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Igor muore a 14 anni, forse lo spettro del blackout: sfida in rete di soffocamento

IGOR MAJ
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Annalisa Teggi - pubblicato il 14/09/18
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Un caso di cronaca riporta l’attenzione sulle sfide mortali che girano in rete e di cui sono vittime ragazzi sempre più giovani. Come si può sconfiggere il dark web?

Lo scorso 6 settembre è morto il giovane Igor Maj a Milano, trovato impiccato al letto a castello di camera sua. La prima ipotesi è stata quella di un suicidio, ma la storia del ragazzo sta facendo vagliare agli inquirenti altre possibilità, perché il suo carattere vivace, energico, entusiasta non collima col profilo di chi decide di infliggersi la morte.


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Igor era un degno allievo del papà, dal quale aveva ereditato la passione per le arrampicate. Scalatori esperti entrambi, innamorati dello sport e della montagna: le foto che circolano mostrano un bellissimo ragazzo biondo dal sorriso tutt’altro che in posa. Si immagina una giovinezza entusiasta, piena di affetti familiari profondi e una solida presa sulla realtà: fare arrampicata è un’educazione allo sforzo, alla tensione verso la meta, al contatto muscolare col mondo.

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Come può essere che un ragazzo così felicemente immerso nella sua vita si suicidi? Ecco, allora, che fanno capolino scenari più cupi.

Il padre e la madre di Igor sono propensi ad accreditare un’ipotesi terribile:

«Poco prima del gesto aveva visto un video in cui si mostravano 5 sfide pericolosissime che fanno i ragazzi su internet – ha raccontato Ramon Maj, il padre, noto climber -. C’era anche la sfida dell’auto-soffocamento con le corde. Nel video la buttavano lì come se fosse un gioco» (da Il Messaggero)

Messe al corrente le forze dell’ordine, sono stati presi provvedimenti e ampliate le indagini, ancora in corso. Sono stati messi sotto sequestro i siti da cui provenivano questi “tutorial della morte”, video dal numero pazzesco di visualizzazioni: milioni, addirittura. Il fenomeno si chiama blackout ed è purtroppo diffuso a macchia d’olio da molto tempo. Di tanto in tanto spunta una nuova vittima e il caso si riaccende, ma intanto – nella zona scura del web – un nemico micidiale continua ad attirare nella sua trappola i nostri figli.


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Blackout, un pericolo annunciato da molto

Spulciando negli archivi dei quotidiani ci si rende conto che il blackout non è un fenomeno passeggero né tantomeno da sottovalutare. Si legge, ad esempio, che già nel 2010 il preside di un istituto di Bressanone lanciò un forte allarme, avendo riscontrato comportamenti pericolosi e giochi al limite della morte tra gli studenti del suo convitto. Di cosa si tratta? In sostanza il blackout è una sfida a infliggere o autoinfliggersi il soffocamento, fino allo svenimento; l’effetto dovrebbe essere l’opposto della sofferenza, qui sta il punto dolente: limitando l’afflusso di ossigeno al cervello si ottiene l’accumulo di anidride carbonica, il quale può indurre sensazioni di euforia, confusione e vertigini al risveglio. Lo scopo assurdo è quello di provare un attimo di euforia, magari riprendendo il tutto col telefonino.

Il rischio è ovviamente altissimo, la morte è dietro l’angolo; ma anche conseguenze minori non sono mento tragiche:

A causa della pressione esercitata il flusso di sangue verso il cervello si interrompe per qualche istante e il rischio, appunto, è quello di distruggere migliaia di cellule cerebrali provocando gravi danni, in taluni casi anche permanenti. (da AltoAdige)

E’ una pratica molto conosciuta anche dagli amanti delle pratiche sessuali estreme, si chiama asfissia erotica e ha mietuto vittime eccellenti tra cui l’attore David Carradine, il Bill di Kill Bill.

DAVID CARRADINE

Shutterstock

Nonostante questo tira e molla con la morte, per strappare un manciata di secondi di euforia infliggendosi il soffocamento, sia noto dall’antichità, è stata proprio l’America il detonatore del fenomeno negli ultimi decenni:

Sarebbero 82 i bambini di età compresa tra i 6 e i 19 anni che sono deceduti per questo motivo negli States tra il 1995 e 2007, anno dell’ultimo rapporto del Center for Disease Control and Prevention. Ma questo dato potrebbe, ha ammesso il centro, essere notevolmente aumentato a causa della facilità di diffusione di video e tutorial in rete (da Il Foglio)

Con la disponibilità globale dei contenuti sul web la piaga del blackout e di altre sfide mortali dilaga oltre ogni confine, e – quel che è peggio – nell’ombra e … indisturbata.


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Come portare la luce nel dark web

I genitori, alla fine si punta il dito su di loro. Su di noi, cioè. Nel momento in cui metto in mano a mio figlio un dispositivo connesso alla rete, lo consegno a un’orda di nemici. Lo sappiamo; e sappiamo anche che non possiamo salvare capra e cavoli: escluderlo dai contenuti virtuali è impossibile, fornirgli tutti gli antidoti del caso è altrettanto impossibile

Ma al netto anche di casi in cui gli adulti non educano/controllano/sorvegliano i figli, il pericolo che attualmente corrono i giovani è ben sopra la soglia di immaginazione del più premuroso dei genitori.


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Il padre di Igor, Ramon Maj, sta battendosi per diffondere questo allarme: il dark web, cioè le zone oscure della rete, sono un’infiltrazione capillare e invisibile, perciò occorre cambiare completamente occhi e coscienza del vero problema. Dalla sua pagina Facebook, Ramon ha condiviso una riflessione dell’amico Fabio Palma (che merita di essere letta, riletta, studiata per intero!) e di cui riporto due passaggi significativi:

Che il mondo adulto sia scollegato dal mondo giovanile, questo è sempre avvenuto credo dalla scoperta del fuoco in poi. Ma quando tutto ruotava intorno al focolare, e poi intorno ad una casa, e poi in un quartiere, e al massimo in un raggio di pieno di carburante di un motorino (quando io ero ragazzo), una famiglia previdente e attenta poteva assolutamente sgamarti se stavi facendo qualcosa di sbagliato. O di eventualmente sbagliato. Non c’erano scuse, se tornavi alle 3 del mattino con gli occhi pesti, veniva fuori il perché. Se eri ciondolante un pomeriggio o la mattina, e la famiglia ci teneva a te, i motivi saltavano fuori.

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Il 96% del contenuto web del mondo NON E’ ACCESSIBILE DA GOOGLE. Credo che io e mia moglie avessimo messo in guardia mio figlio di almeno 50 pericoli della vita quando lui aveva appena 8 anni, ma erano pericoli VECCHI e ANTICHI. Acqua fresca…E mio figlio è del ’99, NON è nato digitale. Non aveva il telefonino a 8 anni…oggi ce l’hanno a sei…con uno smart phone, oggi hai il MONDO a casa tua.
E il 96% del mondo è DARK.
Questo mi ha detto Igor, che Dio lo accarezzi per tutta la vita, piccolo magnifico angelo che non potevi che tifare, alle gare, per quanto fosse bravo, bello, simpatico e forte.

Alla luce di ciò, l’asticella della sfida si alza, perché stiamo parlando di qualcosa di ancora più infido dello spacciatore di quartiere che poteva blandire il ragazzo non appena un genitore distoglieva lo sguardo. Il retropensiero di un genitore poteva mettere in conto l’esistenza di uno spacciatore. Ora, invece, stiamo parlando di una sostanza micidiale eppure intoccabile perché così invisibile da non lasciarci il sospetto che esista. Fatta da umani però oltre e sotto l’umano. Non credo che ci siano ancora “armature” adeguate a ridurre la portata di una tale macchina di plagio e morte.

OMBRA; SHADOW; MANI

Shutterstock

Ciò non toglie che la luce certamente sconfigge le tenebre, e non è una bella frase a effetto. Come madre mi sento senz’altro disarmata, impaurita, inadeguata; ma so che – intanto – posso lavorare più sodo nel campo della luce. Moltiplicare lo splendore prensile della realtà; farlo insieme ai miei figli; moltiplicare le scalate. No, io non ho il fiato per arrampicarmi come Igor.



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Posso tradurre la fatica dell’aggrapparsi e del salire insieme in mille altre piccole esperienze. E poi mi fido ciecamente della verità che Tolkien ha messo dietro le quinte del suo Signore degli Anelli: Frodo può sconfiggere Mordor. Più volte nella storia del mondo una piccola presenza ha mandato all’aria i piani di orde sconfinate di male.

 

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