inginocchiandosi, perché quando si tocca la “malattia” di un povero, si toccano le piaghe di Cristo e si riesce a vivere concretamente la carità.

E’ lecito guardare una persona dall’alto in basso solo quando tu ti inchini per sollevarla. In altre situazioni non è lecito guardare una persona dall’alto in basso. Andare dai poveri allo stesso livello, servire i poveri perché sono l’immagine di Cristo. E quando dico poveri, dico poveri di tutto: anche i poveri di salute, gli ammalati; i poveri di soldi; i poveri di cultura; i poveri che sono caduti nei vizi, nelle dipendenze. Quanti vostri compagni sono nella droga, per esempio: sono poveri, poveri del Vangelo.



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La sessualità è un dono

Thérèse, 24 anni, interpella il Papa sui problemi di amore e sessualità lamentando una mancanza di attenzione e di comprensione da parte degli adulti. Francesco va alle radici bibliche, esortando i giovani a non staccare mai la sessualità “dal posto tanto bello dell’amore” e cita l’esempio di coniugi, incontrati durante un’udienza generale, che dopo 60 anni di matrimonio, ancora si guardano negli occhi dichiarandosi innamorati l’uno dell’altra.

La sessualità, il sesso, è un dono di Dio. Niente tabù. È un dono di Dio, un dono che il Signore ci dà. Ha due scopi: amarsi e generare vita. È una passione, è l’amore appassionato e ti porta a dare la vita per sempre. E a darla con il corpo e l’anima. Quando Dio ha creato l’uomo e la donna, la Bibbia dice che tutt’e due sono immagine e somiglianza di Dio. Tutti e due, non solo Adamo o solo Eva, ma tutt’e due –  ensemble – tutt’e due. E Gesù va oltre, e dice: per questo l’uomo, e anche la donna, lascerà suo padre e sua madre e si uniranno e saranno Una sola carne: questa è la grandezza della sessualità. E si deve parlare della sessualità così.



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L’industria della sessualità staccata dall’amore

Spesso però – prosegue il Pontefice – le nostre cadute spirituali, le nostre debolezze ci portano ad usare la sessualità fuori dalla strada dell’amore tra uomo e donna, e vanno ad alimentare l’industria della sessualità staccata dall’amore, della pornografia, del sesso facile.

Ma sono cadute, come tutti i peccati. La bugia, l’ira, la gola… Sono peccati: peccati capitali. Ma questa non è la sessualità dell’amore: è la sessualità “cosificata”, staccata dall’amore e usata per divertimento.  È interessante come la sessualità sia il punto più bello della creazione, nel senso che l’uomo e la donna sono stati creati a immagine e somiglianza di Dio, e la sessualità è la più attaccata dalla mondanità, dallo spirito del male. Dimmi: tu hai visto, per esempio – non so se a Grenoble c’è – ma tu hai visto una industria della bugia, per esempio? No. Ma un’industria della sessualità staccata dall’amore, l’hai vista? Sì! Tanti soldi si guadagnano con l’industria della pornografia, per esempio. E’ una degenerazione rispetto al livello dove Dio l’ha posta. E con questo commercio si fanno tanti soldi



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L’impegno dei cristiani

C’è poi la questione dell’impegno dei cristiani nella società. Il Papa dice ai ragazzi di imparare ad essere custodi dei propri fratelli, di non vivere isolati ma di fare comunità, di essere corpo che si aiuta nel cammino, pronti a sporcarsi le mani.

Ma non si può essere cristiano senza impegnarsi nella società, senza creare la società. Non scandalizzatevi di questo. Per essere buon cristiano, bisogna sporcarsi le mani, nell’aiutare gli altri. Non solo le idee, no, con i fatti. Impegnarsi. E tante volte sbagliamo, è umano sbagliare. Chiedo perdono e vado avanti. Ma l’impegno. Cosa posso fare per gli altri? Per la mia famiglia, per la mia patria, per il mondo. Sempre cercare… Il contrario di Caino. Caino si è lavato le mani. Pilato si è lavato le mani. Il cristiano si sporca le mani. Capite? Per fare del bene per gli altri.

Francesco mette in guardia da due “brutti nemici” dell’impegno cristiano: l’egoismo, cioè il guardare solo le proprie cose e la corruzione, sia quella materiale che ti attacca ai soldi, sia quella del cuore che taglia tutti gli ideali e confina il cuore, nelle tasche.

Le virtù dei parroci

La domanda di Noemi provoca il Papa  a mettersi nei panni di un parroco e a rivelare cosa farebbe con la propria gente.  Francesco non ha dubbi: vicinanza, accoglienza e niente chiacchiere, perché “la parrocchia che impara a non chiacchierare è una parrocchia santa”.

Io ho fatto il parroco per sei anni: è il lavoro più bello che ho fatto. Penso che, se oggi fossi nominato parroco, la prima cosa che farei sarebbe andare lì, aprire la porta della chiesa, stare seduto lì ad accogliere la gente. Questa è una. E un’altra che si può fare, e che mi piace tanto, è uscire per il quartiere e salutare la gente: “Come ti chiami? Piacere…” Guardare negli occhi. Ti ricordi di una parola che è stata detta qui? “Vicinanza”. La prima cosa che deve fare un parroco: vicinanza con la gente. Stare vicino

Appartenere a Gesù

Sulla collocazione della Chiesa nel mondo di oggi, il Papa non nasconde l’amarezza per la diminuzione del numero dei cristiani e gli effetti negativi della secolarizzazione.

Mi fa pensare a un tifoso del calcio che è ingaggiato in una squadra e la squadra incomincia a andare giù, giù, giù, e si domanda: come faccio a stare in questa squadra? Forse lui dice: no, non va, cambio squadra. Se non ha una passione grande per quella squadra, ma ha la passione per il calcio, sceglie un’altra squadra che giochi meglio. Cambia squadra, cambia istituzione. Ma l’appartenenza alla Chiesa, prima di tutto, non è un’appartenenza a un’istituzione, è un’appartenenza alla persona, a Gesù.

L’antidoto è dunque in questo, “seguire sempre Cristo sia quando la Chiesa fiorisce sia quando è in crisi”, come hanno saputo fare i santi. “La Chiesa – ripete Papa Bergoglio – non l’hanno portata avanti grandi organizzazioni, grandi partiti politici, grandi istituzioni ma sempre e solo i santi, che fanno la strada davanti a noi”.

Accompagnare preti e suore

A proposito della domanda sulle vocazioni, il Pontefice insiste sulla necessità di accompagnare quei giovani che scelgono la via della consacrazione: preti, suore, seminaristi… “La vocazione è un dono di Dio – afferma – e bisogna custodirla in ogni modo. Fondamentale è educare alla paternità, alla maternità e alla fraternità. Aiutarli a crescere e accompagnarli.

Tu vuoi essere prete? Devi essere un uomo vero che va avanti. Tu vuoi essere suora? Devi essere una donna matura che va avanti. Mai rinnegare l’umanità. Che siano normali, perché il male che fa un sacerdote nevrotico è terribile! E il male che può fare una suora nevrotica è terribile! Accompagnarli nella normalità: primo. Secondo: accompagnarli nella fede. Che crescano nella fede, nel capire la bellezza di Dio, nel capire il cammino di Gesù, e che la propria vita cambia nel rapporto con la preghiera. Terzo: accompagnarli nell’appartenenza comunitaria. Un prete isolato dalla comunità non va: è uno “zitellone”.

 

Qui l’articolo originale pubblicato da “Vatican News”

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